Violenza di genere sulle donne disabili. Un doppio atto criminale
Nella violenza di genere le ragazze e le donne con disabilità psichica e/o fisica sono le più esposte. Un abuso nell’abuso: i perpetratori di violenza, approfittano della particolare fragilità mentale ed emozionale dei soggetti, per infliggergli il loro atto criminale.
Sfiora, infatti, il 40%, il numero delle donne che hanno subito abusi nonostante fossero disabili o avessero problemi di salute. Il 36% di donne che ha subito violenze fisiche o sessuali è in cattive condizioni di salute, il 36,6% presenta limiti gravi (dati Istat 2014). L’Inail, nell’inchiesta condotta dalla propria rivista SuperAbile, pubblicata nell’aprile 2017, conferma questi dati raccapriccianti: 1 donna disabile su 10, nel corso della propria vita, ha subito uno stupro o un tentativo di violenza, contro il 4,7% delle donne sane. Tra le più colpite le donne con deficit intellettivo o neurologico. Le violenze avvengono ovunque: tra le mura domestiche, nei centri di assistenza medica, nei parchi pubblici. A volte, le vittime non sono in grado di comprendere l’accaduto; altre volte denunciano ma non sono prese in considerazione.
Disabilità non riconosciuta
“Gli uomini violenti approfittano della condizione di disabilità, per esercitare il proprio potere e aumentare il senso di forza” commenta Rosalba Taddeini, psicologa e referente dello sportello anti violenza Differenza Donna – dal 2012 si dedica interamente a questo fenomeno
In Italia le donne disabili sono circa 1 milione e 700mila, corrispondente al 3,7% della popolazione totale, ma precisa Rosalba Taddeini – in base alla propria esperienza – il dato è sottostimato perché tra le tante donne incontrate “il 20% con disabilità intellettiva, motoria e sensoriale non aveva fatto nessun percorso di riconoscimento della propria condizione”. Da cui sostiene che, soprattutto rispetto ai deficit cognitivi “esiste un sommerso non segnalato neppure durante il percorso scolastico e, se segnalato, non viene riconosciuto dalle famiglie”.
La mancata educazione sessuale e l’impreparazione degli operatori
In Disabili.com troviamo come causa principale della diffusa inconsapevolezza della donna disabile di vivere una violenza, la mancanza di un’adeguata educazione sessuale e d’informazione. Nelle famiglie, le ragazze con disagi, soprattutto intellettivi, non sono educate alle sessualità e, può capitare che ci si adoperi di più per dare risposta alle pulsioni sessuali dei disabili maschi “ignorando o sopprimendo quelle femminili”. Per cui le donne con deficit mentale, hanno difficoltà a riconoscere tra le manifestazioni d’affetto “quello morboso e la gravità delle richieste sessuali insistenti”.
La situazione si aggrava per fatto che gli stessi centri antiviolenza “non sempre sono preparati a gestire anche la disabilità”. Gli operatori che accolgono le donne disabili “non sono preparati per interfacciarsi ai vari tipi di disabilità”. Manca, sostiene Disabili.com “una rete fra professionisti che comunichi e interagisca per trovare la soluzione migliore in grado di guidare la persona disabile in un percorso di uscita dal tunnel e di ricostruzione di sé”.
La dipendenza psicologica e assistenziale
La ricostruzione di sé nelle donne con deficit mentale è particolarmente difficile, considerando che, spesso, il violentatore è il suo caregiver, ossia la persona che la prende in carico e l’assiste e, di conseguenza, la donna. magari consapevole degli abusi di cui è vittima, tralascia per motivi di “gratitudine” o per timore di perdere quella persona che comunque per lei rappresenta un “riferimento”.
Dipendenza psicologica e assistenziale, dunque, problemi comuni alle donne abusate normodotate. La sottomissione psicologica che è sua volta frutto della violenza psicologica, è difficile da riconoscere anche per le vittime normodotate, perché subdola, esercitata sottotraccia. Consideriamo inoltre la mancanza di risorse economiche, di uno spazio sicuro dove vivere, dopo la denuncia.
Rosalta Taddeini raccogliendo le esperienze di tante donne con disabilità, infatti, conferma che la violenza l’hanno subita da parte di coloro “che si fidavano di più”: familiari, operatori sanitari, forze dell’ordine e spesso “da individui conosciuti sui social”.
Chi se ne occupa
Una situazione molto complessa di cui, finora se ne occupano, soprattutto le associazioni private che hanno organizzato sportelli di ascolto e di sostegno, spazi per l’accoglienza, per donne disabili vittime di violenza. Oltre al già citato Differenza Donna, ricordiamo la rete dei Centri Antiviolenza D.i.Re che opera a livello nazionale. avendo riunito in un unico progetto il lavoro e l’esperienza di oltre 80 associazione specializzate nella violenza di genere.
A Disabili.com Di.Re spiega come, nei propri centri, avviene lo svolgimento della denuncia per violenza da parte di una donna disabile, la quale, sottolineiamo, ha particolarmente “bisogno di essere capita e creduta”.
Le denunce vengono ricostruite all’interno del centro antiviolenza di Di.Re dove le vittime, nel difficile e spesso lungo percorso, sono accompagnate dall’operatrice e l’avvocato: quindi depositate in Procura. Mentre per le denunce sporte direttamente presso le sedi delle forze dell’ordine, l’organizzazione ricorda “che tutti di Centri Di.Re. hanno costruito protocolli con gli operatori” sia della polizia sia dei carabinieri: protocolli che prevedono corsi di formazione degli agenti incentrati sulla violenza e sulle metodologie di accoglienza della donne abusate sia normodotate sia disabili.
Ricordiamo, infine, il numero verde di emergenza 1522 della Rete Nazionale Antiviolenza, multilingue attivo 24 ore su 24 per 365 giorni l’anno, sevizio pubblico promosso della Presidente del Consiglio dei Ministri.
Foto di copertina: quadro di Edward Hopper “Morning Sun”