La tratta degli esseri umani. In Italia un fenomeno in crescita
In occasione della Giornata mondiale contro la tratta di esseri umani, che ricorre il 30 luglio, l’organizzazione Save the Children ha pubblicato il Rapporto Piccoli schiavi invisibili 2019.
Giunto alla sua 13° edizione, il Rapporto, pur specificando che i dati riportati sono sommari per difetto, offre un quadro aggiornato del fenomeno della tratta e dello sfruttamento delle persone in Europa, dove un quarto delle vittime, presunte o identificate, sono minorenni e ridotte in schiavitù.
Nel biennio 2015-16 nell’Unione Europea il 56% dei casi delle persone rapite sono ridotte in schiavitù per lo sfruttamento sessuale, mentre il 26% per lo sfruttamento lavorativo: 1 vittima su 4 ha meno di 18 anni e 2 su 3 sono ragazze o giovani donne.
In Italia fra le vittime appurate cresce il numero dei minorenni, passato in un anno dal 9 al 13%.
Il mercimonio a scopo lavorativo
Il mercimonio a scopo lavorativo, pur non essendo il principale obiettivo del sistema della tratta (che rimane di carattere sessuale) è in crescita. In Italia i minori impiegati illecitamente sono stati 263 (gli acclarati), dei quali il 73% nel settore terziario.
Secondo il Rapporto il numero maggiore d’illeciti – segnalati dall’Ispettorato Nazionale del Lavoro (Rapporto 2019) – sono stati riscontrati “nei servizi di alloggio e ristorazione (115), nel commercio (39), nel settore manifatturiero (36), nell’agricoltura (17) e nell’edilizia (11)”.
Sono numeri che indicano soltanto la punta di un iceberg, sottolinea ancora il Rapporto, perché si riferiscono a un fenomeno prevalentemente sommerso. Basti pensare che il Ministero del Lavoro ha dichiarato che la metà dei 1266 minori accolti nei centri d’accoglienza (fino a maggio 2018) è scomparsa e, secondo Save the Children, è difficile “capire dove sono finiti”. E qui occorre tener presente che sui minori stranieri pesa il debito che devono pagare alle organizzazioni criminali che hanno disposto il loro viaggio in Italia. Circa 15mila euro che per riscuotere i trafficanti non esitano a minacciare le famiglie dei minori.
Le vittime dello sfruttamento sessuale
Sotto scacco con il ricatto di ricoprire ‘le spese del viaggio’ sono anche le vittime dello sfruttamento sessuale, per lo più straniere, minorenni o neo-maggiorenni che provengono principalmente dalla Nigeria (il 64%), dai Paesi dell’ est d’Europa e dai Balcani (il 34%). In Italia il fenomeno è in forte crescita: dalle 1396 vittime nel 2017 si è passati alle 2210 nel 2018, pari a un incremento del 58%, secondo i dati ufficiali.
Dalla Nigeria – Le ragazze e le giovani donne nigeriane vengono adescate con la promessa di un lavoro in Italia. Provengono dal sud della Nigeria, dove sussiste grande povertà e scarsa scolarizzazione. Secondo il Rapporto il luogo dell’adescamento è cambiato: dopo che nel 2018 le autorità spirituali hanno annullato a Benin City (Edo State) il rito juju (rito animista, durante il quale le ragazze compiono un giuramento di obbedienza agli spiriti invocati nel rito, usato dai trafficanti come arma di ricatto per sottomettere la volontà delle ragazze), i trafficanti agiscono soprattutto nel Delta State.
Le vittime raggiungono l’Italia attraverso la Libia. Com’è ormai noto, già durante il viaggio subiscono abusi e violenze e giunte nel nostro Paese trovano le ‘maman’, nigeriane a loro volta, incaricate a gestire lo sfruttamento attraverso la prostituzione. Anche queste ragazze, dicevamo, devono pagare il debito del viaggio che può raggiungere i 30mila euro. Sono costrette a lavorare fino a 12 ore tutte le notti. Per la prestazione, secondo il Rapporto, chiedono dai 10 ai 20 euro, raggiungendo una somma che va dai 300 ai 700 diari. A loro rimane il necessario per coprire le spese di sopravvivenza (vitto e alloggio) ma anche (a volte accade) per pagare l’affitto del posto, anche se è per la strada, dove si prostituiscono: per cui non rimangono i soldi per estinguere il debito del viaggio. Il controllo sulle ragazze da parte dei trafficanti è assoluto e sempre basato sulla violenza.
Le prestazioni delle ragazze avvengono fuori dai circuiti cittadini, lungo le provinciali o le arterie stradali o nelle case, dette connection – house, gestite e frequentate prevalentemente dai connazionali, come hanno rilevato gli operatori in Piemonte e Campania.
Dai Paesi dell’est Europa e dai Balcani – Sulle strade delle città italiane, invece, sono costrette a stare le ragazze di origine rumena, bulgara e, in aumento, le albanesi (un ritorno che riguarda anche i gruppi criminali: quelli albanesi sono secondi solo a quelli nigeriani).
L’adescamento avviene nei Paesi di origine attraverso le “sentinelle” dei trafficanti che “individuano le vittime negli orfanatrofi” che le ragazze stanno per lasciare per compimento della maggiore età. I trafficanti connazionali le avvicinano con “false promesse d’amore e di un futuro felice in Italia. Fanno leva sulla loro condizione di deprivazione affettiva”. Una volta portate in Italia gli stessi finti “fidanzati” saranno i carnefici che costringeranno le ragazze a prostituirsi, anche in questo caso esercitando un contro assoluto attraverso violenze inaudite.
La raccolta dati
In merito alla raccolta delle informazioni e dei dati riportati il Rapporto precisa che “benché questi dati rappresentino solo la superficie di un fenomeno per lo più sommerso, la sempre più giovane età delle vittime e la prevalenza dello sfruttamento di tipo sessuale trova conferma anche tra i 74 nuovi casi di minori che sono riusciti a uscire dal sistema di sfruttamento nel 2018 in Italia e sono stati presi in carico dai programmi di protezione istituzionale, soprattutto in Piemonte (18) e Sicilia (16). Uno su 5, infatti, non supera in età i 15 anni e lo sfruttamento sessuale riguarda quasi 9 casi su 10”.
Quindi la raccolta dei dati sul fenomeno e sulle vittime di tratta è lacunosa, perché limitata solo a quelle fuoriuscite dal sistema. Per raggiungere i dati reali del fenomeno, specifica il Rapporto, si dovrebbe creare “una struttura nazionale dedicata al coordinamento del lavoro anti-tratta dei ministeri e delle agenzie competenti che possa anche coinvolgere ulteriormente ONG, sindacati e altri membri della società civile nello sviluppo, nell’attuazione e nella valutazione delle politiche anti-tratta”.
Come affrontare il sistema
Il rapporto descrive il fenomeno della tratta degli esseri umani come un’organizzazione internazionale, “capace di adattarsi e modificare il proprio operato (ovunque lo svolga ndr) per rimanere sommerso”.
Per contrastarlo è necessario rafforzare “cooperazione con i Paesi di origine e di transito” anche perché si tratta di un crimine internazionale e transnazionale. In Italia viene auspicato il rafforzamento “dell’azione congiunta” anche con l’adozione di “protocolli e convenzioni per l’individuazione precoce della vittima di tratta” applicando un metodo che veda operare “tutti gli attori territoriali interessati, quali Forze di Pubblica Sicurezza, Enti Giudiziari, Enti Locali, Enti Gestori dei centri di accoglienza, Commissioni territoriali per il riconoscimento della protezione internazionale”.