Joseph Nye. Il politologo del soft power

Il 6 maggio 2025 l’Harvard University ha annunciato la scomparsa di Joseph Nye,  il politologo e politico statunitense che ha coniato il fortunato termine soft power che indica come i Paesi nell’ambito delle relazioni internazionali, possano acquisire potere attraverso le loro risorse e capacità intangibili, come la cultura, i valori e le istituzioni.

Traducibile in italiano con potere dolce o convincitivo, l’illustre politologo  creò la locuzione soft power alla fine degli  anni Ottanta, partendo dall’idea che, in un mondo globalizzato, gli Stati Uniti potevano rafforzare il loro potere anche attraverso la loro immagine, creando un meccanismo di interdipendenza con  gli altri Stati (il soft power, appunto) in contrapposizione alla pratica dell’hard power (potere duro o coercitivo), come l’uso delle armi o le sanzioni economiche.

Cooptare anziché costringere

“Soft power, ovvero far sì che gli altri desiderino i risultati che desideriamo, coopta le persone anziché costringerle” spiegava Nye, il quale, come esempio ricordava la crescente influenza degli Stati Uniti in America Latina quando Franklin Roosevelt istituì una “politica di buon vicinato” o, in contrapposizione, come l’Unione Sovietica perse l’Europa orientale attraverso la brutalità, proprio mentre cresceva il potere duro di Mosca.

Nye espose la teoria del soft power per la prima volta in un articolo pubblicato da The Atlantic nel 1990 e, successivamente, nei testi  Bound to Lead: The Changing Nature of American Power (1990), Il paradosso del potere americano (2002)  e in Soft Power (2004).

Nei suoi libri, argomentando sulla sua teoria, ne riconobbe anche i limiti: “Vini e formaggi eccellenti non garantiscono l’attrazione per la Francia – ha scritto – né la popolarità dei giochi Pokémon assicura che il Giappone otterrà i risultati politici che desidera”.

Controllo degli armamenti, panafricanismo e Giappone

Professore presso la Harvard Kennedy School of Government dal 1964,  il politologo e collaboratore delle amministrazioni Clinton e Obama,  ha scritto 14 libri e oltre 200 articoli; sostenitore del neoliberismo, è un esperto nel controllo degli armamenti (soprattutto sui pericoli della diffusione delle armi nucleari), del panafricanismo e del Giappone, tanto che l’ex Presidente Barack Obama aveva preso in considerazione l’idea di nominarlo ambasciatore.

Si narra, infatti, che nel 2010  Nye, dalla pagine del New York Time, aveva criticato membri dell’amministrazione Obama per aver cercato di giocare duro con lo Stato nipponico per il trasferimento delle basi, invece di proporre “un approccio più paziente e strategico”.

Deriso da Trump

L’attuale amministrazione Trump, fautrice dell’hard power, vede ridotto il soft power degli USA, arrivando a smantellare importanti aiuti umanitari  all’estero, (fa rumore l’eventuale cancellazione dell’USAID, Agenzia degli Stati Uniti per lo Sviluppo Internazionale, che dal 1961 gestisce i finanziamenti per progetti umanitari e di cooperazione in tutto il mondo), adottando misure severe contro gli studenti internazionali e cercando di aumentare la spesa militare.

La risposta di Ney

Rispondendo all’Agence France-Presse, nel febbraio scorso, Ney critica l’attuale Presidente  affermando che “Trump non capisce davvero il potere. Pensa solo in termini di coercizione e pagamento. Confonde i risultati a breve termine con gli effetti a lungo termine. Un potere coercitivo forte (come la minaccia di dazi) può funzionare nel breve termine, ma nel lungo crea incentivi per altri a ridurre la propria dipendenza dagli States”.

Concludendo che, anche se dopo Trump gli States si “riprenderanno”, attualmente il Presidente “ha danneggiato la fiducia negli USA”.

Graham Allison, studioso di Harvard nel ricordare il collega Nye ha dichiarato che il politologo “era molto orgoglioso del suo contributo sia intellettuali sia pratico (nelle amministrazioni Carter e Clinton) alla prevenzione della guerra nucleare”.

Immagine: 2013, da sinistra il professore Joseph Nye con il dottor Robin Niblett – photo by wikimedia.org

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