Proposta di legge per volare lontano dal nido del cuculo

Disegno di legge 2233. Per volare lontano dal cuculo. Una proposta di legge che getta luce sulla situaizone del disagio psichico, ancora stigma sociale e lontano da un'autentica riabilitazione.Le idee che ho le invento soffrendole io stesso, passo passo, io scrivo soltanto ciò che ho sofferto punto per punto in tutto il mio corpo, quello che ho scritto l’ho sempre trovato attraverso tormenti dell’anima e del corpo” (Lettera di Artaud a Jean Paulhan del 10 settembre 1945)

Artaud, drammaturgo francese, con queste parole ci rammenta quanto sia drammatico e doloroso non possedere la cognizione del proprio dolore. La follia, pur condannando a gravi patii-menti, è tuttavia un modo di essere e di esistere. Una via d’accesso, uno sguardo attraverso l’uomo per com-prenderne la destinazione.

Ebbene, bisognerebbe avere rispetto e ri-dare la dignità, spesso perduta, a chi è sottoposto a continue acrobazie del pensiero, ma ancora oggi la malattia mentale è soggetta a una sorta di indifferenza collettiva che la relega ai margini del dibattito socio culturale. Una disattenzione che amplifica l’apparente illogicità che la caratterizza. Si invoca solo in casi di “apparente follia” quando ci si trova di fronte a nefandezze criminali che forse, in taluni casi, con la follia hanno una parentela lontana.

Nonostante l’internamento in manicomio sia una realtà ormai lontana, il disordine mentale continua a spaventare e, talvolta, resta inconcepibile in questo mondo apparentemente organizzato.

Così la proposta di legge la 2233, soccombendo ad un congenito silenzio parlamentare e popolare, dischiude fragili controversie vissute in maniera esclusiva da un pubblico specialistico.

Il titolo emblematico, ne esplicita già la natura e le finalità. “Norme per valorizzare, in continuità con la legge 13 maggio 1978, n. 180, la partecipazione attiva di utenti, familiari, operatori e cittadini nei servizi di salute mentale e per promuovere equità di cure nel territorio nazionale”.

Viaggio all’interno dell’iter parlamentare
La proposta di legge viene depositata formalmente nel marzo del 2014 alla Camera dei Deputati da un gruppo di esponenti del PD e di Scelta Civica. L’iniziativa parlamentare prende le mosse dalla raccolta di firme dell’Associazione “Le parole ritrovate”, costituita da medici, operatori, utenti psichiatrici e familiari. Risponde quindi alla vox populi, che troppo spesso resta silente nella nostra democrazia inflazionata.

Dopo aver aggregato oltre 40.000 firmatari, un gruppo di parlamentari capeggiati dal deputato pidino Ezio Casati sposa l’iniziativa e decide di portare la proposta in parlamento di cui ancora si discute.

Aspetti rilevanti del disegno di legge
Se ci si addentra nello spirito del disegno di legge, ci si accorge di alcuni elementi pregnanti per il trattamento sia del paziente che per i loro familiari.

Significativo, ad esempio, la proposta di inclusione nel percorso di cura, oltre che di medici e operatori, di familiari ed utenti con la finalità di valorizzarne l’infinito bagaglio esperienziale. Essenziale, dunque, considerare l’apporto di chi è in contatto con le patologie mentali come una fonte inesauribile di potenzialità riabilitative. Condividere percorsi di cura può facilitare il recupero, questo il filo conduttore che sottende la 2233.

Altri aspetti significativi sono la promozione di protocolli comuni per garantire a tutti, in ogni angolo del paese, un ausilio efficace per tempestività e valore terapeutico. Imprescindibile per un buon risultato la ridefinizione su tutto il territorio nazionale dei servizi di assistenza psichiatrica, pensati e strutturati come spazi di cura, atti all’accoglienza di chi si avvicina con un senso di vergogna pieno di dignità a richiedere un sostegno dalle molteplici sfumature. Infine, non meno importante la necessità di sostenere una reale reintegrazione della persona attraverso il reinserimento abitativo e lavorativo. Diritti imprescindibili in una democrazia moderna.

Che cosa si aggiunge di nuovo a quanto è stato fatto ad oggi

Ma come siamo arrivata alla 2233? Il percorso, sebbene silenzioso, è lungo e articolato. Partiamo dall’inizio del secolo scorso. Un excursus legislativo per fare un po’ di luce.
Legge 36 del 1904 “Disposizioni sui manicomi e sugli alienati”

L’art. 1 comma 1 stabilisce che «debbono essere custodite e curate nei manicomi le persone affette per qualunque causa da alienazione mentale, quando siano pericolose a sé o agli altri e riescano di pubblico scandalo e non siano e non possano essere convenientemente custodite e curate fuorché nei manicomi.»

Come appare evidente si tratta di una norma che promuove un sistema custodialistico attraverso il ricovero coatto che comporta la totale perdita dei diritti civili e l’iscrizione nel Casellario Giudiziario. La coercizione e la contenzione sono le uniche alternative possibili alle turbative dell’ordine sociale imputabili alla malattia mentale. La follia è sinonimo di pericolosità e viene affrontata in nome della tranquillità pubblica, piuttosto che in relazione al bene del paziente.

Il novello stato italiano, governato da Giolitti, proclama, in linea con la psichiatria dell’epoca, che  il disturbo mentale è disturbante, condannando il paziente all’isolamento, alla contenzione ed inevitabilmente, alla perdita di sé.

La persona ricoverata è in estrema sintesi un carcerato di cui è responsabile penalmente e civilmente il direttore del manicomio. Un ricovero che cronicizzava la malattia.

Una tragica stigmatizzazione della follia, con la complicità del sistema socio-assistenziale, degli organi di governo, del sentire pubblico, ben lontana da una  civile concezione della malattia e delle sue possibilità riabilitative.

Legge 436 del 1968

Per trovare una sistematizzazione normativa di tale situazione dobbiamo aspettare 60 anni per arrivare al 1968 quando si inizia una “lenta rivoluzione” del concetto di malattia mentale e relativa attuazione di cure e terapie. Si fa interprete delle esigenze di ri-generazione che lievitavano in campo medico e sociale.

La legge 436 viene definita “mini riforma” in quanto la malattia mentale comincia ad essere considerata sul piano della salute e della terapia. In questo senso l’intero impianto legislativo, istituendo una fitta rete di ambulatori e servizi di assistenza psichiatrica (Centri di Igiene Mentale, CIM), rappresenta il primo tentativo di superare il “sistema-manicomi”.

La nuova normativa stabilisce una riduzione delle dimensioni degli ospedali psichiatrici e ne regola l’organizzazione interna. In maniera del tutto innovativa apre alla possibilità del ricovero volontario come elemento migliorativo del piano terapeutico. Infine, abolisce la registrazione del paziente nel casellario giudiziario.

Il  disagio mentale viene riabilitato in una prospettiva di cura, anche se si è ancora distanti dalla tutela dei diritti del malato nell’ambito di una concezione integrativa della medicina che si affermerà negli anni a venire.

Legge 180 del 1978

La legge 180 comunemente conosciuta come Legge Basaglia segna il crollo di un muro di pregiudizi. Apre le porte dei manicomi in nome della libertà. Niente apparentemente è come prima.

Franco Basaglia, un medico, uno psichiatra, un lucido visionario che iniziò la sua rivoluzione presso l’ospedale psichiatrico di Gorizia. Una legge che fece dell’Italia un paese all’avanguardia nel campo dei disturbi mentali e rappresentò un autentico impulso per le altre nazioni.

Un ribaltamento scientifico, giuridico e socio-culturale che richiamò la stessa Corte costituzionale, la quale precisò «il trattamento dei malati di mente è stato trasformato da problema di pubblica sicurezza a problema essenzialmente sanitario o di reinserimento sociale del paziente”.

Significativo in tal senso il divieto di costruire nuovi manicomi. Di contro, la tutela della salute mentale viene garantita dalla creazione dei servizi psichiatrici territoriali con finalità di prevenzione e riabilitazione. Nello specifico si realizzano all’interno degli ospedali Servizi Psichiatrici di Diagnosi e Cura, (SPDC) per l’assistenza volontaria delle persone con disturbi importanti e di quelle sottoposte a Trattamento Sanitario Obbligatorio (TSO).

Finalmente chi è colpito da affezioni mentali può scegliere se aderire o meno a piani terapeutici, salvo casi estremi di manifestazioni acute che prevedono l’ospedalizzazione forzata.

Legge 833 del 23 dicembre 1978

Si tratta di una legge di riforma sanitaria nazionale. Ad ogni cittadino viene attribuito il diritto, in relazione alle proprie necessità, di usufruire di tutti i servizi sanitari, concorrendo al finanziamento del Servizio Sanitario Nazionale in misura proporzionale al reddito posseduto.

Tale normativa prevede la collocazione su tutto il territorio italiano di una rete di Unità Sanitarie Locali (USL), atte a garantire l’erogazione di servizi per la prevenzione e l’assistenza individuale e collettiva delle malattie fisiche e psichiche.

I servizi psichiatrici vengono integrati nel sistema sanitario nazionale. L’ Art. 33 (Norme per gli accertamenti ed i trattamenti sanitari volontari ed obbligato) prescrive che tutti gli accertamenti ed i trattamenti sanitari siano di norma volontari. Nello specifico l’Art. 34 (Accertamenti e trattamenti sanitari volontari e obbligatori per malattia mentale) stabilisce che l’art. 33 si applichi anche nei casi di trattamenti sanitari psichiatrici.

Il disturbo mentale viene considerato una malattia fra le tante ed è la legge regionale a disciplinare l’istituzione di dipartimenti con funzioni preventive, curative e riabilitative relative alla salute psichica.

Il trattamento sanitario obbligatorio per la malattia mentale può essere esperito tramite cure extra ospedaliere laddove non si verifichino alterazioni talmente gravi da richiedere misure urgenti e repentini interventi terapeutici (TSO ordinario o extra ospedaliero che si attua a seguito dell’ordinanza del Sindaco dopo la proposta motivata del medico, in ossequio all’art. 33).

Il fine sotteso a questa tipologia di trattamento domiciliare è di curare senza alterare le abitudini del paziente che tramite visite domiciliari e ambulatoriali presso il CIM intraprende il proprio percorso riabilitativo.

L’Art. 35 determina le condizioni necessarie per il TSO in regime di degenza ospedaliera: è il medico, appartenente alla struttura pubblica o privata e non necessariamente uno psichiatra, che formula la proposta e la invia al Sindaco.

Tale richiesta viene poi convalidata su richiesta del Sindaco da un altro medico, appartenente ad una struttura pubblica. Successivamente il Sindaco, esaminata la proposta e convalida, dispone il ricovero con ordinanza amministrativa volta alla tutela della salute della persona e della collettività.

L’applicazione di questo provvedimento è strettamente connessa alla manifestazione di alterazioni psichiche gravi.

Dunque, il paradigma vigente della sofferenza mentale considera finalmente l’infermità psichica alla stregua di qualsiasi altra malattia. Tuttavia le applicazioni di legge hanno avuto uno sviluppo disomogeneo sul territorio nazionale, dando origine a disparità di trattamento e cura.

Legge e società

L’iniziativa parlamentare della 2233 esprime dunque una forte esigenza socio-assistenziale sia a livello individuale e collettivo.  La breve rassegna dell’iter legislativo del disturbo mentale, seppur non esaustiva ed estremamente sintetica, ha l’obiettivo di mettere in evidenza di quanto sia forte il legame tra legislazione e bisogni socio-culturali.

In questi anni di riforme de-cantate e urlate, forse non bisognerebbe perdere di vista lo spirito della legge, che cosa sottende, a quali principi si ispira e, soprattutto, quali necessità intende normare per il benessere e la tutela della società che rappresenta.

Tutto il resto è noia.

 

Per approfondimenti

Proposta di legge 2233

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