Il bambino di Platone. L’origine del bene e del male
L’origine del bene e del male? Come si formano le categorie morali nell’uomo?
Tutti noi, se adulti, siamo stati bambini di Platone! Ci dichiara Francesco Margoni, ricercatore presso il Dipartimento di Psicologia e Scienze Cognitive dell’Università di Trento, in relazione al volume di recente uscita Il bambino di Platone che affronta una tematica essenziale per gli esseri umani e la società: il senso morale si apprende durante lo sviluppo della persona o grazie ad una attitudine innata?
La raccolta di saggi, alla cui base soggiace l’esistenziale quesito, dibatte la tematica in modo interdisciplinare, dandoci la possibilità di riflettere sull’attitudine al rispetto reciproco o all’aggressività e aprendo scenari per una rivoluzione dell’esperienza formativa nei primi anni di vita della persona.
Leggere il libro significa accrescere le nostre competenze sui nostri processi cognitivi, emozionali, comportamentali. Un compendio sull’anima, sulla mente e sul corpo, articolato in un linguaggio pulito e trasparente che ha come principale obiettivo un’autentica comunicazione.
Vi proponiamo un’anteprima, grazie alle parole di Francesco Margoni rilasciate ad abbanews.eu, per chi desidera intraprendere un percorso sull’origine delle nostre categorie morali e sulle forme distruttive e autodistruttive del nostro comportamento come l’aggressività, buona lettura!
Ci può spiegare chi è il Bambino di Platone?
Tutti noi, se adulti, siamo stati bambini di Platone! La tesi centrale del libro è che già nella primissima infanzia si sviluppi in noi la capacità di distinguere il bene dal male, ovvero di interpretare il mondo secondo categorie morali. È un’affermazione forte, ma supportata da una mole di evidenza empirica in continua crescita, soprattutto negli ultimi anni.
Nel libro sono dunque passate in rassegna molte ricerche in psicologia che permettono di avvicinarsi alla risoluzione di un antico problema filosofico: se il senso morale (ovvero la capacità di giudizio morale) sia appreso lentamente durante lo sviluppo, attraverso l’esperienza sociale, l’educazione da parte dell’adulto o, comunque, l’introiezione delle norme sociali in un essere altrimenti privo della capacità di comprendere gli altri e di regolare il proprio comportamento, oppure se il senso morale sia appreso grazie a una ‘predisposizione’ di natura innata.
Molte ricerche in psicologia cognitiva suggeriscono l’esistenza di meccanismi di apprendimento specifici per l’ambito morale o sociale, i quali permettono di acquisire sulla base di una ridotta esposizione all’ambiente competenze impressionanti per un bambino di pochi mesi di vita: ad esempio quella di distinguere semplici azioni di aiuto da azioni invece dispettose o moralmente riprovevoli.
Nel decidere come intitolare la raccolta di saggi da me curata, ho voluto così omaggiare il padre della filosofia occidentale, il quale notoriamente sosteneva una visione innatista dell’origine della conoscenza.
Ci può spiegare come è nata l’idea del libro? A chi è rivolto principalmente?
Il libro ha natura divulgativa, è rivolto a tutti coloro i quali siano interessati ad approfondire come si forma e si sviluppa in noi la capacità di giudizio morale. Nel libro ci sono diversi saggi, ognuno indipendente anche se legato agli altri.
Ognuno presenta un aspetto specifico della morale, dalla capacità di distinguere buoni leader da individui semplicemente aggressivi, alla capacità di ragionare sulla giustizia in contesti distributivi, allo sviluppo dei concetti morali di base, alla distinzione tra norme morali e norme valide solamente all’interno di una determinata cultura, alla relazione tra morale e religione, alla relazione tra pensiero e azione morale.
Tutti i capitoli sono scritti con linguaggio accessibile, evitando tecnicismi. L’idea era proprio quella di favorire nel pubblico generale la conoscenza di ricerche scientifiche oggi ancora pressoché sconosciute. Il libro, poi, fa parte di una collana di testi principalmente di filosofia che è nata l’anno scorso grazie allo sforzo congiunto di ScuolaFilosofica (un blog di filosofia fondato da Giangiuseppe Pili) e dell’editore Le Due Torri di Bologna.
Le nozioni di autorità, giustizia, equità, bene e male, elementi sostanziali dell’organizzazione umana, possono realmente essere innati nell’uomo? Come si sviluppano?
Trovare la comprensione, anche se intuitiva, di molte di queste nozioni in bambini che ancora non parlano o hanno appena iniziato a farlo, rende improbabile l’ipotesi secondo cui sarebbero meccanismi di apprendimento generali per ambito di conoscenza, come i meccanismi associativi o di rinforzo, a permettere lo sviluppo del senso morale.
Piuttosto, le competenze precoci fanno supporre che vi siano in noi dei meccanismi di apprendimento specifici per l’ambito di conoscenza morale o sociale. E che questi meccanismi siano in noi presenti grazie alla funzione adattiva che ha svolto, durante la lunga storia della nostra specie, il possedere una buona comprensione delle dinamiche sociali e morali.
Naturalmente, trovare nei bambini piccoli la capacità di comprendere situazioni connotate moralmente non significa aver trovato in loro la capacità di ragionare in maniera consapevole e critica sugli aspetti morali dell’esistenza (molti di loro ancora non parlano!) e, nemmeno, aver trovato in loro una visione normativa del mondo. Per lo sviluppo di queste ultime capacità è necessario aspettare come minimo qualche anno. Tuttavia, le basi ci sono e sono anche piuttosto solide.
In che modo gli studi sull’aggressività potrebbero influenzare la formazione dell’individuo e spingerlo all’autoregolazione?
Comprendere un fenomeno è certamente il primo, necessario, passo per aumentare la probabilità di agire con efficacia su di esso. Molte ricerche ormai convergono nel sostenere che a determinare il comportamento non sia semplicemente il pensiero dell’individuo.
Così, non è sufficiente conoscere il bene per agire in conformità con esso. Entrerebbero invece nell’equazione molti altri fattori, tra cui la capacità di autoregolazione dell’individuo e gli aspetti motivazionali, per citarne alcuni.
Comprendere come questi fattori influenzano il comportamento, a seconda delle altre caratteristiche dell’individuo e delle situazioni in cui egli si trova ad agire, è fondamentale per pianificare strategie educative efficaci. Nel libro è presente un capitolo dedicato alla relazione tra pensiero e azione morale che restituisce bene l’idea di quanto sia complessa e ricca di sfaccettature l’interazione fra i due processi.
Questo tipo di studi, potrebbe avere un risvolto anche didattico, in particolare nella scuola primaria?
Nella mia attività di ricerca non mi occupo dei risvolti pratici, ma, sicuramente, posso dire che le ricerche recenti hanno il potenziale di trasformare radicalmente l’immagine che abbiamo della prima infanzia e delle basi su cui si costruiscono le competenze successive. Sapere che un bambino, anche se non parla, ha già una buona capacità di lettura di molte situazioni sociali dovrebbe rendere genitori ed educatori più attenti di quanto già non siano al tipo di modello comportamentale che offrono nella propria quotidianità.
Fotografie dall’alto verso il basso: copertina del libro ‘Il bambino di Platone’ – ed. Le due torri – Bologna; Francesco Margoni curatore del volume- photo by Konica Minolta Digital Camera