Il cattivo sapore delle brutte azioni
E se il moralismo non fosse soltanto un preconcetto, ma avesse radici molto più profonde? La domanda sorge spontanea dinanzi ai risultati dello studio delle Università di Bologna e Messina – premiato con il Best Paper Prize 2021, durante la XII International Scientific Conference on Neuroethics – e che asserisce che dinanzi ai brutti gesti o alle azioni che riteniamo immorali, proviamo lo stesso disgusto di quando assaggiamo un cibo ributtante.
I ricercatori hanno scoperto che “di fronte a un’azione eticamente scorretta il nostro cervello inibisce i neuroni che controllano il movimento della lingua, proprio come accade quando entriamo in contatto con un cattivo sapore”.
“I risultati del nostro studio suggeriscono un’origine orale della moralità: l’impulso al rigetto evocato originariamente dal disgusto per un sapore sgradito potrebbe, infatti, essere stato cooptato per promuovere anche il rigetto delle trasgressioni morali” spiega a unibo.it Alessio Avenanti – neuroscienziato al Dipartimento di Psicologia dell’Università di Bologna (Campus di Cesena) e coordinatore della ricerca -. “Lungi dall’essere solo espressione del ragionamento e delle capacità cognitive della mente, il giudizio morale appare quindi calato in meccanismi corporei ed emozionali”.
“Da un punto di vista sensoriale, il legame tra lingua e disgusto è intuitivo poiché questo muscolo orale funziona come un organo sensoriale che codifica i sapori attraverso i recettori gustativi presenti sulla sua superficie” spiega Carmelo Vicario, professore all’Università di Messina e primo autore dello studio. “In passato avevamo già dimostrato che stimoli che inducono disgusto orale sono in grado di inibire quella parte della corteccia motoria che controlla la lingua: in questo nuovo studio abbiamo ora dimostrato che una simile inibizione neurale della lingua avviene anche quando si è esposti a una violazione morale“.
Per studiare se e in che modo avviene la relazione tra morale e disgusto e quanto dipenda da specifici meccanismi cerebrali legati a segnali corporei, gli scienziati hanno coinvolto un campione di persone alle quali sono state mostrate immagini che raffiguravano “dilemmi morali” e chiare violazioni ai codici morali, sotto l’esame della Stimolazione Magnetica Transcranica (TMS), ossia una serie di elettrodi che di volta in volta hanno registrato la risposta dei neuroni motori che controllano il movimento della lingua. Scoprendo così che più le persone erano indignate, più era inibita la capacità motoria della lingua, mentre non si registravano reazioni delle altre parti della corteccia motoria.
L’inibizione del movimento della lingua avviene quando entriamo in contatto con un sapore sgradevole, probabilmente come meccanismo di difesa sviluppato per evitare di ingerire sostanze dannose. I risultati dello studio “suggeriscono che lo stesso meccanismo di difesa potrebbe essersi adattato anche per reagire alle violazioni delle norme morali condivise”.
“Questo studio fornisce evidenze neurofisiologiche che hanno implicazioni per il dibattito filosofico tra teorie sentimentaliste e razionaliste della morale: un dibattito che sempre di più si giova del contributo di filosofi, psicologi e neuroscienziati“, conferma Giuseppe di Pellegrino, direttore del Centro studi e ricerche in Neuroscienze Cognitive dell’Università di Bologna (Campus di Cesena) e coautore dello studio.
Lo studio, al quale hanno contribuito l’University of Delaware, USA) e il tedesco Leibniz Research Centre è stato pubblicato nell’aprile 2020 sulla rivista Social, Cognitive and Affective Neurosciencecon, con il titolo Indignation for moral violations suppresses the tongue motor cortex: preliminary TMS evidence.