La gelosa in cucina

Premessa 

Liviu Rebreanu è stato chiamato creatorul al romanului românesc modern, cioè “creatore del moderno romanzo rumeno”. A me è riuscito simpatico per le storie che racconta e per la sua vita. Nato in Transilvania, figlio di Ludovica Diuganu e di Vasile Rebreanu, che era amico del poeta e traduttore George Coșbuc, si arruola come ufficiale nell’esercito austro-ungarico (in realtà, in quello ungherese, gli honvéd). Ma si sente a disagio nei panni di un honvéd: subisce l’attrattiva della vicina Romania, nella quale passa illegalmente nel 1909. Da quel momento in poi, è un letterato rumeno.

È un realista, e cerca di descrivere il mondo della Transilvania. Ha un’attenzione particolare per i temi sociali e per quelli nazionali. Ion, il più conosciuto dei suoi romanzi, è ambientato nel fittizio villaggio di Pripas (la parola significa “randagio”) presso la città non meno fittizia di Amardia. Il protagonista, Ion, è un arrampicatore sociale: vorrebbe sposare Ana, figlia di un ricco, e non potendo avere l’assenso del padre per motivi matrimoniali la rapisce e la “disonora”. Ottiene la moglie (e la dote), e per di più lei si innamora di lui – ma lui si innamora di un’altra. Dietro tutto questo traspare il tema della proprietà della terra.

Esiste un aspetto sociale anche nel breve racconto che segue, che è scanzonato e boccaccesco. Lei è l’emotiva figlia di un professore, quindi appartiene a una specie di mezza élite culturale di provincia. Lui è solo un impiegato di concetto, un contabile di banca. Un uomo che viene peraltro mostrato come onesto, lavoratore, affidabile.

Lei cade preda della gelosia, sospetta il marito di andare a letto con la domestica, e gli tende una specie di tranello per ottenere una prova incontrovertibile della sua fedifraggine (come vorrei che esistesse questa parola, è così bella!). La trappola dovrà scattare nel locale dove i fedifraghi consumano il tradimento, la cucina. Ma come dice la canzone toscana, «La mi’ moglie è una donna da poco / figurarsi, ha paura del fuoco» e quindi tiene un pompiere sotto il letto. Che cosa c’entra adesso il pompiere? Leggete e vedrete. Il racconto è un piccolo capolavoro.

Di seguito l’incipit del racconto Il divorzio

 

Liviu REBREANU

Titolo originale: Divorțul

Traduzione dal rumeno di Paolo BRERA © Paolo Brera, 2015

«Vasile mi tradisce!» diceva Laura Sorobetea, fregandosi le mani e costringendosi a trattenere le lacrime.

Non piangeva mai di fronte a lui. Meglio morire che fargli vedere che lei era infelice.

Lui detestava vedere questo e non gli importava se lei era agitata. Non era successo niente e non sarebbe successo niente, quindi bisognava lasciarlo in pace. Non capiva come qualcuno potesse essere tanto ipocrita.

Ogni tanto però anche a lui dispiaceva per l’amore che lei aveva avuto in passato. Oh, se lei avesse sospettato che sotto l’apparenza onesta e retta si nascondeva un carattere così cinico! A lei era piaciuto non soltanto il suo orgoglio maschile che si piegava di fronte a una donna amata. Lei l’aveva preso sebbene fosse un paesano, un po’ maldestro, un po’ confuso dalle maniere del mondo.

È vero che lei non aveva nessuna dote, ma era figlia di un professore, era istruita, suonava il pianoforte, conosceva un po’ di francese, insomma era una ragazza che poteva sognare, e in effetti sognava, un ufficiale, un medico, un avvocato, un ingegnere, non solo un contabile della banca Mercur come Sorobetea.  I suoi amici si erano stupiti quando l’aveva sposato… Allora, però, tutti l’avevano apprezzato. Si vedeva che era un uomo buono, competente, lavoratore… Laura non aveva mai avuto nessun motivo di essere scontenta. Vasile amava con poche parole, questo è vero, ma con tutta l’anima… aveva un cordiale paio di baffi all’inglese che a lei piacevano moltissimo. E poi due occhi scuri, pieni di luce e sempre caldi…

Un difetto ce l’aveva, Vasile. Dato che la sera cenavano sempre presto, prima di andare a dormire se ne andava al circolo per farsi una partita a bigliardo. Si capisce che all’inizio Laura aveva protestato che era brutto per lei restare sola, che era la donna più infelice della Terra… ma quando aveva visto che si trattava di un passatempo inoffensivo, si era calmata.

Sorobetea, che era un uomo molto avveduto, si era messo d’accordo con i suoi compagni di gioco per pagare tutto insieme, in modo che le sue spese non superassero mai i suoi “soldini in tasca”, come li chiamava lui, perché non spendeva un centesimo per nient’altro, dato che non beveva, non giocava a carte e non correva dietro alle donnine. Poi alle dieci in punto suonava alla porta, contento per aver vinto o depresso se aveva perso. Era la domestica ad aprirgli, perché Laura dormiva tranquilla e spesso neanche lo sentiva arrivare.

Una sera successe che Laura non riusciva ad addormentarsi. Si rigirava invano nel letto, con un libro in mano, cercando il sonno. Vennero le dieci. Appena la pendola cominciò a rintoccare, il campanello si mise a suonare.

«Meno male, Vasile è arrivato… mi passerà…»

…………….

 

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