Dickens, scrittore ri-trovato nelle vie di Londra
Un incontro causale, dopo una prima conoscenza libresca. Che cosa significa studiare una lingua? Iniziamo per caso, per gioco, per motivi di lavoro, per amore, i motivi possono essere molteplici, ma c’è un filo sottile che li lega: la curiosità verso l’altro, l’immaginazione verso nuovi orizzonti. Vi presentiamo un personalissimo percorso di iniziazione linguistica che partita dai libri si ri-trova tra le vie di una metropoli.
L’inglese tra noi
Avevo cominciato a studiare la lingua inglese con un’anziana nobildonna friulana che si era trasferita al mio paese forse per motivi di salute ma anche perché affascinata dalle bellezze naturali della Liguria, con le sue coste frastagliate e quel mare che specie in inverno sembrava parlarti con quelle sue onde che schiaffeggiavano gli scogli e la cui spuma rassomigliava alla panna monta
L’incontro era stato casuale, la signora Adriana cercava ragazzi che erano in difficoltà con l’inglese, ed io, stimolata come sempre da mio padre, a conoscere di tutto e di più, decisi di impegnarmi nello studio di quella che all’inizio mi parve un’impresa non facile. Il suo modo di insegnare era molto originale, a parte le prime nozioni sui verbi avere ed essere, lei si guardava in giro, scriveva ogni cosa che vedeva, e subito riportava la parola corrispettiva in inglese.
A questa punto riusciva a fare una frase compiuta e cercando di trasmettermi il suono delle vocali, alquanto difficili da imparare, io in poco tempo ero riuscita ad apprendere le parole più semplici ed elementari. Con il passare del tempo il rapporto insegnante-allieva mutò, diventammo amiche, e si instaurò tra di noi anche un sentimento d’affetto.
Era una donna molto colta, amava scrivere, specie storie per bambini che erano pubblicate sul Corrierino dei piccoli, le piaceva dipingere e adorava la musica lirica. Cominciammo così con il leggere A Christmas Carol il celebre racconto di Dickens e, di conseguenza, imparai molte parole della lingua inglese. La tv trasmetteva gli sceneggiati, e così iniziai ad amare i personaggi dickensiani, quali Nicholas Nicklebly o David Copperfield, ma capii che leggere i testi in lingua originale nascondeva molti particolari inediti del loro modo di vivere e le suggestioni biografiche, quali, il personaggio di Micawber in cui Dickens raffigurò la figura del padre o in quello di Madame Nickleby la figura della madre.
Un biglietto per Londra e l’incontro con Dickens
La vita può regalarti qualche sorpresa da un momento all’altro. Così, dopo aver partecipato ad un concorso sul turismo, mi ritrovai tra i vincitori, ed ebbi in omaggio un biglietto aereo A/R per Londra. Prima che scadesse il termine concessomi dalla compagnia British Caledonian, mi organizzai, ma fare un viaggio in solitudine, mi creava un po’ di apprensione. Il quel mese di settembre, l’Università di Genova, aveva programmato un viaggio-studio proprio a Londra ed io cercai di sapere presso quale centro gli studenti avrebbero preso alloggio.
Purtroppo il loro punto di appoggio distava vari isolati dal mio albergo, ma non mi persi d’animo, e con le poche nozioni di inglese che avevo imparato riuscii ad appuntarmi i percorsi della metro e quasi ogni giorno avevo contatti con le ragazze del gruppo. Un giorno scesi alla fermata di Russel Square, e mentre le studentesse si recavano all’ università io presi a passeggiare nel quartiere di Bloomsbury.
C’era poca gente per strada così mi fermavo spesso ad osservare le case, quasi tutte eguali, situate in Doughty street, quando il mio sguardo si posò su una porta ove una targa indicava che quella era stata la casa ove aveva vissuto Charles Dickens. Sgranai gli occhi per la sorpresa e la fortuna che mi era capitata. Entrai al n. 48, e subito notai la semplicità che regnava in quelle stanze. Questo piccolo museo aperto nel 1925 contiene molte (diciamo) reliquie dello scrittore, tanti ritratti, lettere e manoscritti. Oggetti personali quali la vasca per il bagno, il pianoforte, il suo orologio a cipolla, i resti di un fiore ingiallito, una ciocca di capelli, le tazze “Please sir” e il teatrino in cartapesta.
La Dingley Dell Kitchen con tutta l’attrezzatura per cucinare e gli oggetti in peltro messi in bella mostra sui ripiani, aveva le caratteristiche di una cucina coloniale. Sul tavolo erano esposti, naturalmente come imitazione, gli alimenti che venivano usati per la colazione: le uova, il bacon, il latte e il the, oltre a fette biscottate e pane. Nel vano dell’ingresso una scala portava al piano superiore ove erano le stanze da letto e lo studio arredati con mobili d’epoca. Nella sala da pranzo le stoviglie erano tipicamente di stile inglese, tutte colandine dal color blu zaffiro, ben disposte, e le sedie erano tessute con paglia di Vienna, mentre nello studiolo erano posti in bella vista un tampone per assorbire l’inchiostro, un pallottoliere, tagliacarte, penne ed altri oggetti dello scrittore.
Dickens world
Oggi scrivere questi ricordi credo sia per me il tentativo di scavare nella mia memoria per rivedere la vita di Dickens, quando fanciullo fece il lustrascarpe e visse il dolore dell’arresto del padre per debiti. La conoscenza di molti libri che però il padre gli aveva procurato, fu la sua salvezza ed a soli 19 anni entrò a lavorare al mensile Magazine e pubblicò i suoi primi lavori a puntate sull’Evening Chronicle. Il caratterista Sam Weller, leggendario personaggio del suo primo romanzo Il circolo di Pickwick, ricco di sane sentenze umoristiche, lo fece subito conoscere al pubblico, da cui il termine di “wellerism“, spesso per indicare frasi proverbiali.
Oliver Twist, Nicholas Nicklerby, The Old Curiosity Shop, ebbero a protagonisti una miniera di personaggi dai caratteri diversi tra loro e che ancor oggi soprendono, nonostante il trascorrere del tempo. Trasferitosi in America nel 1842 scrisse un’altro successo: “ A Tale of two Cities”, ma ben presto le sue critiche sulla democrazia di quel paese offesero l’amor proprio americano che pur ritenendo il libro assai umoristico, presero una certa distanza dallo scrittore.
Era appena uscito A Christmas Carol quando Dickens si trasferì in Italia e pubblicò The Picture from Italy nel 1846. Qui visse quasi due anni, e subito dopo la Svizzera lo ospitò, lì scrisse Dombery and son che ristabilì lo stato delle sue finanze e gli diede ancora forza per narrare quello che in effetti è il suo romanzo più autobiografico: David Copperfield.
Successivamente cambiò genere nello scrivere ma la sua satira sui processi della Court of Chancery (organo dell’ordinamento giuridico britannico) non ottennero successo, ed anche quando uscì Little Dorrit si notò come l’ottimismo e l’umorismo non facevano più parte del carattere dei suoi personaggi. Era stato in effetti quello il tratto più bello che legava le storie dei suoi racconti e che ne esaltava proprio le vivezza stessa.
Ho conosciuto dunque questo scrittore attraverso i suoi romanzi e aver varcato quel giorno la soglia della sua casa mi ha arricchì molto, anche se, come detto all’inizio, tutta la semplicità di quelle stanze, pur molto chiare nel mio ricordo, non hanno lasciato in me quell’emozione che mi aspettavo prima di entrarvi. Indubbiamente il quadro incompiuto di R.W. Buss è l’immagine che più lo rappresenta, attorniato com’è da tutti i suoi personaggi, e che sembra gli creino intorno un festoso girotondo.
Ben differente è stato il sentimento provato quando, entrata nell’Abbazia di Westminter, ho sostato presso il Poets’ Corner, ove oltre a Dickens riposano Chaucer, Spenser, Tennison, Browing, Hardy, Kipling, e vi sono i memoriali di Shakespeare, Milton, Jane Austen, Blake, Emily Bronte, Byron, Oscar Wilde, Wordsworth e molti altri.
Il peso di tanta letteratura ancor oggi è dentro di me, è simile ad un’espressione d’amore, e se ci ripenso, sento battere ancora il mio cuore e debbo riconoscere che vale sempre la pena raccontare quello che la vita ci ha fatto conoscere e che, fino a quando il nostro cervello funzionerà, ci renderà più ricchi e rifletterà sempre nei nostri ricordi.