Diaconesse. La Chiesa si apre al genio femminile
Papa Francesco ha manifestato attenzione nei confronti del ruolo delle donne all’interno della Chiesa, fin dall’inizio del suo Pontificato. Al riguardo rimane famosa la sua dichiarazione “Il genio femminile è necessario in tutte le espressioni della vita della Chiesa e della società”.
E nel trascorso 12 maggio 2016, Papa Francesco, nel corso dell’Assemblea Plenaria delle Superiori Generali degli ordini femminili, sollecitato dalle istanze delle religiose presenti, aveva espresso l’intenzione di “costituire una commissione ufficiale” che potesse studiare la questione del diaconato femminile, approfondendo il ruolo che ebbe, poi decaduto, nei primi tempi della Chiesa.
Il 2 agosto 2016 è giunta la nota della Sala Stampa della Santa Sede che annunciava la costituzione di tale commissione di studio formata da 12 membri, metà uomini e metà donne.
La presenza delle diaconesse nei documenti storici
Nella storia della Chiesa primitiva troviamo tracce della presenza attiva delle donne nelle comunità cristiane fin dai suoi primordi. È del circa 50 d.c. il famoso periodo della lettera di San Paolo ai Romani (16, 1-2) dove si legge: ”Vi raccomando Febe, nostra sorella diacono che è al servizio della Chiesa di Cencre: accoglietela nel Signore, come si addice ai santi e assistetela in qualunque cosa possa avere bisogno di voi; anch’essa infatti ha protetto molti e anche me stesso”.
Documentazioni storiche del III secolo, ci descrivono in Siria donne, definite diaconesse, che aiutavano i sacerdoti nel battesimo per immersione della donne.
La presenza delle diaconesse è confermata dalle Costituzioni Apostoliche del IV secolo, dove si fa riferimento al rito di consacrazione delle diaconesse, specificando, però che è diverso da quello degli uomini.
Ilstabilì che “le diaconesse non avendo ricevuto alcuna imposizione delle mani, devono essere annoverate senz’altro fra i laici”.
Mentre a distanza di oltre un secolo il Concilio di Calcedonia del 451 fa riferimento nuovamente alle donne diacono decidendo che “non si ordini diacono una donna prima dei quarant’anni, e non senza diligente esame. Se per caso, dopo aver ricevuto l’imposizione delle mani e avere esercitato per un certo tempo il ministero, osasse contrarre matrimonio, disprezzando con ciò la grazia di Dio, sia scomunicata insieme a colui che si è unito a lei”.
La presenza di diaconesse è ancora attestata a Roma alla fine del VIII. Dopo il X secolo le diaconesse scompaiono dai documenti storici.
Eredità storiche contraddittorie, le quali se danno per certa la presenza delle diaconesse nella Chiesa Primitiva, non accertano se il diaconato femminile corrispondesse al primo livello del ministero – che continua poi nel presbiterato e, quindi, nell’episcopato – o se fosse un ministero a se e non conduceva al sacerdozio.
Il diaconato permanente maschile
Di fatto a partire dal V secolo la Chiesa decise che il diaconato, inteso come primo grado per il ministero ordinato fosse riservato soltanto agli uomini.
Ma va tenuto conto, che lo stesso ministero del diaconato permanente maschile, a partire dal medioevo si era andato perdendo e sussisteva solo come fase di passaggio per i seminaristi nel loro percorso sacerdotale. È stato reintrodotto come ministero effettivo dal Concilio Vaticano II, quindi a partire dal 1965, come ministero destinato ai laici maschi che desiderano mettersi al servizio della Chiesa, anche se sposati con il consenso della moglie.
Gli ultimi passi. Lo stato attuale
I teologi cattolici sono propensi a credere che le donne nei primi tempi della Chiesa, oltre alla cura dei poveri, avessero il compito di amministrare alcuni riti sacramentali, soprattutto il battesimo che avveniva in età adulta e per immersione ed era, quindi, opportuno, che fossero loro ad occuparsi della aspiranti cristiane Quindi l’impiego delle diaconesse in funzioni rivolte alle donne, ma che non predicavano né erano a guida delle comunità.
Nel 2001 Joseph Ratzinger (il Papa emerito Benedetto XVI), allora prefetto della Dottrina della Fede, insieme al Prefetto del Culto Divino, il Cardinale Medina e il Prefetto del Clero, firmarono la lettera, approvata da Giovanni Paolo II, nella quale si afferma testualmente che “non è lecito” dare vita ad iniziative che conducano a “preparare candidate al ordine diaconale”.
Una decisione che suscitò polemiche e disapprovazione soprattutto da parte del mondo cattolico del Sud America, dove per la vastità del territorio ed il numero esiguo dei sacerdoti in proporzione, fa sì che siano molti i laici e, talora le suore, a portare avanti la vita delle parrocchie.
Nel 2003, sempre con Ratzinger a capo della Prefettura della dottrina della fede venne costituita la Commissione Teologica Internazionale (CTI 2003), sul tema “Il Diaconato: evoluzioni e prospettive” affiché attuasse una ricerca storico – teologica che prendesse, fra l’altro, in esame anche il significato del diaconato femminile sia nella Chiesa primitiva sia dopo il Concilio Vaticano II.
Come si legge sul testo della Commissione :”…Benché il Concilio non si sia pronunciato sul ministero diaconale femminile di cui si trova menzione nel passato, questo dev’essere studiato affinché se ne stabilisca lo statuto ecclesiale e affinché si esamini l’ attualità che gli si potrebbe riconoscere”.
Le indicazioni alle quali giunse il CTI, in merito all’ordinazione del diaconato femminile furono le seguenti 2, che riportiamo testualmente:
1 – le diaconesse di cui si fa menzione nella Tradizione della Chiesa primitiva – secondo ciò che suggeriscono il rito di istituzione e le funzioni esercitate – non sono puramente e semplicemente assimilabili ai diaconi;
2- l’unità del sacramento dell’ordine, nella chiara distinzione tra i ministeri del vescovo e dei presbiteri da una parte e il ministero diaconale dall’altra e fortemente sottolineata dalla Tradizione ecclesiale, soprattutto nella dottrina del Concilio Vaticano II e nell’insegnamento postconciliare del Ministero.
Alla luce di tali indicazioni il CTI, in merito all’ordinazione femminile e alla sua funzione attuale in seno alla Comunità Cattolica, pervenne alla conclusione “che spetterà al ministero di discernimento che il Signore ha stabilito nella sua Chiesa pronunciarsi con autorità sulla questione”.
Una porta fino ad ora socchiusa
Ci sembra di capire, quindi, che la nuova Commissione istituita da Papa Francesco, dovendo riaffrontare il ruolo che le diaconesse ebbero nella Chiesa dei primi tempi, dovrà sciogliere il nodo del CTI del 2003, il quale se da un lato aveva stabilito che la decisione spetta al “ministero del discernimento”, quindi ai vertici della Chiesa, escludendo qualsiasi motivazione teologica di diniego, dall’altra, come spiegò un comunicato stampa del Vaticano dell’epoca “non ha concluso per una possibile apertura al riguardo dell’ordinazione di donne al diaconato, ma piuttosto nella linea di un’esclusione di tale possibilità“.
Perché “la Commissione ha rilevato che le diaconesse di cui si fa menzione nella tradizione della Chiesa antica non sono semplicemente assimilabili ai diaconi”.
Una sorta di ambiguità che ha lasciato la porta socchiusa. Riuscirà Papa Francesco ad aprirla de finitamente per accogliere il “genio femminile” da lui stesso tenuto in così alta considerazione?