I mestieri che stanno scomparendo: lavorare e dipingere l’argilla
Con le mani l’uomo ha costruito tutto. Dall’epoca della pietra ai giorni nostri niente si fa e niente si crea senza quelle indispensabili dita che gestite dal cervello riescono a fare capolavori talvolta unici. Così i pittori, gli scultori hanno lasciato a noi, a imperitura memoria, tutto ciò che il mondo ci invidia e che la maggior parte degli italiani nemmeno conosce.
Ma ora vogliamo partire dal primo manufatto lavorato dall’uomo: l’argilla.
Visitando i musei si possono vedere esposte le primitive ciotole o vasi decorati con segni e grafiti, fatti con questo materiale, ma con il progredire dei tempi quest’arte si è affinata a tal punto che gli uomini sono riusciti a sviluppare con essa forme sempre più belle.
E questa arte sembra sia nata nelle caverne dei Balzi Rossi vicino a Finale Ligure dove sono stati trovati alcuni pezzi di epoca neolitica. Un po’ in tutta la Liguria si sviluppò questo lavoro, inizialmente con la produzione di mattoni da costruzione, poi i loggioni decorati ed infine una sottile e pregiatissima lavorazione degli oggetti di arredamento. Ecco quindi sorgere in tante cittadine le famose “fornaci” ove i vasai producevano oggetti di sicuro pregio.
Ad Albissola nel 1589 nacquero i primi statuti che chiarivano norme e criteri per distinguere l’arte “grossa” da quella “sottile” e furono così fondate le scuole che regolavano come si poteva mettere su “bottega” e scegliere i materiali da lavorare. A Porta Soprana e a Porta degli Archi si costruivano piatti e vasi di gran pregio ed ancora oggi a Genova, Savona ed in altre località si possono vedere le facciate di alcuni palazzi nobiliari istoriate con mattonelle e maioliche decorate con figurazioni di vario genere.
Con gli anni questa terra argillosa venne lavorata con sempre maggiore precisione e i disegni che venivano inseriti nelle maioliche, il più delle volte bianco-blu, entrarono in moltissime case e fecero della pavimentazione delle stanze il loro migliore arredamento.
Nacquero artisti famosi quali Giovanni Antonio Guidobono, Agostino Ratti ed il levantino Giacomo Boselli che proseguirono la strada tracciata da Baldovino da Voghera e da Giacomo da Castelnuovo autori trecenteschi di oggetti mirabili conservati nei musei più prestigiosi.
Il fascino della creta plasmata, del “biscotto” e della maiolica si sta purtroppo un poco perdendo con l’avvento del nuovo secolo, e solo qualche audace giovane tenta di intraprendere e riproporsi in quello che era il lavoro dei propri avi, e così imparare l’abilità del “torniante”, coì da sperimentare la sagomatura e poi la decorazione di un vaso e che fa parte integrante di quest’arte.
È essenziale che questi laboratori resistano nel tempo per non perdere la capacità di creare ancora quei piccoli o grandi capolavori che fanno degli italiani i maestri indiscussi di quest’arte dall’apparenza povera ma che nasconde ancora un fascino il cui pregio è quello di resistere nel tempo per chissà quanto tempo ancora.