Olo, colore mai visto prima, ingannando l’occhio con il laser

Olo, un colore mai visto prima, tranne dai ricercatori che lo hanno creato e che ne scrivono sul loro studio pubblicato Science Advances, e la cui metodologia potrebbe aprire a una generazioni di nuovi colori ma, soprattutto, potrebbe permettere alle persone daltoniche di vedere tonalità per loro ora inaccessibili e a fornire nuove informazioni sulla natura della vista umana e sulla sua eventuale perdita.

Si tratta di un verde che sconfina nel viola e nell’azzurro di grande intensità e con una saturazione tale da situarlo fuori dalla scala cromatica esistente.

Olo, il nuovo colore

Lo hanno battezzato Olo i ricercatori della californiana Berkeley University, che lo hanno ottenuto mediante un laser utilizzato per attivare in modo selettivo alcune cellule della retina e con il quale sono riusciti “ad ingannare l’occhio”, facendogli percepire questo nuovo colore e mettendo a punto una nuova tecnica, chiamata Oz, con la quale manipolare l’occhio umano.

Oz, la nuova piattaforma

Oz, come la descrive la stessa università californiana, funziona “utilizzando minuscole dosi di luce laser per controllare individualmente fino a 1.000 fotorecettori nell’occhio contemporaneamente. Grazie a Oz, il team è in grado di mostrare alle persone non solo un verde più sorprendente di qualsiasi cosa in natura, ma anche altri colori, linee, punti in movimento e immagini di bambini e pesci”.

Come vediamo i colori

Noi umani siamo in grado di vedere a colori grazie a tre diversi tipi di cellule foto recettrici, i ’coni’ presenti nella retina. “Ogni tipo di cono è sensibile a diverse lunghezze d’onda della luce: i coni S rilevano le lunghezze d’onda più corte, tendenti al blu; i coni M rilevano le lunghezze d’onda medie, tendenti al verde; e i coni L rilevano le lunghezze d’onda più lunghe, tendenti al rossastro – apprendiamo dall’Università. Tuttavia, a causa di una stranezza evolutiva, le lunghezze d’onda della luce che attivano i coni M ed L si sovrappongono quasi completamente. Ciò significa che l’85% della luce che attiva i coni M attiva anche i coni L”.

“Non esiste lunghezza d’onda al mondo che possa stimolare solo il cono M”, ha affermato Ren Ng, autore senior dello studio e professore di EECS all’Università della California, Berkeley -. E, quindi, ho iniziato a chiedermi come sarebbe se si potessero stimolare tutte le cellule del cono M. Sarebbe il verde più verde che abbiate mai visto?”

L’esperimento

Insomma, era possibile creare un nuovo colore stimolando in maniera specifica i fotorecettori? Per scoprirlo gli scienziati hanno pensato a utilizzare minuscole microdosi di luce laser per colpire e attivare ogni singolo fotorecettore.  In piena sperimentazione, dopo aver mappato la disposizione unica dei coni S, M. e L sulla retina di ciascun partecipante e contrassegnando la posizione e la tipologia di ogni cellula, ne hanno attivate solo alcune con le microdosi di luce laser.

Quindi hanno chiesto ai partecipanti di abbinare ciò che stavano vedendo ai colori normali. La loro risposta è stata “impossibile”. Perché era apparso il colore olo che si mostrava di gran lunga più intenso anche delle tonalità più accese e i partecipanti riuscivano a abbinare olo a colori conosciuti soltanto quando veniva sbiadito attraverso la luce bianca.

“Grazie alla mappa dei coni di un individuo, il sistema Oz può essere programmato per scansionare rapidamente un raggio laser su una piccola area della retina, inviando minuscoli impulsi di energia quando il raggio raggiunge un cono che vuole attivare, altrimenti non attivarlo.

Il raggio laser è di un solo colore, la stessa tonalità di un puntatore laser verde, ma attivando una combinazione di coni S, M e L, può ingannare l’occhio facendogli vedere immagini a colori. Oppure, attivando principalmente i coni M, Oz può mostrare alle persone il colore olo”.

Non era la prima volta che si riusciva a stimolare i singoli fotorecettori, ma era la prima in cui l’area attivata era sufficientemente grande da alterare sostanzialmente la visione, dando vita alla nuova tecnologia Oz.

Come il mago di Oz

Il nome Oz viene dal romanzo originale di Frank Baum, Il meraviglioso mago di Oz  e scelto dai ricercatori “perché era come se stessimo intraprendendo un viaggio nella terra di Oz per vedere questo colore brillante che non avevamo mai visto prima” ha concluso James Carl Fong, studente di dottorato in ingegneria elettrica e informatica, fra gli autori dello studio.

Potrebbero interessarti anche...

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

This site uses Akismet to reduce spam. Learn how your comment data is processed.