Distopia e discorso utopico
L’uomo cammina con i piedi per terra e la testa in aria e la storia di ciò che è accaduto sulla terra – la storia delle città, degli eserciti e di tutte quelle cose che hanno avuto corpo e forma – è solo una metà della storia dell’uomo (L.Mumford).
Prendendo le mosse dall’analisi del concetto di utopia, unitamente all’esposizione delle linee ermeneutiche essenziali che ne hanno accompagnato la storia, il lavoro si propone di investigare alcuni orientamenti interpretativi volti ad offrire un’immagine negativa di tale fenomeno letterario.
L’indagine è svolta attraverso la disamina delle maggiori opere della distopia contemporanea: Noi di Evgenij Zamjatin, Il mondo nuovo di Aldous Huxley, 1984 di George Orwell e lo studio comparato di importanti utopie del Cinque e Seicento italiano: Il mondo savio e pazzo di Anton Francesco Doni, La città felice di Francesco Patrizi da Cherso, La repubblica immaginaria di Ludovico Agostini e La repubblica di Evandria di Ludovico Zuccolo –, finora note esclusivamente ad un esiguo numero di specialisti.
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