Dirigente Scolastico 3.0. Competenze in progress
Presidi-sceriffi, presidi-manager; da quando è stata instaurata la legge sull’autonomia scolastica (8 marzo 1999, n. 275), la figura del “vecchio preside”, attuale dirigente scolastico, ha subito e subisce critiche rispetto ad un’etica formativa lontana dai criteri aziendali. Ma le cose stanno veramente così?
Ne abbiamo parlato con Stefania Capogna, sociologa, esperta di e-learning, docente universitaria, attualmente impegnata nell’organizzazione del Corso di preparazione per il Concorso per Dirigente Scolastico presso la Link Campus University.
Qual è il ruolo del dirigente scolastico nella scuola dell’autonomia?
Di certo quando si parla di dirigenza scolastica si affronta un tema molto delicato, perché il quadro normativo attuale conferisce un ventaglio di poteri, competenze e responsabilità alla figura del preside per usare la vecchia definizione. Se viceversa vogliamo accostarci ad una terminologia innovativa il dirigente scolastico è un vero e proprio leader educativo che interviene e decide fra i tanti attori della filiera scolastica e formativa. Quindi ha sicuramente grandi competenze di mediazione e di gestione delle risorse umane.
Un buon dirigente deve sapersi relazionare con diverse figure e, laddove necessario, deve motivare il suo “staff”. Deve altresì attivare le sue risorse in base ad una analisi attenta dei bisogni del territorio. Si deve sottolineare che, mentre in passato la scuola era il bacino terminale del Ministero, oggi l’istituzione scolastica è più che mai inserita in una rete di interazioni collettive ed istituzionali. Donde la necessità del dirigente di com-prendere il fabbisogno territoriale e di progettare l’offerta formativa secondo una vision complessiva che integri le varie esigenze.
Possiede, inoltre, conoscenze giuridico normative dovendo affrontare una vasta materia contrattualistica. Attenzione, però, il dirigente non è un tuttologo, non sa e non può fare tutto, indubbiamente deve saper delegare scegliendo i suoi collaboratori fra le figure che incarnano le diverse professionalità e competenze (digitali, progettuali, amministrative…). Naturalmente, ogni attività è e deve restare partecipativa, ossia passare per il collegio dei docenti.
In particolare, durante il dibattitto sulla riforma della “Buona scuola” si è discusso sull’eccessivo potere dei dirigenti. Perché sono insorti molti docenti contro il dirigente sceriffo?
Purtroppo quello della scuola è un tema caldo per la sua rilevanza sociale. In effetti il mondo scolastico coinvolge tutti più o meno da vicino: ognuno di noi è stato studente, magari oggi abbiamo figli che frequentano la scuola, o siamo direttamente coinvolti in attività educative. La scuola è un terreno senza confini. Perciò, quando si parla di scuola gli animi si accendono e viene a mancare quel distacco necessario alla riflessione critica.
Senza una corretta informazione si rischia di ideologizzare ogni proposta. L’ultima riforma, poi, è naufragata nel malcontento generale sia dei docenti che dei dirigenti. In generale si può dire che si ha paura del cambiamento, così ogni ritocco e aggiustamento rende il lavoro di rinnovamento faticoso e lascia l’istruzione senza stabilità. Insomma dalla riforma 275 la scuola è un cantiere aperto.
Che cosa è cambiato dall’introduzione della legge sull’autonomia ad oggi?
Tanto e poco. Tanto ad esempio per quanto riguarda i margini d’azione come dimostra la creazione di fitte reti territoriali. Poco, per quanto concerne gli investimenti dedicati all’istruzione ancora troppo scarsi. Forse la Buona scuola prevede in tal senso qualche lieve miglioramento. Laddove l’impiego di denaro non copre le necessità, è come se si fornissero armi spuntate a chi combatte e lavora nella scuola quotidianamente.
Quali sono gli esempi di buona prassi?
Le buone prassi ci sono, ma sono diffuse a macchia di leopardo. La difficoltà consiste nel farle emergere per poi metterle a sistema. Con-dividere, questo permetterebbe di razionalizzare e trasferire le migliori pratiche. Innegabile il fatto che le singole istituzioni scolastiche si sentano abbandonate, cosicché ogni cambiamento avviene sulle proprie gambe grazie alla fatica e all’impegno di chi vi lavora. In realtà piuttosto che far ricadere tutte le responsabilità sulla scuola, bisognerebbe dare forma ad una vera e propria comunità educante in cui ognuno ha e riconosce le proprie responsabilità. Questo supporterebbe il proliferare di buone prassi.
Un dirigente scolastico del Terzo Millennio deve possedere un bagaglio ampio e trasversale di competenze, il corso di preparazione che state organizzando, quali elementi di innovazione presenta?
Si tratta di un’attività svolta online suddivisa in otto moduli. Il percorso proposto unisce le competenze dei tanti esperti che da lungo tempo lavorano al tema. Il concorso per Dirigenti scolastici è davvero molto complesso, indi per cui lo scopo della nostra iniziativa formativa è in prima battuta quello di filtrare e organizzare il materiale necessario ad affrontare le diverse prove. Seconda finalità è quella di fare in modo che quanto appreso divenga lo strumento operativo per lavorare in concreto entro le mura scolastiche.
Insomma vogliamo fornire una cassetta con tutti gli attrezzi necessari tanto a superare il concorso quanto ad espletare le funzioni di dirigenza scolastica. Per collegarci a quanto detto sopra, siamo mossi dall’ambizione di favorire il processo di costruzione di una comunità educante sempre e comunque attiva ed operante.