Marvia Malik. La giornalista transgender che vuole cambiare il destino della sua comunità

Anche nel conservatore Pakistan cambiano i costumi e cadono le barriere e così Marvia Malik , da una settimana, è la prima giornalista transessuale asiatica a condurre il notiziario notturno del network televisivo Kohenoor.  Nel Pakistan (e forse non solo) Marvia Malik sta “facendo la storia” come spera lei stessa, riscattando i transessuali dalla consueta immagine legata alla prostituzione,  all’accattonaggio e, quando va bene, alla danza in strada.
“La società sta cambiando e la gente inizia ad accettarci” ha dichiarato la giornalista Malik, riferendosi alle innumerevoli telefonate di congratulazioni e messaggi di appoggio ricevuti anche dai social network pakistani, da quando appare in tv.

Per la ventunenne Malik non è stato facile realizzare il suo sogno. Precedentemente si è imbattuta e ha dovuto superare i problemi comuni alle persone Lgbt. Da circa 18 mesi la famiglia l’ha cacciata da casa. Ancora prima, a 16 anni, è stata costretta ad abbandonare gli studi.  Ma fin da bambina si era ripromessa di non finire per la strada a ballare o a chiedere l’elemosina: la sua aspirazione era diventare una giornalista o un avvocato; dunque  ha iniziato a lavorare come truccatrice, attività che le ha permesso di riprendere gli studi e di laurearsi in comunicazione.

Nel dicembre 2017  Marvia ha risposto all’annuncio  del canale Kohenoor, nella nativa città di Lahore, che cercava giornalisti. Contro le sue più rosee attese è stata assunta lo stesso giorno del colloquio: la direzione del canale, infatti,  ha l’intenzione di dare supporto alla comunità transgender, affinché ottenga un posto onorevole nella società.

Dopo 3 mesi di apprendistato “facili come un gioco per ragazzi” e durante i quali si è sentita “come in famiglia io che una famiglia non “l’ho mai avuta”, nel marzo 2018  Marvia è andata in onda.  Poi è stata invitata ha sfilare all’evento annuale del PFDC, la Fashion Week del Pakistan, una delle principali fiere della corporazione del settore del Paese (nella foto a lato). Una celebrità insomma, ottenuta in pochi giorni, che Malik auspica sia utile per il miglioramento delle condizioni di vita della comunità transgender.

Il Pakistan islamico non offre opportunità alle persone Lgbt, le quali iniziano a subire discriminazioni prima ancora che dalla società, dalla propria famiglia. Trovandosi soli, a volte nell’impossibilità di istruirsi e formarsi, cadono facilmente nella povertà e sopravvivono ricorrendo a espedienti. Ma anche con un master in tasca, sostiene Mariva, un transessuale un lavoro non lo trova. E si ritrovano a condurre ai margini della società, una condizione che li porta a essere facili vittime di atti di violenza.

Non esistono dati ufficiali, ma secondo l’Ong Transaction Alliance nella sola provincia di Pakhtunkhwa, nel nord del Pakistan, dal 2015 a oggi sono 54 i transessuali uccisi e 400 quelli che hanno subito pestaggi.

Numeri che non hanno lasciato la politica insensibile. Nel marzo 2018 il Senato ha approvato il primo disegno di legge che garantisce ai transessuali alcuni diritti:  vieta la discriminazione nelle istituzioni educative e nei posti di lavoro;  prevede il diritto d’eredità, pone lo Stato  ad assicurare loro  opportunità di lavoro e prestiti per avviare un’attività.

Il disegno di legge, che ora è in attesa del voto definitivo del Congresso, nasce dalla sentenza del Tribunale Supremo del 2009 che ha riconosciuto l’esistenza del terzo genere, da indicare  sui documenti ufficiali; dopo 3 anni lo stesso Tribunale ha espresso la sentenza con cui riconosce l’uguaglianza dei diritti del terzo genere al pari del resto della cittadinanza e nel censo nazionale, dal 2017, è stata inclusa la categoria specifica.

Si sono registrati 10.418 transessuali su un totale di 207 milioni di pakistani.

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