Whistleblower, entra in vigore la legge che lo tutela

Whistleblowing è un termine angloamericano con il quale s’indica una persona che denuncia un illecito avvenuto nell’organizzazione per la quale lavora sia essa pubblica o privata, illecito del quale è stata testimone.  La segnalazione può essere indirizzata all’ANAC (Autorità Nazionale Anticorruzione) o all’autorità ordinaria o contabile.

Nella legislazione italiana la figura del whistleblower viene introdotta nel 2012 con la legge 190 Disposizione per la prevenzione e la repressione della corruzione e dell’illegalità nella pubblica amministrazione.

La legge ha risposto alla criticità messa in evidenza dagli studi compiuti dall’UE e dall’OCSE (Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico) secondo i quali la corruzione in Italia ha un costo per lo Stato pari al 3,8% del PIL contro la media europea dell’1%.  Nel 2011 nella classifica mondiale dei Paesi più corrotti stilata dall’OCSE, l’Italia figurava al 3° posto.

L’approvazione della legge ha seguito un lungo iter, passando attraverso varie fasi e governi: dal 2010 (Governo Berlusconi) arrivando al Governo Monti e approdando alla firma del presidente della Repubblica (Giorgio Napolitano) il 6 novembre 2012 e continuando poi a subire migliorie attraverso i decreti leggi.

L’ANAC (Autorità Nazionale Anticorruzione) è divenuta destinataria di segnalazioni di whistleblowing in virtù del d.l. 90/2014.

La nuova legge

Nonostante la legge abbia previsto fin dal suo impianto originario misure per tutelare gli autori delle segnalazioni, alla prova dei fatti è emersa l’esigenza di affinare gli strumenti giuridici per la protezione di tale figura.  In tal senso è stata elaborata la legge 179/2017, entrata in vigore il 14 dicembre 2017.
Il provvedimento dal lungo titolo Disposizioni per la tutela degli autori di segnalazioni di reati o irregolarità di cui abbiano saputo nell’ambito di un rapporto di lavoro pubblico o privato, prevede che la persona che segnala l’illecito – di cui è venuto a conoscenza in relazione al suo rapporto di lavoro – oltre a garantirgli la riservatezza dell’identità, lo protegga dalle ritorsioni attuate attraverso sanzioni, demansionamento, licenziamento, trasferimento o da altre misure che abbiano un effetto negativo sulle sue condizioni di lavoro.

La legge consta di 3 articoli i cui punti principali sono:

reintegrazione del lavoratore nel posto di lavoro: qualora il dipendente abbia perso il posto a causa della segnalazione, deve essere reintegrato e deve cessare nei suoi confronti ogni atto discriminatorio o ritorsivo. L’onere di provare che le azioni discriminatorie o ritorsive nei confronti del segnalante siano estranee alla segnalazione è a carico dell’amministrazione;
sanzioni per gli atti discriminatori: l’ANAC, dopo aver ricevuto la comunicazione degli atti discriminatori dalla vittima o dai sindacati e dopo aver verificato la reale responsabilità dell’ente, applica a quest’ultimo una pena pecuniaria amministrativa che oscilla dai 5mila ai 30mila euro. Sempre all’ANAC spetta di applicare la sanzione amministrativa da 10mila a 50mila euro a carico del responsabile che non realizza le verifiche e le analisi adeguate e opportune della segnalazione ricevuta;
segretezza dell’identità del segnalante: non deve essere rivelata l’identità del denunciante di atti discriminatori. Nell’ambito del procedimento penale l’identità sarà protetta dell’obbligo del segreto (secondo l’articolo 329 c.p.) mentre la segnalazione è inaccessibile grazie agli articoli in materia della legge 241/90 che regola il procedimento e l’accesso ai documenti amministrativi;
blocco della tutela: nei casi in cui il segnalante è condannato in sede penale – fin dal primo grado – per calunnia, diffamazione o altri reati in relazione alla segnalazione o quando viene appurata la responsabilità civile per dolo o colpa grave, avviene il blocco della tutela al dipendente che denuncia atti discriminati;
estensione della nuova disciplina al settore privato: la legge presente tutela oltre i segnalanti che lavorano presso le amministrazioni pubbliche – inclusi gli enti pubblici economici e di diritto privato sotto controllo pubblico,  anche i segnalanti- lavoratori che prestano la loro opera presso le imprese che forniscono beni e servizi alla Pubblica Amministrazione e presso il settore privato;
giusta causa di rivelazione del segreto d’ufficio: la segnalazione quando si rivela certa è ritenuta ‘giusta causa’ per superare il segreto d’ufficio, così come il lavoratore è libero dall’obbligo di fedeltà all’imprenditore.

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