Europa. Il DNA più antico svela l’albero genealogico perduto

Il DNA più antico mai recuperato dagli esseri umani moderni mostra che giunsero in Europa in piccoli gruppi più di 45.000 anni fa e si mescolarono con i Neanderthal, ma non lasciato discendenti.

Lo rivela uno studio pubblicato su Nature condotto dall’Istituto Max Planck per l’antropologia evolutiva e a cui hanno partecipano ricercatori dell’University of Reading e dell’ University of Bristol, entrambe britanniche.

I resti di Ranis

Lo studio svolto sul DNA antico dei resti ossei scoperti a Ranis (Germania), dimostra che  questi “primi esseri umani moderni avevano la pelle e i capelli scuri e gli occhi marroni. Si tratta di una delle scoperte più significative che dimostra come che questi esseri umani moderni e i Neanderthal già in loco, hanno avuto figli insieme tra 45.000 e 49.000 anni fa, ma non ci sono prove di incroci più recenti, come invece accade in altri gruppi umani moderni europei”, riporta il magazine dell’Università di Reading.

Alcuni degli individui erano parenti stretti, tra cui una madre e una figlia, mentre altri erano cugini più lontani. Il DNA del cranio di una donna rinvenuto a Zlatý kůň, in Repubblica Ceca, si è rivelato appartenere alla stessa famiglia allargata”

 

Nonostante fossero tra i primi esseri umani moderni in Europa, questo gruppo familiare non ha lasciato discendenti viventi.

Facevano parte di una popolazione pioniera che alla fine si estinse, rendendoli un “ramo perduto” dell’albero genealogico umano. Estraneo al primo genoma di Neanderthal sequenziato nel 2010, dal genetista svedese premio Nobel Svante Pääbo  che evidenzia  un’eredità genetica ancora oggi rintracciabile fra gli esseri umani, derivante dall’incrocio con l’Homo Sapiens.

Conservazione degli antichi frammenti ossei di Ranis,  senza precedenti

Lo zooarcheologo Geoff Smith ha studiato più di mille frammenti ossei trovati nel sito di Ranis e la ricercatrice Karen Ruebens ha contribuito a identificarli attraverso analisi di proteine ​​antiche.

“È sorprendente come questi piccoli frammenti ossei forniscano una tale ricchezza di dati. Ranis si è rivelato un vero tesoro. L’eccezionale conservazione del DNA ha offerto uno sguardo unico sui gruppi familiari del passato e sulle loro più ampie connessioni nell’Europa dell’era glaciale. Mostra un flusso e riflusso di piccoli gruppi umani durante un periodo cruciale di coesistenza tra Homo sapiens e Neanderthal” ha commentato Karen Ruebens.

Mentre per Smith il risultato dello studio è entusiasmante perché mostra le “differenze nella frequenza con cui vari gruppi di primi esseri umani moderni incontrarono i Neanderthal. È affascinante come questi primi esseri umani moderni, sulle prime furono in grado ad adattarsi a condizioni di freddo estremo, ma alla fine non ci riuscirono e si estinsero”.

Helen Fewlass, archeologa presso l’Università di Bristol, ha iniziato a lavorare al progetto Ranis mentre era al Max Planck Institute di Lipsia e ha diretto la datazione al radiocarbonio del sito, compresa la datazione diretta dei resti umani analizzati nello studio. In merito allo studio ha rilevato che “la conservazione degli antichi frammenti ossei di Ranis è senza precedenti e ci ha fornito un’enorme quantità di informazioni su queste antiche persone. Questi sono i resti più antichi della nostra specie datati direttamente che abbiamo trovato finora in Europa ed è così emozionante trovare più individui di un gruppo. I nuovi risultati del DNA ci danno incredibili spunti sulle vite di questo gruppo pionieristico”.

Lo studio continua

Ruebens e Smith stanno ora guidando un nuovo progetto presso la Reading per analizzare altri frammenti ossei della regione, per ottenere ulteriori informazioni sulla dieta e la vita di questi primi esseri umani moderni e delle loro controparti Neanderthal.

 

Immagine: Iilustrazione del gruppo Zlatý kůň/Ranis di Tom Björklund. Circa 45.000 anni fa, gli individui di Ranis in Germania e Zlatý kůň in Repubblica Ceca, probabilmente, viaggiarono insieme attraverso i paesaggi steppici aperti d’Europa. © Tom Björklund per MPI for Evolutionary Anthropology – tratta da reading.ac-uk

Potrebbero interessarti anche...

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

This site uses Akismet to reduce spam. Learn how your comment data is processed.