Il primo trapianto riuscito di un rene criopreservato
Gli ingegneri e i ricercatori dell’Università del Minnesota Twin Cities attraverso una una nuova tecnica di nanowarming aprono le porte alla salvezza di tante vite umane.
Attraverso la conservazione a temperature molto base (criogenia) di un organo, un rene di un ratto nello specifico, poi riscaldato attraverso la nuova tecnica di nanowarming e trapiantato – spiega l’articolo del magazine dell’ateneo statunitense – hanno salvato la vita della cavia ripristinando totalmente la sua funzionalità renale.
Se precedentemente era stato possibile compiere interventi di piccoli elementi congelati-scongelati, come ad esempio le arterie, ora la conservazione criogenica dei reni di un ratto (possibile per un massimo di 100 giorni) e l’approccio con il nanowarming, che determina un processo di scongelamento uniforme e controllato dall’interno anziché in superficie, ha permesso per la prima volta il trapianto, riuscito, di un organo.
Finora ogni anno circa il 20% dei reni donati per i trapianti non può essere utilizzato, perché tali organi non possano essere conservati sotto ghiaccio per più di qualche ora e non raggiungono in tempo i riceventi.
Se funzionavano i metodi di crioconservazione a lungo termine, come la vetrificazione esistente da decenni, non si riusciva però a riscaldare l’elemento congelato evitandogli i gravi danni causati dal ghiaccio o dalle crepe.
Il metodo di nano warming (letteralmente, nano riscaldamento) del team dell’Università del Minnesota, utilizza nano particelle di ossido di ferro disperse in una soluzione crioprotettiva che viene scaricata attraverso i vasi sanguigni dell’organo. Le nanoparticelle di ossido di ferro agiscono come minuscoli “riscaldatori” in tutto l’organo, attivate attraverso onde elettromagnetiche non invasive.
L’esperimento come scrivono i primi due autori dello studio (pubblicato su Nature Comunication), Zonghu Han (ingegnere meccanico) e Joseph Sushil Rao (chirurgo), cinque sono stati i ratti riceventi e la cui piena funzionalità renale è stata pienamente ripristinata in 30 giorni, senza ulteriori interventi.
Il prossimo passo sarà replicare la procedura con un più grande organo di maiale.
Lo stesso sistema, sostengono i ricercatori potrà essere utilizzato anche per i trapianti umani – sebbene ci vorranno ancora diversi anni – migliorando inoltre la corrispondenza donatore/ricevente con la riduzione della necessità di farmaci immunosoppressori.
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