Tempo di leggende. C’era una volta una campana d’oro
Leggende di altri e di ogni tempo. In un paesino chiamato un tempo Oleastra, oggi Volastra, che probabilmente prendeva il nome da Strada delle Olive, i suoi abitanti producevano l’oro giallo (olio d’oliva) e il nettare di Bacco (vino sciacchetrà) e commerciavano questi prodotti portandoli a braccia fino a Corniglia e Manarola (5 Terre). Da lì, li caricavano sui leudi, (antiche imbarcazioni genovesi), e dopo giorni di navigazione raggiungevano dapprima Genova e successivamente scaricavano questi loro prodotti in molti porti del Mediterraneo.
Con questi commerci riuscirono a rendersi capaci di avviare altre piccole attività ed ottennero come premio per il loro lavoro l’edificazione di una chiesa dedicata a S. Lorenzo. Anno più anno meno ciò accadeva verso l’anno mille.
La vita a quel tempo oltre che semplice era serena, ma, quando meno te lo aspetti, ecco che tutto cambia e l’arrivo sulla costa di pirati barbareschi sconvolse quel mondo paradisiaco. Impauriti, e non ricevendo nessun aiuto da parte delle autorità genovesi, pensarono di organizzarsi disponendo sentinelle lungo i filari di viti e lungo la strada che portava alla sorgente dell’acqua.
Nella notte però molti bagliori e grida furono l’avvisaglia che lo sbarco dei pirati era prossimo. Un fanciullo però urlò ai cittadini di proteggere le campane, una delle quali aveva un suono speciale perché composta di una lega d’oro e d’argento. I contadini riuscirono a fatica a calare le tre campane dal campanile, scavarono una fossa ove furono deposte, tra le quali c’era quella d’oro assieme a tutti gli altri beni delle famiglie di Oleastra.
La buca fu ricoperta con terra ed attrezzata come fosse un terreno coltivato. I saraceni furbescamente non sbarcarono dal mare ma scesero lungo le pendici di Punta Mesco. Uccisero le sentinelle e fecero prigionieri donne e bambini dopo aver ucciso uomini ed anziani. Il piccolo borgo fu messo a fuoco e per molto tempo si ricorda che nessuno volle più tornarvi.
Passarono 50 anni e piano piano vi tornò la vita, furono ricostruite le case, i campi ripresero ad essere coltivati. Nessuno però era a conoscenza di quella sepoltura avvenuta prima dell’incursione dei pirati. Quando un vecchio sulla sessantina si stabilì in un rudere abbandonato gli abitanti lo giudicarono un tipo strano, parlava una lingua mista all’arabo e non aveva contatti con nessuno.
Il tempo però è galantuomo e qualcuno cominciò ad affezionarsi al vecchio che prese a raccontare la storia di quella notte terribile, con saccheggi e morti. Lui, in effetti era uno dei bimbi fatti prigionieri e che dopo anni di schiavitù era riuscito a tornare al suo paese. Fece appena in tempo a raccontare della sepoltura di quella campana d’oro che morì dal dispiacere.
Gli abitanti di Oleastra gli credettero ma non furono in grado di individuare il punto dove poterla trovare. Il vecchio prima di spirare aveva detto loro: “Guarda il campanile ed il cammino dell’ultima casa del paese.” Le ricerche proseguirono, ma non fu mai trovato quel tesoro. Ancor oggi però quando il mare si infuria e diventa impetuoso e quando il vento batte ed urla sulla costa, si odono suoni dolci e misteriosi, come canti angelici che provengono non dal mare ma dalla terra.
I cercatori d’oro non scopriranno mai quel tesoro perché solo le leggende vivranno sempre negli animi di quegli abitanti e così le manterranno vive perché mai i rintocchi delle campane si spegneranno se ciascuno di noi riuscirà ad udirle anche durante le battaglie più difficili cui andremo incontro. E solo chi ci crede arriverà a capire come e perchè il valore delle leggende deve far parte di ogni vita vissuta.