Il mondo di Barbie

La bambola simbolo della femminilità con i suoi 57 anni non rispecchia più esclusivamente un modello irreale di donna perfetta ed estremamente femminile.

La Barbie del terzo millennio non è più solo la donna dalle proporzioni perfette, ma mostra un aspetto più veritiero. Dall’alto del suo mondo di perfezione estetica si cala nella quotidianità e nella multiculturalità.

La Mattel, la casa di fabbricazione, ha annunciato che per il 2016 la bambola avrà tre nuove forme: petite, alta e formosa, sette tonalità diverse di colore di pelle e 24 distinte capigliature.

L’operazione di “marketing socio-cuturale” mira a gratificare ,come leggiamo nel The Telegraph, (quotidiano inglese) le cosiddette “millenial moms“.

Con questa espressione ci si riferisce alle donne che hanno raggiunto l’età adulta all’incirca verso il 2000, diventate un’autentica categoria sociologica a cui il ricercatore Weber Shandwick ha dedicato uno studio: “Digital Women Influencers: Millennial moms“.

Un segmento demografico importante. Il 42% delle donne intervistate ha dichiarato che il marketing odierno non è rivolto alle donne, sottolineando un vuoto che va riempito da un brillante marketing strategico.

Donne “on line” che hanno una forte influenza sul mercato, come lo dimostra il loro atteggiamento nei confronti delle Barbie: “Abbiamo notato come le “Millennials” sono guidate dalla giustizia sociale e attratte dai brand con un messaggio e determinati valori e, secondo loro, la Barbie non rientra in questo tipo di “social brand“, così dichiara Tania Missad della Mattel, responsabile dello studio dei marchi a livello globale.

Barbie e le modelle in carne e ossa, uno stesso dibattito

2016, Barbi petite, alta e formosa, sette tonalità diverse di colore di pelle

2016, Barbi petite, alta e formosa, sette tonalità diverse di colore di pelle

L’ispirazione della bambola certo non fu un emblema del femminismo. Sembra che la sua creatrice Ruth Handler prese come riferimento una bambolina tedesca “Lilli”, un dono standard che veniva offerto durante l’addio al celibato. Nel 2006, la rivista “Developmental Psychology” pubblicò una ricerca in cui si affermava che un’esposizione precoce delle bambine alla bambola-donna in un’età in piena formazione, era foriera di una maggiore preoccupazione nei confronti della magrezza – “Does Barbie Make Girls Want to be Thin? The Effect of Experimental Exposure to Images of Dolls on the Body Image of 5 to 8 Year Old Girls” di Helega Dittmar (University of Sussex) ed Emma Halliwell (University of the West of England).

Le polemiche che hanno accompagnato Barbie, con il suo ruolo di aspirazione ad un modello femminile raggiungibile per poche donne, è lo stesso che si sviluppa da anni intorno all’immagine delle modelle in carne e ossa.

Che la nostra società sia estremamente rivolta all’imposizione di una perfezione femminile che coinvolge ogni settore del marketing e della pubblicità è un fatto; gli esempi di spot pubblicitari e immagini fotografiche che utilizzano la bellezza femminile come strumento di lancio è un dato sociale e sociologico incontestabile.

Gli esperti del marketing continuano a pensare probabilmente, che il potere di acquisto giaccia nelle tasche dei pantaloni maschili. Un’inversione-conversione di tendenza forse li premierebbe.

La Barbie “formosetta”, apripista della diversità/normalità

Non sono solo le “millennials mom” ad aspirare a messaggi promozionali di caratura più eterogenea. Nei lontani anni 80 una pubblicità di un profumo femminile di una nota e recente scomparsa stilista, Krizia, narrava con forte impatto emotivo, la storia di un bambino che si invaghisce di una giovane donna, la insegue fino a casa e quando la vede tra le braccia di un uomo, scaraventa con rabbia la boccetta del profumo contro un vetro. Lo spot venne ritirato perché considerato troppo violento dal punto di vista emotivo.

Negli anni 90 spopolò letteralmente il “mini-cortometraggio” di un gruppo di impiegate che si riuniva per “l’ora della Coca Cola”, che consisteva nell’affacciarsi dalla finestra del loro ufficio per “contemplare” un avvenente operaio che gustava la sua Coca Cola, durante una piccola pausa dal lavoro. Lo spot venne contestato poiché la bellezza del modello oscurava il marchio.

Attualmente è alla ribalta lo spot narrato di Dolce e Gabbana con l’attore irlandese Colin Farrell per la regia di Paolo Sorrentino che mostra un momento intenso di incontro tra un giovane uomo e una donna dai capelli argento. Una suggestione rara nei nostri timidi e convenzionali schermi.

La Barbie “formosetta”, non particolarmente alta, è il richiamo alla bellezza della diversità ma a cui le aziende sembrano voler resistere a tutti i costi. Ovviamente è un piccolo gesto, anche frivolo, ma che offre ancora una volta, lo spunto per evidenziare (se mai ce ne fosse bisogno) della necessità vitale della diversità in ogni sua piega.

Ora aspettiamo l’evoluzione di Ken.

 

Per maggiori informazioni

MillennialMoms Summary

DoesBarbieMakeGirlsWantToBeThin

 

 

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