Sud Sudan. L’indipendenza e il dialogo interreligioso

A 10 anni dalla sua indipendenza (9 luglio 2011 – 2021) il Sud Sudan non può celebrare la data storica a causa della guerra civile scoppiata nel 2013 per la lotta di potere tra il presidente Salva Kiir, esponente dell’etnia dinka, e il suo vice Riek Machar, dell’etnia nuer, a capo della ribellione.

Nel 2018 le 2 parti hanno raggiunto un accordo di pace che prevede la spartizione dei posi di comando sia nella politica sia nelle forze armate. Il gesto ha portato a un calo delle violenze a Juba, la capitale, e nei suoi dintorni ma non nelle regioni periferiche, dove milione di persone, costrette a lasciare le loro case, soffrono d’insicurezza alimentare. Si tratta di 7, 2 milioni di persone il 60% della popolazione, come informa il rapporto che l’organizzazione internazionale Azione contro la fame ha pubblicato in occasione del decennale dell’indipendenza.

400mila sono le persone che hanno finora pagato con la vita la guerra civile. Ma questo numero, rimarca l’organizzazione, potrebbero presto aumentare a causa della riduzione dei fondi di cui dispongono le strutture umanitarie preposte per assicurare l’assistenza urgente necessitata da 6,6 milioni di sud-sudanesi. Secondo Azione contro la Fame “per fornire salvavita sufficienti a oggi c’è bisogno di 1,68 miliardi di dollari, ma attualmente meno del 30% di questo finanziamento è stato assicurato”. “La fame e la malnutrizione stanno aumentando vertiginosamente, mentre i finanziamenti diminuiscono – ha sintetizzato Sulaiman Ken Sesay, direttore nazionale di Azione contro la Fame nel Sudan del Sud, aggiungendo – a volte arriviamo troppo tardi per salvare bambini affamati”.

Ancora lo scorso 9 luglio, papà Francesco e Justin Welby, arcivescovo di Canterbury, come già fatto lo scorso Natale, hanno scritto congiuntamente ai leader del Paese africano per ricordare loro gli impegni di pace assunti in Vaticano nell’aprile 2019 (in quell’occasione papa Francesco, ricevendo a Casa Santa Marta presidente della Repubblica del Sud Sudan Salva Kiir Mayardit, e ai vice presidenti designati presenti, tra cui Riek Machar e Rebecca Nyandeng De Mabio, aveva baciato loro i piedi per chiedere la pace per il loro Paese).

E come fanno dal 2017 – ossia dalla visita storica che Francesco compì alla Chiesa Anglicana All Saints di Roma (sede della diocesi anglicana in Europa) – hanno nuovamente espresso l’intenzione di recarsi insieme nel Paese africano, in condizioni di pace. “Preghiamo perché quelle promesse plasmino le vostre azioni – scrivono Francesco e Welby – di modo che diventi possibile per noi venire in visita e celebrare di persona con voi e il vostro popolo, onorando i vostri contributi a una nazione che realizza le speranze del 9 luglio 2011”.

 

 

Immagini: 1) Sud Sudan; 2) Roma 2019, papa Francesco bacia i piedi per chiedere la pace ai presidenti del Sud Sudan ricevuti a Casa Santa Marta (Vaticano); 3) 2017,  Francesco stringe la mano a Justin Welby  nel corso della storica visita alla  Chiesa Anglicana All Saints di Roma (sede della diocesi anglicana in Europa)

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