Ventotene. Luogo della memoria per una pace imperitura
Nel 2021 saranno trascorsi 80 anni dalla prima stesura del Progetto del Manifesto di Ventotene. E il sindaco Gerardo Santomauro da tempo lavora affinché questa piccola l’isola del Tirreno che ha visto nascere la grande idea dell’Europa unita ottenga il riconoscimento di luogo della memoria, capitale ideale d’Europa, con l’annessione alle liste del Patrimonio Mondiale dell’Unesco del Manifesto e del Carcere borbonico di Santo Stefano.
L’iniziativa ha già ottenuto l’approvazione della Regione Lazio: il prossimo passo sarà la presentazione – entro il 2 novembre 2020 – del dossier per la candidatura al Ministero dei Beni Culturali e, quindi, alla Commissione Nazionale Italiana Unesco. L’ultima parola spetterà alla Commissione Europea che sceglierà, fra le candidature europee, le più meritevoli.
Per un’Europa libera e unita. Progetto d’un manifesto, così si chiamava la prima stesura del Manifesto scritta da Altiero Spinelli ed Ernesto Rossi mentre erano confinati per la loro opposizione al regime fascista nell’isola di Ventotene. Il Progetto proponeva gli ideali per l’unificazione federale dell’Europa a garanzia di una futura e imperitura pace nel Continente.
Il testo, originariamente composto da 4 capitoli, fu poi portato a 3 nel 1944 da Eugenio Colorni (anch’egli confinato) e rispettivamente intitolati: La crisi della civiltà moderna, Compiti del dopoguerra. L’unità europea e Compiti del dopoguerra. La riforma della società.
I primi 2 capitoli furono elabori da Spinelli così come parte del terzo, la cui prima parte era stata scritta da Rossi. Colorni, invece, ne scrisse la prefazione.
Il Manifesto iniziò a girare clandestinamente negli ambienti antifascisti di Roma e Milano grazie a Ursula Hirschmann (attivista socialista e moglie di Colorni), Ada Rossi (partigiana e antifascista, moglie di Ernesto Rossi) e Gigliola e Fiorella Spinelli (sorelle di Altiero), libere di andare e venire dall’isola di Ventotene.
Eugenio Colorni fece appena in tempo a farlo pubblicare nel 1944, prima di essere ucciso a Roma il 30 maggio. Si salvarono dalla violenta furia fascista Ernesto Rossi, che dopo la guerra si dedicò al giornalismo, continuò la carriera politica e morì a Roma nel 1967. E Altiero Spinelli che proseguì nel solco tracciato con il Manifesto: fu cofondatore dell’Unione dei Federalisti Europei, membro della Commissione europea, quindi deputato del primo Parlamento europeo nel 1979. Morì a Roma nel 1986.
Nel ripercorrere la genesi del Manifesto non vanno dimenticati i contribuiti delle discussioni e dei confronti avvenuti tra i suoi autori e gli altri confinati antifascisti che soggiornarono a Ventotene. Complessivamente furono circa 800 prigionieri politici.
Anche le 99 celle disposte a circolo del Carcere di Santo Stefano, dagli anni Venti del Novecento hanno visto al loro interno molti antifascisti fra cui il futuro 7° presidente della Repubblica Italiana, Sandro Pertini.
Costruito tra il 1794 e il 95 per volere di Ferdinando IV di Borbone, il centro penitenziario è stato attivo fino al 1965.
Ancora oggi è l’unico edificio della disabitata isola di Santo Stefano.