Si può gestire la sismicità innescata dalle attività umane?

Sebbene la maggior parte dei terremoti sia di origine naturale (causati dei movimenti delle placche tettoniche del pianeta) è noto da tempo alla letteratura scientifica che alcune attività dell’uomo sono potenzialmente in grado di indurre o innescare le scosse sismiche.

Nel 2013 lo rilevava il National Research Council, mentre nel 2014 l’ISPRA pubblicava Rapporto sullo stato delle conoscenze riguardo alle possibili relazioni tra attività antropiche e sismicità indotta/innescata in Italia ricerca, studio ed elaborazione dei dati raccolti nell’Alta Val d’Agri (Basilicata), secondo l’ENI il più grande giacimento onshore dell’Europa occidentale.

Nel 2016 l’USGS (United States Geological Survey – Agenzia scientifica governativa degli Stati Uniti) redigendo una mappa del rischio dei movimenti tellurici ha inserito la sismicità di origine antropica, ampliando, inevitabilmente le aree in pericolo.

La attività antropiche sospette

Nella lista delle attività umane sospette appaiono: i test nucleari, il lavoro minerario, la costruzione di dighe artificiali, la produzione di *energia geotermica, il riempimento d’invasi idrici e l’estrazione e/o iniezione di fluidi nel sottosuolo (per la produzione d’idrocarburi, lo stoccaggio di gas, il sequestro sotterraneo di CO2, la re iniezione delle acque di strato nel sottosuolo).

Come gestire la sismicità innescata

Sulla rivista Nature, nel luglio 2021 è apparso lo studio internazionale che propone un approccio multidisciplinare per “comprendere e gestire la sismicità innescata” e attenuare delle scosse nella Val D’Agri.

In Basilicata, precisamente a Viggiano e nei suoi pressi, si estrae petrolio dalla prima metà degli anni Novanta e oggi fornisce oltre la metà del greggio prodotto in Italia, con una media di oltre 90 mila barili estratti ogni giorno (record locale della Basilicata, registrata alla fine del 2020). Insieme al petrolio viene estratta anche l’acqua di strato, ossia salata e contaminata, rigettata nel sottosuolo (ossia reiniettata nella roccia, “senza consentire alcuno contatto con le acque superficiali o sotterranee di falda” precisa l’ENI) Lo smaltimento delle acque reflue è iniziato nel 2006 da allora fino al 2019, secondo lo studio in questione, ha portato “a circa 300 piccoli eventi sismici entro 5 chilometri dal pozzo”.

I modelli 3D di simulazione

Partendo dal quesito posto dal fisico Mirko van der Baan, accademico dell’Università di Alberta (Canada) che rimarca la possibilità di individuare la velocità di iniezione aliena nell’ innesco dell’attività sismica, il gruppo di ricerca (formato da esperti dell’ENI e dagli scienziati del Massachusetts Institute of Technology, delle università della California, del Texas e di Harvard) ha creato 2 modelli 3D di simulazione (sulla base di un ampia raccolta di fonti e dati e parametri) per prevedere da qui al 2025 l’attività tellurica della Val D’Angri conseguente a 3 livelli di iniezione di fluidi: 2.000, 2.500 e 3.000 metri cubi al giorno, giungendo alla conclusione che mantenendo il livello iniezione a 2.000 metri cubi al giorno (la quantità finora usata nella Val D’Agri) è possibile evitare l’innesco di terremoti di magnitudo elevata.

Vale a dire manterrebbe la situazione sotto controllo ma non eviterebbe la possibilità di terremoto a bassa intensità.

Le criticità delle studio

Altri punti critici dello studio li individua Giulio Di Toro – professore del dipartimento di Geoscienze dell’Università di Padova ed esperto di fisica dei terremoti – sollecitato dalla giornalista Barbara Paknazar, sulle pagine de ilbolive.unipd.it.

Per Di Toro sebbene lo studio dal punto di vista scientifico è “un lavoro eccellente”, tuttavia “è solido” soltanto per le valutazione “fatte sui primi 3-4 km di profondità, che è il livello su cui l’uomo sta intervenendo”, ma l’acqua iniettata può migrare e “non sappiamo bene cosa accada più sotto”: ossia può raggiungere le profondità associate ai terremoti naturali a magnitudo elevata.

Secondo punto gli autori prendono in considerazione un orizzonte temporale limitato, ma gli effetti di queste attività “potrebbero manifestarsi in tempi molto più lunghi”.

Infine Di Toro rileva che è “la stessa Eni ad aver finanziato lo studio. Al momento della pubblicazione la collaborazione era terminata e gli autori, quando hanno presentato l’articolo ai revisori, erano indipendenti, però,  credo che questi meccanismi debbano essere assolutamente corretti: non doveva essere Eni a pagare direttamente queste persone anche perché c’era un contratto con tutti i relativi vincoli”.

 

*energia geotermica: forma di energia termica o elettrica ricavata  dal calore presente negli strati più profondi della crosta terrestre mediante varie tecnologie  il calore terrestre applicazioni industriali, agricoli e termali, e climatizzazione (riscaldamento e rinfrescamento) degli ambiente.

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