Le Abuelas de la Plaza de Mayo ritrovano il nipote n.° 120
La notizia la riporta il giornale on line argentino En Orsay. Il giorno 29 giugno 2016 le “nonne di maggio” hanno convocato una conferenza stampa per annunciare il ricongiungimento di Josè Luis Moulín Pratto, che diventa così il 120° nipote ritrovato, dopo essere scomparso, appena nato, negli anni della dittatura militare.
José Maria, che ha conosciuto la sua vera identità e storia nel 2009, anche se la Giustizia Federale di Santa Fe non ha ancora dichiarato il riconoscimento ufficiale e continua a portare il cognome della coppia che se appropriò, Segretin, ha incontrato le “nonne di maggio” lo stesso 29 giugno, le quali dopo averlo incontrato non hanno esitato a inserirlo nell’elenco dei nipoti ritrovati, senza attendere la proclamazione ufficiale della Corte, ma al contrario sollecitandola affinché si affretti nella procedura legale.
José Maria Moulín Pratto è nato il 26 marzo del 1977 in una clinica privata della città di Reconquista, dove la mamma, Luisa Beatriz Pratto fu ricoverata sotto falso nome e, alla quale fu sottratto dalle forze repressive delle Fuerzas Aéreas, braccio armato della dittatura militare argentina, che l’avevano arrestata, ma è più appropriato dire sequestrata, insieme al marito, Rubén Moulín, ad altri familiari e alla sorella Griselda. Quest’ultima aveva appena 15 anni.
José Maria venne consegnato alla coppia formata da Luis Segretín e Cecilia Góngora, i quali lo iscrissero all’anagrafe come proprio figlio con il nome di José Luis Segretín, nato il giorno 6 aprile del 1977.
Per la sottrazione di José Maria ai propri genitori e appropriazione illegale, il 22 giugno del 2016 presso il Tribunale Federale di Sante Fe è iniziato il “Processo Góngora”, contro Cecilia Góngora, la falsa madre di José ed Elsa Gladis Nasatsky, la ginecologa che assistette al parto di José Maria e firmò il certificato di nascita con i dati falsi. Tra gli imputati figura anche Danilo Sambuelli, all’epoca dei fatti era Capo dell’Inteligencia della Brigada Aérea della città di Reconquista, morto in carcere nel 2014, mentre scontava una condanna di 21 per altri delitti commessi di lesa umanità.
Le indagini sul caso di JoséMaria sono iniziate nel novembre del 2008 a seguito delle dichiarazioni della sua vera mamma Luisa Pratto e della sorella di quest’ultima, Griselda, chiamate a testimoniare durante il processo contro il già citato Danilo Sambuelli.
La dittatura militare argentina e i desaparecidos
La dittatura militare argentina con un colpo di stato contro il governo democratico presieduto da Isabel Martínes de Perón, assunse il potere il 14 marzo del 1976 e lo conservò fino al 1983.
Autodefinitasi Proceso de Reorganización Nacional (Processo di riorganizzazione Nazionale), il governo si contraddistinse soprattutto per la feroce e violenta repressione che esercitò nei confronti dei suoi oppositori, a volte presunti, durante la quale non esitò a violare i diritti umani.
Il primo e il più politicamente longevo presidente della dittatura fu Jorge Rafaél Videla che aveva capeggiato il colpo di stato e tenne l’incarico fino al 1981. La sua politica, emanazione dell’anticomunismo e fautrice del liberismo economico e con l’esplicita intenzione di creare un ordine nuovo, la “riorganizzazione nazionale” appunto, si risolse in un totalitarismo teso a eliminare tutte le forze democratiche della nazione, oltre a tutti coloro che non dimostravano pieno appoggio alla sua politica.
Rafaél Videla, assecondato dalla sua giunta, giunse alla decisione dello sterminio segreto di tutti coloro che erano ritenuti sovversivi. Si arrivò così al fenomeno dei “desaparecidos” (spariti) argentini, che ammontano a un totale di circa 40.000 persone. Tra questi, una minima percentuale era composta da veri oppositori – attivisti politici; la maggior parte era costituita da intellettuali, giornalisti, sindacalisti, studenti, operai e religiosi, soggetti delle società civile nell’alveo di sinistra, che si limitavano a esprimere le loro idee non allineate al governo Videla.
I sospettati sovversivi venivano segretamente sequestrati e condotti nei centri di detenzione clandestina, dove erano sistematicamente torturati e uccisi. E di loro i familiari e amici perdevano le tracce, giacché i loro nomi non risultavano nei registri dei commissariati o delle autorità militari. Una misura adottata, per evitare la reazione degli stati democratici internazionali. Delle decine di migliaia delle vittime del regime militare, 30.000 risultano scomparsi ancora oggi.
Il ripristino della democrazia porta alla scoperta degli orrori
Nel 1983, a due anni dalla caduta del regime militare e al ripristino della democrazia in Argentina, Rafaél Videla, venne processato e riconosciuto colpevole della scomparsa e l’omicidio di circa 30.000 persone.
Sia Videla sia i corresponsabili della dittatura, pur godendo di varie amnistie nel corso degli anni, sono poi stati definitivamente condannati per crimini commessi contro l’umanità, nel momento in cui il fenomeno dei “desaparecidos” (applicato anche in altri regimi dittatoriali e momenti storici, come ad esempio durante il franchismo in Spagna), venne riconosciuto come tale, ossia crimine contro l’umanità grazie all’articolo 7 dello Statuto di Roma del 17 luglio 1998 secondo la Costituzione del Tribunale Penale Internazionale e della risoluzione delle Nazioni Unite n. 47/133 del 18 dicembre del 1992.
La ricostruzione della sorte dei molti desaparecidos è stata possibile solo dopo la pubblicazione del Rapporto “Nunca más” (Mai più) avvenuta nel 1984, grazie alla Conadep (Commissione Nazionale sulla scomparsa delle persone), creata sotto il ripristino della democrazia in Argentina e voluta da Raúl Ricardo Alfonsín, Presidente dell’Argentina dal 1984 al 1989.
Fra le vittime della dittatura militare, come abbiamo visto, c’erano anche molte donne sequestrate incinte, o rimaste incinte dopo aver subito violenza, nei centri di detenzione clandestina. Una volta che partorivano, le venivano sottratti i figli che andavano in adozione, illegalmente, a coppie del regime o con esso conniventi. Molte di queste mamme venivano uccise dopo il parto. Le istituzioni argentine democratiche si sono adoperate per trovare questi bambini e riconsegnarli alle loro famiglie. Ma non sono state le sole.
Le Madres e le Abuelas della Piazza di Maggio
La denuncia delle scomparse e, successivamente la conoscenza degli orrori del regime, molto si deve al pacifico ma coraggioso e incessante attivismo della Madres de la Plaza de Mayo, mamme dei giovani desaparecidos che per conoscere la sorte dei loro figli, dal 30 aprile 1977 in poi, presero a riunirsi puntualmente davanti alla Casa Rosada, sede presidenziale che si affaccia appunto in Plaza de Mayo di Buenos Aires, per una marcia silenziosa.
All’interno dell’associazione delle Madres nasce, sempre nel 1977 l’associazione della “Abuelas de Plaza de Mayo” con un obiettivo diverso, quello di identificare i tanti bambini nati durante il periodo della dittatura, sottratti alla nascita ai loro genitori non in stato di detenzione, e dati, sempre secondo la prassi legale, in “adozione” alle famiglie vicine al regime.
Bambini ormai trent’enni, come il caso del nostro José Maria, che sono cresciuti ignorando le proprie origini. Notevole impulso alla ricerca e alla identificazione dei bambini sottratti, ormai adulti, si deve al ricorso dagli anni 2000 del test del DNA che si trasmette per via materna.
L’Associazione “Abuelas de la Plaza de Mayo” (Le nonne della Piazza di Maggio) attuale è un’associazione, che si pone fondamentalmente due scopi: ritrovare e riconsegnare alle famiglie tutti i bambini sequestrati e spariti durante – e a causa – della dittatura militare argentina (1976-1983) e raccogliere tutta la documentazione necessaria e le prove dei responsabili dei sequestri per consegnarli alle Istituzioni competenti, affinché dopo attento processo, abbiano la giusta pena per i loro delitti contro l’umanità.
Sintetizzando la loro attività si sviluppa sulle seguenti 4 direttrici:
– ricerche personali;
– denunce e ricorsi di fronte alla Giustizia argentina
– proposte e pressioni sugli organismi governativi nazionali e internazionali:
– iniziative atte a coinvolgere la società civile per mantenere alta l’attenzione sul problema dei ritrovamenti e identificazioni.
Nel 2008 l’associazione Abuelas de la Plaza de Mayo ha vinto il Premio Nobel per la Pace, nel 2010 è stata nuovamente candidata per lo stesso premio.
Per approfondimenti: