La via dell’immunizzazione

È la prima volta nella storia dell’immunizzazione – da quando fu introdotta dal medico e naturalista britannico Edward Jenner nel 1796 – che si ottiene un vaccino per sconfiggere un virus in così pochi mesi com’è accaduto per SARS-CoV,  trasmettitore della malattia respiratoria COVID 19.

Eppure non dovrebbe sorprenderci; il professor Rino Rappuoli, uno dei maggiori microbiologi del mondo, ci aveva avvisato. Ancora prima che l’epidemia esplodesse in Italia, il microbiologo spiegò (e abbanews.eu lo riportò) che la sequenza genetica del virus era in gran parte “già nota” ed essendo stata pubblicata sul sito GeneBank – dunque accessibile a tutti i gruppi di ricerca del mondo – la tecnica per arrivare all’elaborazione del vaccino sarebbe stata rapida. Le difficoltà, semmai, sarebbero state (saranno) altre. Autorizzazioni (ma sembra – un problema superato), produzione e distribuzione, ad esempio.

Ed eccoci qui, al 27 dicembre, dopo circa 11 mesi dall’inizio della Pandemia, a inaugurare la campagna di vaccinazione europea sotto il segno della Primula (simbolo di rinascita ideato e regalato all’operazione dall’architetto Stefano Boeri), mentre in altri Paesi, come il Regno Unito, gli Stati Uniti, la Cina e la Russia si attua già da giorni, quando non da mesi. Ed altri dell’Unione come  l’Ungheria  e la Slovacchia  non hanno rispettato la data comune ed hanno anticipato il V-day al 26 dicembre.

Il piano vaccinale

In Italia, è noto, è approdato per primo il vaccino Pzifer-BioNTech (ne giungeranno altre dosi, progressivamente, per un totale di 26,92 milioni dosi); ma come ha annunciato il ministro della Salute, Roberto Speranza, di dosi ne sono attese altre 40,38 milioni da AstraZeneca; 53,84 milioni da Johnson&Johnson; 40,38 milioni da Sanofi; 10,8 milioni da Moderna; 30,3 milioni da CureVac.

Un totale di circa 200 milioni di dosi (che perverranno man mano, in base alle autorizzazioni delle Organizzazioni di controllo dei farmaci e delle disponibilità di produzione)  a disposizione del Piano nazionale che si pone l’obiettivo – non facile – di immunizzare entro il 2021 il 90% degli italiani, su base volontaria (fonte: quotidiano sanità.it).

Al di sotto della soglia del 70% delle adesioni non si raggiungerà l’immunità di comunità.

In attesa del vaccino tutto italiano

Ma non finisce qui. In Italia si rimane in attesa del vaccino tutto italiano e universale sviluppato dall’azienda di biotecnologia ReiThera e dall’Istituto Nazionale di Malattie Infettive Lazzaro Spallanzani, e del quale s’ inizia a ipotizzare la linea di traguardo.

L’ha annunciato Franco Locatelli, presidente del Consiglio Superiore di Sanità, che ci ha fornito le seguenti notizie: il vaccino nostrano dovrebbe essere pronto entro la prossima estate  giacché terminata la fase 1 (la sperimentazione sull’uomo iniziata lo scorso 24 agosto, ndr)  “i dati sono promettenti per la sicurezza” così come “la risposta immunologica, senza differenza fra anziani e giovani, è molto buona e superiore rispetto a quella dei soggetti guariti”.

 

 

Immagine: 1) Rino Rappuoli, microbiologo; 2)  Roma, 27 dicembre 2020, parte la campagna di vaccinazione in Italia con gli altri Paesi UE, presso l’Istituto Nazionale di Malattie Infettive Lazzaro Spallanzani, centro impegnato con l’azienda biotecnologica ReiThera nell’elaborazione del vaccino italiano che dovrebbe essere pronto per l’estate 2021; 3 Roma, medici dell0 Spallanzani – (Photo: Lapresse)

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