Stefano Savi e l’odore dell’acido. La rinascita dopo l’aggressione

Sul suo viso, parzialmente nascosto da occhiali scuri, traspare uno sguardo un po’ smarrito, certamente velato da una timidezza che lo preserva, solo in apparenza,  lontano dagli altri. Un giovane uomo, Stefano Savi, nato a Milano nel 1989, che con coraggio ha saputo andare incontro all’evento crudele di cui è stato vittima, con orgoglio e una forza indicibile.

Una vita progettata che, improvvisamente è andata in frantumi e che Stefano ha ricostruito con determinazione, volontà e, ripetiamo, coraggio.

Tutti ricorderanno quando nel novembre del 2014, i due amanti Alex Boettcher e Martina Levato gettarono sul viso di Stefano una bottiglietta di acido solforico, scambiandolo per un amico della donna. Un gesto terribile carico di una cattiveria sovrumana e impensabile che ha sfregiato il viso di un giovane che altro non faceva che divertirsi in discoteca.

Il dopo di quel giorno è stato vissuto con coraggio, con dolori indescrivibili, con 50 interventi sanitari che si sono susseguiti senza sosta, ove la paura, pur esistente, si nascondeva dietro le parole di conforto e fiducia che gli venivano dai genitori, dal fratello e dagli amici che non lo hanno lasciato solo nemmeno un solo giorno.

Stefano ha così sfoderato una voglia di ripartire, di credere che il domani sarebbe stato per lui davvero un altro giorno. Parliamo non di giorni, ma di mesi, lunghi e sempre eguali nella camera dell’ospedale Niguarda, dove ha conosciuto l’umanità di dottori e infermieri, capaci di farlo sentire non solo un pazienze ma anche un amico.

Dopo alcuni anni ha pensato di scrivere su quel drammatico episodio che ha sconvolto la sua vita, ma è stato durante il lungo periodo del Covid che ha cambiato indirizzo al suo racconto.

Non più pagine colme di dolore ma parole di gioia e speranza per aver scoperto il coraggio di sua madre, la spinta in avanti datagli dal padre e dal fratello, il costante affetto degli amici, e la vicinanza della sua ragazza, spalla sulla quale ha pianto tutte le sue lacrime e che senza pudore non riusciva a trattenere.

La segregazione di quel periodo ha facilitato il tutto, perché il tempo a disposizione era tanto e il silenzio, invece che demoralizzarlo, gli ha facilitato la connessione con i ricordi dolorosi e la ri-scoperta di quanto le amicizie valgono e servono, più delle medicine.

L’odore dell’acido

 

Nel libro appena pubblicato L’odore dell’acido Stefano racconta la sua testardaggine, testimoniata dal tatuaggio stampato sul braccio: “Un lupo pronto a combattere, stay strong” e poi la scoperta dell’infinita dolcezza della madre che l’ha indirizzato a cercare di partire dalle sue origini, dai suoi studi alla  “Bicocca” e a cominciare con il domandarsi. “Chi sono e che cosa voglio?” Poi il dilemma: “ Avrò la forza di guardare in faccia chi mi ha ingiustamente ridotto così?” E per ultimo quella terribile scossa nello scoprire il suo nuovo viso senza più le bende. Fu un giorno terribile.

Ora, dopo tante parole, nell’attenzione generale, il giovane Stefano sembra mostrarsi in tutta la sua vulnerabilità e forza,  attraverso un carattere timido e un po’ introverso, intervallato da fugaci e penetranti sorrisi.

Leggere la sua storia è un riflettere e domandarsi del perché gli onesti debbano pagare per gli errori altrui. Forse ci sarà un domani per il perdono? Il no, secco e forte urlato a bassa voce da Stefano, fa sicuramente rumore nella sala dove ha luogo la conferenza stampa, presso l’ex Convento dell’Annunziata di Sestri Levante.

Una cosa è  certa, il paradiso può attendere.

 

 

 

Immagine: copertina del libro ‘L’odore dell’acido’ dove Stafano Savi racconta la sua rinascita dopo essere stato sfigurato con l’acido, nel novembre del 2014, da una coppia dopo averlo scambiato per un’amico della donna – tratta dal profilo PIEMME – TWITTER

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