Tempo e sentimento. La mia primavera
Rubrica Tempo e Sentimento
Un dedalo di ricordi, milioni di pensieri, visi che si sostituiscono l’uno all’altro come in una giostra ove i cavallini di legno girano continuamente. Le orecchie fischiano, gli acufeni non riescono ad attenuare il rumore che c’è nell’aria. Cammino sola ed i miei passi sono lenti. Guardare non sempre è vedere ed a me sembra di incontrare fantasmi. Chi sono, perché non li riconosco? Poi mi fermo e quel che vedo è offuscato dal pianto.
Una margherita su di un prato verde, un albero di buganvillee lungo il muro, qualche timida primula che stenta a farsi largo tra il fogliame secco, un alto pino monco perché i suoi rami sono caduti sotto il peso della neve. Contemplo questi piccoli regali della natura, il vento ha un suono armonioso ma gioca tra i miei capelli scomposti, seduta sul muretto, con le mani intrecciate sul petto, apprezzo ogni cosa.
La primavera è arrivata, una timida farfalla bianca risveglia la bimba che c’è in me, che correva gioiosa, faceva capriole e dopo averli raccolti, portava a mamma un mazzetto di fiori. Ed il suo viso in controluce ora è davanti ai miei occhi, sono immagini dolci, ed io risento i suoi abbracci quando mi cullava ed io mi sentivo protetta. Oggi c’è un pallido sole che avvolge le mie spalle ed io riesco a sentire le sue filastrocche e le poesie che scandiva per farmi dormire.
Di colpo la rivedo vecchia, con quei suoi pochi e radi capelli bianchi, mi parla un linguaggio che non capisco ed a me non resta che consolarla ed accompagnarla nel suo percorrere il labirinto della demenza senile, ove il dolore che adesso provo è solo mio perché lei allora viveva l’incoscienza di un’esistenza sconosciuta. Mi chiedo perché questo buio è sceso nella sua mente e perché io non riesca a staccarmi da lei nonostante sia consapevole che per lei io ero….nessuno.
Rievoco quanto brava fosse in cucina, quanti e quali cose mi ha insegnato, come abbia affrontato le fatiche e i dolori che ogni stagione della sua vita gli ha presentato e come ha dovuto dimenticare il dolore più grande per non invecchiare precocemente. Adesso i miei pensieri sono confusi, sento la colpa di non esserle stata vicina a sufficienza, non aver asciugato le sue lacrime quando lei stessa cercava di nasconderle.
L’inesorabilità del tempo sta giocando con i miei sentimenti, sto correndo alla ricerca di un incontro che non potrà mai avvenire, il mio inconscio risente la sua voce, vuole in regalo briciole di parole per non permettermi di perderle come gocce di pioggia asciugate dal sole. Chiedo troppo?
Se elaboro la parola nostalgia so che è come chiederti, mamma, di dividere il mio dolore. Sai, lui non c’è più. Se ne è andato, come te, e papà all’inizio di una fredda primavera, ed oggi che essa è tornata sento il mio cuore, strapazzato dal vento che sta volando e forse solo le margherite di questo prato sfogliandone i petali ad uno ad uno, mi diranno che lassù qualcuno mi ama. La fragilità della propria vita si scopre quando si comincia ad avere paura.
Continua quando qualcuno ti manca e senti il silenzio ed il vuoto intorno. Subentra allora il desiderio di non saper più accettare tutto ciò che è nuovo, crediamo di non saper più lottare, siamo sconfitti, e rinunciamo ad amare. Spesso c’è l’invito degli altri a non rassegnarsi, a riprendere a combattere, a ricercare il significato della parola domani, perché solo così rifiorirà la forza che c’è in noi, e perché sarà solo dalla nostra coscienza che nascerà quella verità che cancellerà il dolore tramutandolo non più in un incubo, ma in una speranza per continuare a vivere.
E quando questa primavera sarà andata via, io attenderò la prossima e rivedrò l’albero di lillà fiorire, sentirò il fringuello cinguettare e il ritorno di una sola rondine al suo nido mi dirà che basta davvero poco per cercare di ricominciare. La vita può darti un’altra possibilità se ci credi!
Maria Teresa Sanguineti
Copertina: titolo dell’opera “They Feed the Earth” di Joshua Flint