Ti do i miei giorni di ferie. Colleghi solidali in nome della legge

Lydia e Christophe Germain

Lydia e Christophe Germain

C’è una legge in Francia, che nasce da una storia realmente accaduta e, che mette in risalto come e quanto all’interno di una comunità, se ascoltiamo il richiamo della solidarietà, riusciamo a farci reciprocamente del bene al punto tale da cambiare lo status quo della collettività tutta.

La legge, approvata in Francia nel maggio del 2014 e che porta il nome del suo protagonista Mathys, permette agli impiegati di donare i propri giorni di ferie ai colleghi con figli ammalati gravemente o in stato terminale, che hanno esaurito il proprio periodo di ferie e di congedo.

Come accadde a Christophe Germain nel 2009. Christophe aveva un figlio, Mathys, di 11 anni, colpito da un severo tumore al fegato, prossimo al trapianto dell’organo e con poche probabilità di sopravvivenza. Christophe aveva un solo desiderio, stare accanto a sua figlia Mathys, accompagnarlo alle sedute di chemioterapia e assisterlo durante il trapianto. Ma non poteva perché aveva esaurito sia i giorni di ferie sia i giorni di congedo concessi dalla legge.

Inoltre la moglie Lydia aveva ricevuto il permesso valido solo per uno dei due genitori. A sorpresa, arrivò l’iniziativa dei suoi colleghi, di donare a Christophe i giorni di ferie che ancora non avevano consumato. Iniziativa che venne approvata dalla dirigenza della società per la quale lavoravano.

E così Christophe ebbe 170 giorni di ferie in più, da poter vivere accanto a suo figlio che purtroppo morì il 31 dicembre 2009.

Da allora e per 7 anni, Christophe Germain si adoperò affinché il gesto di solidarietà dei suoi colleghi si tramutasse in una legge e si estendesse a tutti i lavoratori con figli gravemente malati.

Dalla Francia la legge Mathys arriva in Belgio

La legge Mathys non si è fermata in Francia. Ha oltrepassato i confini ed è approdata al parlamento del Belgio.  La riforma del lavoro belga, che sarà votata nell’autunno del 2016, include la possibilità di dare giorni di ferie ai propri colleghi, se in condizione analoga a quella fin qui descritta, in forma volontaria, gratuita e anonima. Una misura della riforma belga che gode del sostegno dello stesso Ministro del Lavoro, Kris Peeters e di vari partiti. Il che fa pensare che otterrà il favore della Camera e che entrerà in vigore dall’1 gennaio 2017.

La resistenza dei sindacati e dell’Associazione Famiglie Belghe

Mathys Germain

Mathys Germain

Una misura che non piace ai sindacati belgi, come d’altronde non piacque a suo tempo ai sindacati francesi. La prima motivazione del loro disaccordo deriva da un’eventuale disuguaglianza che potrebbe nascere fra i dipendenti di una grande azienda e quelli di una piccola.

Una discrepanza messa in luce nuovamente da un caso francese avvenuto nel 2015, quando un padre di una ragazza malata di tumore, che aveva esaurito i giorni a disposizione, ricevette dai suoi colleghi 350 giorni.

Un cumulo reso possibile dal fatto che erano dipendenti di una multinazionale costituita da 6.000 lavoratori nel mondo.  Che cosa accade, si chiedono i rappresentanti dei lavoratori belgi, a una persona che ha pochi colleghi? Come riesce a risolvere la sua situazione?

I sindacati, pur riconoscendo le buone intenzioni della misura, sono contrari alla sua attuazione perché, oltre a difendere la legge belga attuale, che permette l’assenza dal posto di lavoro per 48 mesi complessivi per assistere i figli minori malati, affermano che è lo Stato a dover garantire questo diritto e non i lavoratori.

Uno dei maggiori sindacati del Belgio, il CSC afferma: “La solidarietà è più efficace se applicata al massimo livello di partecipazione: più si è, più si ripartiscono gli oneri. È il principio fondamentale della previdenza sociale”.  Temono il sorgere di dilemmi che potrebbero minare il buon andamento dei rapporti fra i lavoratori, diffidando sul mantenimento dei principi imposti dalla legge, di anonimato e volontarietà.

Anche Delphine Chabbert, rappresentante dell’Associazione della Famiglie Belghe, di fronte alla nuova proposta appare esitare: da un lato riconosce la validità dell’idea che si rifà ai principi di generosità e solidarietà, per di più senza apportare costi maggiori al welfare di stato, ma dall’altro mette in risalto la precarietà di una misura che si basa soltanto sulla buona volontà dei colleghi, che loro malgrado, per sua natura, potrebbe comportare delle varianti, invece di basarsi sulla solidità che soltanto una prestazione pubblica può garantire.

Christophe Germain, il papà, nel senso più ampio del termine, della legge Mathys, esprime comprensione nei confronti delle resistenze sindacali, ma auspica che la misura venga adottata anche in Belgio, perché afferma che “lo Stato non può fare tutto, mentre situazioni di questo genere richiedono soluzioni urgenti”. E aggiunge che l’esperienza che ha vissuto in prima persona e per la quale si è battuto in Francia finché non si è tramutata in legge “sicuramente non è l’ideale, però è una delle soluzioni possibili”.

Cosa dice la legge in Italia

Disegno umo che firma contrattoLa legge italiana   consente sia ai  dipendenti pubblici sia ai privati di richiedere il congedo per gravi motivi familiari. Il congedo non è retribuito, ha la  durata massima di due anni che possono essere fruiti sia senza soluzione di continuità sia frazionati. I gravi motivi familiari riguardano (art. 433 del Codice Civile) il coniuge, i figli anche adottivi, i genitori, i generi e le nuore, i fratelli e le sorelle anche se non conviventi e i portatori di handicap parenti o affini entro il terzo grado di parentela.

I motivi del congedo

Il Decreto Ministeriale 278/2000 elenca i gravi motivi familiari per i quali è concesso il congedo:
–  la necessità per la perdita di un familiare;
– situazioni che comportano un impegno particolare del dipendente o della propria famiglia nella cura e/o nell’assistenza di familiare;
–  gravi disagi personali del dipendente stesso, escluse le malattie per le quali è previsto l’intervento della sanità pubblica.

La durata del congedo e i diritti del datore di lavoro

La durata complessiva del congedo, sempre per gravi motivi familiari non deve superare i due anni dell’intera vita lavorativa del dipendente che lo richiede, ed è fruibile anche in forma dilazionata.

Il datore di lavoro può rifiutare la concessione del congedo, proporre un suo rinvio  a periodo successivo e determinato o una concessione parziale. Ogni contro proposta del datore del lavoro deve avere come motivazione fondamentale l’impossibilità di sostituire il dipendente-richiedente, per ragioni organizzative e produttive; deve comunque motivare puntualmente le sue ragioni entro 10 giorni dalla richiesta del lavoratore.  Quest’ultimo, ha il diritto, se lo ritiene necessario, di far riesaminare il diniego del datore di lavoro nei successivi 20 giorni.

Trattamento economico e previdenziale durante il congedo

Durante il periodo di congedo, il dipendente non percepisce retribuzione, non può svolgere nessun tipo di attività lavorativa. Conserva il posto di lavoro ma il congedo non è conteggiato nell’anzianità di servizio né ai fini previdenziali. Può, però, procedere al riscatto del periodo in cui è stato assente dal lavoro, versando i relativi contributi.

Solidarietà e legislazione se unite per il bene dell’individuo possono facilitare la quotidianità dei problemi che sorgono per motivi di salute all’interno di una famiglia. Aspettiamo ora il beneplacito belga. Chissà che non si trasformi in una norma non solo nazionale, ma anche europea.

 

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