Concluso il II vertice di Roma sul caso Regeni
Si è concluso l’incontro, avvenuto a Roma, tra i magistrati italiani e i colleghi egiziani, iniziato l’8 settembre 2016, per un confronto sulle indagini sulla scomparsa e morte del ricercatore italiano Giulio Regeni.
La delegazione egiziana era guidata dal procuratore generale Nabeel Sadek, quella italiana dall’omologo Giuseppe Pignatone.
Al termine del vertice i due procuratori hanno emanato una nota comune nella quale si legge che l’incontro è “stato proficuo sugli elementi sin qui raccolti dai due uffici” e viene rinnovato “da parte dei due uffici a proseguire nello scambio di atti e informazioni al fine di pervenire all’obiettivo comune e cioè accertare la verità sulla morte di Giulio Regeni”.
Una volontà e un impegno, come si continua a leggere nella nota, che il procuratore egiziano Sadek è pronto a ripetere personalmente a Claudio e Paola Regeni, genitori di Giulio, nell’incontro che dovrebbe avvenire nel prossimo ottobre.
L’elemento più importante che emerge dal comunicato è l’ammissione che Giulio è stato effettivamente oggetto dell’attenzione della polizia de Il Cairo, la quale ha investigato sulla sua attività dopo aver ricevuto il 7 gennaio 2016, un esposto contro Giulio dal Capo del sindacato indipendente dei rivenditori ambulanti. Ma “all’esito delle verifiche, durate 3 giorni”, non essendo stato riscontrato alcun elemento sospetto per la sicurezza nazionale “sono cessati gli accertamenti”.
Gli investigatori egiziani non hanno consegnato i tabulati telefonici, tanto richiesti dalla Procura di Roma, ma una relazione considerata “ampia, completa e approfondita” sull’esame del traffico delle celle telefoniche, in base al quale sono stati riscontrati “nuovi soggetti” presenti sia nella zona dove Regeni si trovava il 25 gennaio 2016 al momento della sua scomparsa, sia il giorno e nel luogo del ritrovamento del suo cadavere, il 3 febbraio 2016.
In merito ai video di sorveglianza della metropolitana, presa da Giulio subito prima della sua scomparsa, anche questi richiesti ma mai ottenuti dall’Italia, dalla nota congiunta apprendiamo “che vi è un impegno comune a superare gli ostacoli tecnici che sinora hanno impedito di completare l’accertamento al fine di poter acquisire alle indagini anche gli eventuali elementi di prova contenuti nei video”.
Si è tornati a parlare sia della banda dei criminali uccisi il 24 marzo 2016, che per un certo tempo è stata fortemente sospettata dalle autorità egiziane di essere la responsabile della morte di Giulio, sia del capo della banda e del suo parente in casa del quale furono ritrovati gli effetti di Giulio, ma in quest’occasione il procuratore egiziano ha dichiarato che il loro collegamento con la sparizione e morte di Regeni è costituito solo da “deboli indizi”. Ma che comunque si continueranno “le indagini per verificare eventuali relazioni tra la banda criminale, di cui fanno parte altre persone e gli autori dell’omicidio”. E a concluso Sadek: “Continueremo a indagare sino alla scoperta dei colpevoli, senza escludere nessuna pista investigativa”.
Novità invece dalla Gran Bretagna: dopo mesi dalla richiesta della Procura italiana, sono giunti a Roma i documenti dall’Università di Cambridge, dove Giulio stava ultimando il suo dottorato di ricerca che lo aveva portato in Egitto.