Loving Vicent. Una storia d’arte e di amore fraterno
Loving Vincent è il primo lungometraggio dipinto a olio, composto da 65.000 fotogrammi dipinti, realizzati da 125 artisti che evocano lo stile di Vincent van Gogh.
Una campagna “di reclutamento” di pittori e grafici iniziata oltre cinque anni fa che diventò virale, con 200 milioni di visualizzazione e più di 5000 candidature tra pittori e illustratori di grafica animata da tutto il mondo. Un capolavoro singolare, fin dagli albori della sua esecuzione.
Il film, un autentico “pezzo unico” è stato realizzato dalla casa di produzione polacca BreakThru production ( premio Oscar 2007 al regista Hugh Welchman per Piotruś i wilk, miglior cortometraggio animato) , e l’inglese Trademark Film. La narrazione scorre tra gli ultimi mesi della vita di van Gogh, morto in circostanze misteriose pur essendo stato archiviato come suicidio, il 29 luglio 1890.
La biografia “figurativa-animata” si snoda attraverso l’ampio archivio epistolare formato dalle lettere che Vincent inviava, soprattutto al fratello Théo, mercante d’arte, grande sostenitore e costante protettore del tormentato e sofferente Vincent.
La realizzazione del film è stata complessa e ha richiesto la sinergia artistica di pittori, attori e tecnologi, diretti magistralmente da Dorota Kobiela e Hugh Welchman
La prima fase della realizzazione ha rispettato il girato canonico, focalizzato sull’interpretazione degli attori, in seguito sono subentrati i pittori che hanno dipinto, con pittura a olio, inquadratura per inquadratura: 62.450 inquadrature corrispondenti a 12 dipinti per ogni secondo.
Una magica visione che emerge in modo naturalistico e vivido nell’interazione tra la recitazione degli attori che sfuma nei ritratti e nei quadri del maestro, i cui personaggi prendono vita e diventano parte del racconto; un incantevole e incantato risultato, frutto di un genuino artigianato del Terzo Millennio: il talento pittorico e figurativo che si allea con le tecnologie di animazione di ultima generazione.
La lavorazione è iniziata nel 2011 e il film è uscito nelle sale cinematografiche nel 2016. Ha comportato, dunque, 5 anni d’impegno, come dicono gli inglesi, anni di sangue, sudore e lacrime, resi effettivi, grazie al crowdfunding, la nuova modalità di finanziamento dal basso, attraverso le piattaforma di raccolta fondi Kirkstarter. La sceneggiatura e la regia sono state curate da Dorota Kobiela e Hugh Welchman.
La Nexo Digital e l’Adler, distributori di Loving Vincent per l’Italia, riportano il film nelle sale (elenco) dal 16 al 18 ottobre 2017. Nomination agli Oscar 2018 nella categoria animazione.
La più grande monografica mai allestita in Italia
L’autunno italiano in nome di van Gogh, inizia a Vicenza il 7 ottobre, con l’inaugurazione della più grande mostra monografica sul pittore olandese, mai allestita in Italia. 120 opere – 40 dipinti e 85 disegni – per l’esposizione van Gogh. Tra il grano e il cielo, curata da Marco Coldin, di Linea d’Ombra, raffinata associazione che si occupa di organizzazione di eventi artistici, è ospitata dalla Basilica Palladiana della città.
La mostra, che si protrae fino all’8 aprile 2018, illustra il percorso artistico e biografico del pittore, si può dire tappa per tappa. Partendo dai suoi primi anni trascorsi nella natia Olanda (1853), dove si manifestarono i primi turbamenti mentali che lo accompagneranno nel corso della vita. Seguito dal breve periodo belga, dove van Gogh continuò il lavoro intrapreso all’Aia presso la filiale della casa d’arte Goupil & Co che lo portò, dopo pochi mesi, a Londra.
L’amore deluso e l’impegno evangelico
Londra, una tappa importante per il pittore olandese, non tanto per la sua arte (disegni andati perduti, tranne uno, rinvenuto nel 1877 ma assai deteriorato) ma per la sua vita. Per la prima volta s’innamorò, ma fu cocente delusione.
La prescelta dal cuore di Vincent, era già fidanzata. Il rifiuto gli provocò la prima profonda crisi depressiva. Vincent (nella foto a lato) chiese e ottenne il trasferimento all’Aia, al quale ne seguirono altri. Non era più lo stesso.
Iniziò a trascurare il lavoro per convogliare il suo interesse verso la religione, (era figlio di un pastore calvinista), senza trascurare la pittura. Nel 1876 perse definitivamente il lavoro presso la Goupil. Un momento della sua vita in cui diede ampio respiro alla sua vena mistica. Vincent, infatti, si trasferì a Ramsage, sobborgo di Londra, per insegnare nella scuola di un reverendo metodista e dove tenne il suo primo sermone. L’artista coltivava il fervore religioso secondo i valori francescani e paolini: affrancamento dai beni terreni e purezza dei sentimenti.
Povero fra i poveri
La famiglia del pittore nel corso di una visita che questi gli fece, rimase impressionata dalle sue condizioni psico-fisiche e lo dissuasero dal ritornare a Ramsage. Siamo nel 1878. Vincent accolse i consigli, ma non rinunciò alla sua vocazione religiosa, decidendo di intraprendere gli studi di teologia presso l’Università di Amsterdam. Parallelamente continuava a coltivare la sua passione artistica.
Tuttavia non superò gli esami di ammissione e su consigliò della famiglia si iscrisse a un corso di evangelizzazione presso Laeken (Bruxelles), dove fu giudicato inidoneo all’attività di predicatore laico. Tuttavia non demorse e, finalmente, ottenne l’incarico dalla Scuola Evangelista di Bruxelles di portare conforto e la parola della Bibbia presso i minatori del Borinage (Belgio). Qui van Gogh s’immedesimò completamente nella vita dei minatori e gli portò grande conforto. Una dedizione assoluta che non piacque alla Scuola Evangelista: la giudicò fanatica e non gli rinnovò l’incarico.
Vincent continuò a dedicarsi ai poveri senza risparmiarsi, a dispetto della sua salute psicofisica. Fino al 1881, quando, sulle continue sollecitazioni del fratello, Thoédore detto Theo (nella foto in alto), decise di dedicarsi completamente alla pittura. “Sono buono a qualcosa, sento in me una ragione d’essere” scrisse Vincent al fratello e iniziò a studiare l’arte.
Visse d’arte
Seguirono delusioni sentimentali, ma iniziò a dipingere quelli che saranno poi riconosciuti come capolavori.
Nel 1885 perse il padre, dopo una violenta discussione tra i due. Vincent ne fu molto colpito e sotto l’impulso del dolore dipinse Natura morta con Bibbia (nella foto a lato), dove al testo sacro contrappose, in scala ridotta, il libro La joie de vivre di Èmile Zola. Autore preferito da Vincent, deplorato invece dal padre.
Continuò a viaggiare. Fu conquistato dall’arte giapponese. Al riguardo scriveva a Théo “Non è quasi religione quella che ci insegnano questi giapponesi cosi semplici, che vivono in mezzo alla natura come se fossero loro stessi fiori? Non è possibile studiare l’arte giapponese credo, senza diventare molto più felici, senza tornare alla nostra natura nonostante la nostra educazione e il nostro lavoro nel mondo della convenzione”.
La Natura, la Réalité è il grande interesse di Vincent van Gogh della quale, come scrisse lui stesso, s’innamorò anche se “mi resiste e crudelmente ancora mi rifiuta”. Ed è proprio dalla natura, dalla realtà del mondo delle cose concrete, dal rapporto tra l’uomo e la terra, che prenderanno forma i suoi quadri: situazioni di contadini, artigiani, operai, immagini di grandi distese di campi di grano, di fiori, di giardini selvatici.
A 33 anni non superò il concorso per studenti, per frequentare i corsi dell’Accademia della Belle Arti di Anversa. Si recò, quindi a Parigi, dove risiedeva Théo che lo ospitò. Lì ebbe modo di frequentare l’atelier di Fernand Anne Piestre, pittore antiaccademico. Nell’atelier Vincent conobbe Louis Anquetin e Henri Toulouse-Lautrec. Allargò, poi, il suo giro di conoscenze e strinse amicizia con Monet, Renoir, Degas e i puntinisti Seurat e Signac e, soprattutto, Paul Gauguin.
Luce e colori nel sud della Francia
Nel 1888 senti il bisogno di andare a conoscere il sud della Francia: i suoi colori e la sua luce, cosi diversi da quelli del nord ai quali era abituato.
Si trasferì ad Arles. Fu una scelta artisticamente fortunata. La natura luminosa della Provenza lo ispirò al punto che nell’arco di 2 anni dipinse gran parte della sua produzione artistica: 200 dipinti e 100 fra disegni e acquarelli. Al periodo di Arles si devono le sue opere più famose, come la serie dei Girasoli e La sedia di Vincent ad Arles (nella foto a lato).
Ad Arles, su sollecitazione di Théo, fu raggiunto da Paul Van Gauguin con il quale Vincent aveva intenzione di fondare una associazione di pittori antiaccademici. Ma fu un rapporto asimmetrico. Se Van Gogh era affascinato dal talento di Gauguin, quest’ultimo non sentiva nessuna affinità con l’arte del collega olandese. Inoltre detestava il sud della Francia: il suo sogno erano i Tropici.
La convivenza fu contrassegnata da liti e tensioni. Fino a sfociare nella violenza. Il 23 dicembre del 1888 Van Gogh rincorse in strada Gauguin con un rasoio in mano, ma quando questi si fermò e si voltò per affrontarlo Van Gogh preferì rivolgere contro di sé la violenza, tagliandosi il lobo dell’orecchio sinistro. Gauguin in tutta fretta lasciò Arles. van Gogh fu ricoverato all’ospedale.
Nel gennaio 1889 dopo il ricovero dipinse Autoritratto con orecchio bendato (nella foto a lato).
Seguirono mesi durante i quali alternava momenti di estrema lucidità a momenti di allucinazioni, finché consapevole della sua prostrazione fisica e psichica volontariamente si fece ricoverare presso l’ospedale psichiatrico di Saint-Rémy- de-Provence, dove dipinse Notte Stellata, oggi esposto al Museum of Modern Art di New York.
Un successo tardivo alle soglie della morte
Durante la sua degenza, i suoi quadri iniziarono ad avere successo. Allo scadere dello stesso anno ricevette l’invito dall’Associazione “Les XX” di Bruxelles a esporre alcune delle sue opere. Alla mostra nella capitale belga, il critico d’arte Albert Aurier notò le opere di Van Gogh e gli dedicò una recensione, dove identificò i tratti artistici del pittore olandese nella poetica del simbolismo.
Vincent lasciò l’ospedale nel maggio del 1890 e dopo un periodo trascorso nella casa del fratello a Parigi, trovò sistemazione ad Auvers-sur-Oise, dove risiedeva un medico che si sarebbe preso cura di lui. Nuovamente immerso nella campagna, Vincent dipinse, tra gli altri, il famosissimo Campo di grano con volo di corvi. Ma presto sentì che le crisi riaffioravano, provando un dolore profondo.
Il 26 luglio 1890, dopo aver trascorso la giornata nei campi a dipingere, rientrò nella locanda dove alloggiava e si rinchiuse nella sua stanza. Notata la sua assenza all’ora del pranzo, la proprietaria della locanda entrò nella stanza del pittore e lo trovò sanguinante sul letto. Van Gogh le disse di essersi sparato al petto. Accorso, il medico, ma non riuscì a estrargli la pallottola. Morì dopo 2 giorni, il 29 luglio. Aveva soltanto 37 anni.
Il fratello Théo, sconvolto dal dolore e dai sensi di colpa, convinto di non aver aiutato sufficientemente il fratello, morì 6 mesi dopo Vincent. La moglie di Théo, Johanna Bonger, volle che le spoglie dei 2 fratelli van Gogh giacessero vicine ad Auvers, dove vennero trasferite nel 1914. Tra le 2 lapidi venne piantato un ramo d’edera.