Sharing economy. Facciamo un po’ di ordine
Nell’economia del futuro avrà un ruolo sempre più predominate la sharing economy, ovvero l’economia condivisa, i cui principi fondamentali si basano sul riuso più che sull’acquisto e sull’accesso più che sulla proprietà.
I concetti, probabilmente non sono nuovi, ma sono resi possibili ed estesi grazie alla tecnologia, la quale permette il contatto immediato e permanente con un vasto bacino di persone, le quali a loro volta, possono accedere al servizio o all’acquisto sempre e dovunque.
Si moltiplicano le start-up online che attraverso siti web ed App mobile (scaricabili su smartphone) creano la piattaforma che offre il servizio o il prodotto, dando così origine alla community, l’insieme degli utenti che acquistano il servizio o del prodotto. Un esempio, tra tanti, Uber con il suo servizio “taxi”.
Secondo i dati rilevati dalla TNS – azienda multinazionale leader nelle ricerche di mercato – gli italiani che conoscono l’economia condivisa sono il 70%, e nel 2015, il 17% ne ha usufruito.
A 3564. Proposta di legge
Dal punto di vista legislativo sia in Europa sia in Italia si sta provvedendo a disciplinare la condivisione, soprattutto le conseguenze lavorative quando s’incontrano o meglio, si scontrano, realtà produttive tradizionali con la quelle della nuova economia.
In Italia l’Intergruppo parlamentare per l’innovazione tecnologica ha redatto la proposta di legge, A 3564, sottoposta da marzo a maggio 2016 alla consultazione pubblica attraverso il web e, attualmente, alla Camera in corso d’esame della Commissione.
I concetti base su cui si sviluppa sono la trasparenza, l’equità fiscale, la concorrenza leale tra le imprese e la tutela dei consumatori.
L’obiettivo che si prefigge è di riconoscere, valorizzare e promuovere lo sviluppo della sharing economy, in modo da riuscire a diminuire gli sprechi, ridurre i costi e generare nuova occupazione.
Il disegno di legge, composto di 12 articoli, si snoda in 5 punti fondamentali:
1. Definizione del concetto di economia condivisa
Il ddl (disegno di legge) definisce sharing economy o economia condivisa, quell’economia “generata dall’allocazione ottimizzata e condivisa delle risorse di spazio, tempo, beni e servizi tramite piattaforme digitali”.
2. Istituzione dell’Antitrust, Registro e Documento di politica aziendale
Per controllare la regolarità delle operazioni che avvengono sulle piattaforme digitali il ddl prevede l’istituzione dell’”Autorità garante della concorrenza e del mercato” (AGCM) e al suo interno il Registro elettronico nazionale delle piattaforme, al quale dovranno iscriversi le imprese che operano nell’ambito dell’economia condivisa.
Le stesse imprese dovranno riportare all’Istat tutte le informazioni e statistiche sugli utenti e sul proprio fatturato. Per accedere al Registro le aziende dovranno stilare il documento di politica aziendale (articolo 4 del ddl) che sarà “soggetto a parere e successiva approvazione dell’Autorità”.
Il documento deve riportare le “condizioni contrattuali tra la piattaforma e l’utente, oltre alle informazioni e agli obblighi relativi a eventuali coperture assicurative. I fruitori del servizio che “si registrano nelle piattaforme digitali devono conoscere il documento di politica aziendale e sottoscriverlo esplicitamente”.
Sempre nell’articolo 4 è prescritto che le “eventuali transazioni di denaro avvengono esclusivamente attraverso il pagamento elettronico”.
Compito dell’Antitrust è vigilare sulle buone pratiche e osservanza della legge dei gestori delle piattaforme. Quest’ultimi se non iscrivono la loro attività nel Registro, verranno “diffidati e dovranno sospendere immediatamente il servizio.
Il soggetto che non si adegua nel termine indicato” subirà “una sanzione amministrativa che può arrivare fino al 25% del suo fatturato”. Sanzioni minori dall’1 al 10% del fatturato, per chi non rispetta le disposizioni espresse sul documento di politica aziendale.
La copertura economica dell’istituzione e mantenimento dell’Antitrust avverrà attraverso le stesse imprese, che verseranno l’importo stabilito dalla stessa Autorità, in percentuale al proprio fatturato relativo all’ultimo bilancio approvato dal gestore della piattaforma.
3. Fiscalità flessibile per economia condivisa non professionale
“Il reddito percepito dagli utenti operatori mediante la piattaforma digitale è denominato « reddito da attività di economia della condivisione non professionale » ed è indicato in un’apposita sezione della dichiarazione dei redditi”.
La volontà del ddl in tal senso è di “affermare i principi di equità e trasparenza, con una impostazione flessibile e diversificata”. Per questo stabilisce una demarcazione fra chi guadagna meno di 10.000 euro, considerato soggetto che svolge “una microattività non professionale a integrazione del proprio reddito da lavoro” e chi invece “lavora e opera a livello professionale e imprenditoriale a tutti gli effetti”.
I gestori delle piattaforme agiranno da “sostituti d’imposta per i redditi generati dagli utenti operatori” (ad esempio per chi guida la propria auto o la mette in condivisione): vale a dire se il reddito della “economia condivisa” non supera i 10.000 euro, i gestori “pagheranno un’aliquota fissa del 10% su tutte le transazioni”.
Quando il reddito dell’utente-operatore supera i 10.000 euro, “la somma eccedente si cumula con gli altri redditi percepiti e viene applicata la rispettiva aliquota”.
Punto saliente: i gestori che hanno la sede all’estero dovranno “dotarsi di una stabile organizzazione in Italia”.
4. Concorrenza leale, riservatezza dati dei clienti
Come abbiamo anticipato i legislatori s’impegnano nella diffusione dell’economia condivisa e nel rimuovere “eventuali ostacoli alla sua diffusione”.
Per garantire la concorrenza leale, e la tutela dei consumatori l’A 3564 fa riferimento alla “legge annuale per il mercato e la concorrenza”. Perché è necessario “un approccio regolamentare settoriale” coordinato con la normativa europea “per garantire certezza giuridica e condizioni di concorrenza eque agli operatori interessati”.
Sono specificate, invece, le disposizioni delle misure che i gestori delle piattaforme dovranno rispettare nel trattamento dei dati dei consumatori nel momento dell’eventuale cessione dei medesimi dati a terzi.
In questo caso il gestore dovrà prima comunicare all’utente entro un tempo “congruo antecedente alla cessione” le modalità e i tempi della cessione e consentire all’utente “con un solo comando o rispondendo a una comunicazione elettronica, l’eliminazione dei dati che lo riguardano”.
Al Garante per la privacy spetterà il compito di fissare i “requisiti minimi” dei termini riferiti alla comunicazione di cessione e il “funzionamento del meccanismo di eliminazione” dei dati.
5. -Compito dell’Istat
All’Istat spetta il compito di monitorare, raccogliere e analizzare i dati della piattaforma, relativi a:
– numero degli utenti;
– attività svolte;
– relativi importi:
– tipologia di beni e servizi utilizzati;
– aggregati condivisi: ” tipologia di beni e servizi utilizzati, aggregati su base comunale”.
Agevolazioni fiscali per formazione ed innovazione
Infine i legislatori decretano che le risorse finanziarie che deriveranno dall’attuazione della legge, permetteranno sia ai gestori delle piattaforme sia agli operatori la deducibilità delle spese all’iscrizione a master, corsi di formazione, di aggiornamento, congressi e convegni volte al miglioramento e allo sviluppo delle proprie “competenze digitali” fino a un massimo di 5.000 euro.
L’eventuale rimanenza sarà “destinata al finanziamento di politiche di innovazione tecnologiche e digitalizzazione delle imprese”.
Linee guida della Pubblica Amministrazione
Il Ministro dello sviluppo economico, il Ministro per la semplificazione e la pubblica amministrazione “sentite l’AGCM e l’Associazione nazionale dei comuni italiani entro i 120 giorni dall’entrata in vigore della legge emaneranno le linee guida destinate agli enti locali per valorizzare e diffondere le buone pratiche dell’economia condivisa”.
Gestori: occhio ai tempi
Stesso termine di 120 giorni anche per i gestori delle piattaforme digitali “già operanti alla data di entrata in vigore della legge” per adeguarsi alle disposizioni legislative.
Se i gestori non rispettano il tempo previsto subiranno le sanzioni pecuniarie in percentuale rispetto al proprio fatturato e la sospensione dell’attività fino all’adempimento degli obblighi previsti dalla legge.
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