In compagnia di Emma Carelli

“Ogni teatro ha il suo fantasma: qui, al Teatro dell’Opera di Roma, aleggia quello di Emma Carelli”. Questa frase, detta sorridendo dal responsabile dell’Archivio storico del Teatro, mi ha convinto ad intraprendere un lavoro di ricerca sulla vita dello “spirito”. Non credendo molto alle manifestazioni soprannaturali, m’incuriosiva che tra un’artista ed un teatro ci potesse essere un legame talmente forte da diventare leggenda”.

In effetti, la Carelli e il teatro Costanzi hanno incrociato i propri destini per un periodo abbastanza lungo, tra il 1911 e il 1926, ed era quindi impossibile studiare la storia dell’una senza trascurare l’altro (o viceversa). Inizialmente, pensavo che il materiale disponibile non fosse molto. Inoltre, era concentrato soprattutto in due opere: – La biografia della Carelli, scritta dal fratello Augusto nel 1932, Emma Carelli, XXX anni di vita lirica. – Il vasto lavoro realizzato da Vittorio Frajese, Dal Costanzi all’Opera, edito nel 1977.

Man mano che il lavoro si sviluppava, ho trovato nuove ed inaspettate fonti: biografie di artisti (tra le quali quelle di Titta Ruffo e Giacomo Lauri Volpi), carteggi (ad esempio gli scritti di Toscanini e di Puccini), atti di convegni (come quello su “La generazione dell’80” Firenze 9-10-11 maggio1980), articoli di quotidiani e periodici: tutto descriveva non solo una cantante ed interprete appassionata, ma anche una donna coraggiosa e combattiva, capace di fare, in modo eccellente, anche il mestiere d’impresario, fino allora considerato “maschile”. Una personalità originale, con particolarità dentro e fuori il suo tempo: per questo ho cercato di descrivere l’artista anche in un contesto storico-culturale.

Emma Carelli visse a cavallo tra l’Ottocento e il Novecento, nel momento storico in cui si andava formando un “nuovo mondo”. L’industrializzazione generava un assetto sociale diverso e, dal punto di vista artistico, le avanguardie portavano una ventata di novità e di rinnovamento nella cultura, nella musica, nella danza, nella letteratura e nella pittura.

Era il momento di grandi fermenti; lei aveva intelligenza e coraggio civile: sposò un agitatore politico, non curandosi affatto delle ripercussioni che il matrimonio le avrebbe procurato nell’ambiente della lirica. Nonostante tutti i problemi (anche di natura economica) che quest’unione le procurava, amò e difese il marito per tutta la vita. Aveva intuito ed apertura mentale: lo dimostrò sia scoprendo nuovi talenti (Giacomo Lauri Volpi, Rosa Ràisa, Edoardo Di Giovanni, Giannina Arangi-Lombardi), sia proponendo spettacoli che rappresentavano una rottura con la tradizione classica della danza: quelli de Les Ballets Russes di Serge Diaghilev e le esibizioni di Isadora Duncan, alla quale, per un destino curioso, la legherà lo stesso tipo di morte, in un tragico incidente d’auto.

In quei tempi, le nuove scoperte scientifiche, quali l’elettricità e la macchina a vapore, intensificavano le vie di comunicazione. Emma viaggiò molto; ogni luogo arricchì la sua personalità. Napoli, la città natale, da cui prese la veemenza passionale per interpretare il melodramma verista. Il Sud America, più raggiungibile grazie alle nuove rotte navali transoceaniche, terra tutta da scoprire e da “sfruttare”, ricca e piena anche di contraddizioni sociali. S. Pietroburgo, con lo sfarzo dell’ultimo zar, che tanta parte ebbe nella fortuna di vari artisti italiani. Infine Roma, la Capitale, sua città d’elezione, che la vide protagonista prima come soprano e poi come gerente del suo più prestigioso Teatro dell’Opera.

A Roma vivrà molti anni e lì riposerà per sempre, sepolta nel cimitero monumentale del Verano, con quest’epigrafe: “A Emma Carelli, passione d’ogni atto, umanità fra le finzioni della scena, purezza alata di canto che diede all’arte lirica ammaestramenti di vita e alla Roma moderna l’inizio di un grande teatro. Gli uomini dell’anno X- il Governatore di Roma- I compagni d’arte”

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Questo lavoro è diviso in quattro capitoli, ognuno dei quali rappresenta un periodo particolare della vita della Carelli, ma tutti sono strettamente collegati, episodi di una vita vissuta tra le tavole del palcoscenico e dietro le quinte. Il primo capitolo è relativo all’infanzia, all’adolescenza ed agli esordi nel mondo della lirica, che la vide protagonista fino all’incontro manageriale con il teatro Costanzi. [..]

Apparsa sui palcoscenici nel momento culminante della diffusione del dramma musicale verista, Emma aveva una naturale predisposizione per il repertorio della “giovane scuola italiana” che era il suo elemento naturale.

Alla sua voce suggestiva e penetrante ma “lirica” per colore e volume e non troppo sicura negli estremi acuti si opponeva un temperamento decisamente drammatico, che ebbe modo di rivelarsi persino in una parte tipicamente lirica quale è la Margherita nel Mefistofele. Altra opera del vecchio repertorio sulla quale la C. innestò talune formule interpretative venute in auge col verismo fu la Gioconda. Se, però, in quest’opera, la piccola statura, oltre che la quantità e la qualità della voce, le impedì di plasmare una protagonista che potesse far sempre testo, ben più profondamente ella impresse sigla su Cavalleria, Iris, Fedora, Mese mariano e, in modo particolarissimo, su Tosca e Zazà.

In queste due ultime opere anzi la C. portò un contributo determinante alla definitiva formazione dello stile vocale e scenico verista, già compiutamente delineatosi nella Bellincioni ma non perfettamente a fuoco in quasi tutti gli altri cantanti d’epoca, spesso incerti nella scelta fra le lusinghe del canto italiano e francese di stampo ottocentesco e la concitazione e il dinamismo richiesti dai lavori della “giovane scuola”

– Il secondo ed il terzo capitolo riguardano il periodo della gestione del Costanzi, con un’attenzione particolare alla situazione politica internazionale, poiché l’economia mondiale e sudamericana condizionarono l’esistenza stessa del teatro romano, strettamente legato allo splendido Colon di Buenos Aires. Grazie all’abilità organizzativa di Walter Mocchi, marito della Carelli, tutta la troupe del Costanzi (cantanti, orchestra, macchinisti, elettricisti e scenari), una volta finita la stagione in Italia, si trasferiva in Sud America, dove, per motivi di calendario, iniziava la stagione lirica, così si risparmiava su tutte le spese di allestimento in loco. La prima guerra mondiale stravolse quest’equilibrio e, con l’avvento del fascismo, cambiò anche la situazione italiana ( e la vita stessa della Carelli).

Nel quarto capitolo sono descritte le vicende che porteranno all’estromissione della Carelli dal teatro Costanzi (che cambierà anche il nome in Teatro Reale dell’Opera) provocandone indirettamente la morte. Una morte improvvisa, a bordo di un’automobile veloce che guidava lei stessa, appropriandosi, anche in questo caso, di un ruolo “maschile” in anticipo sui tempi.

Mi piace ricordare così Emma Carelli, femminista ante-litteram, indomita e anticonvenzionale. Una personalità di ferro che si piegò solo di fronte ad una battaglia troppo grande anche per lei: il sopravvenuto regime fascista che mal accettava una donna ai vertici dirigenziali.

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