Giù Sims dal piedistallo. Il rapporto irrisolto tra scienza ed etica
La statua di James Marion Sims, ritenuto il padre della ginecologia moderna statunitense, è stata rimossa dal suo piedistallo. Dopo le tante richieste e contestazioni dell’ultimo anno contro il medico, il 16 aprile 2018 il sindaco di New York Bill de Blasio, con l’approvazione della Commissione di progettazione pubblica ha deciso di rimuovere la statua dal centro della città per trasferirla nel cimitero dove Sims è sepolto.
Le riprovazioni nei confronti del dottor Sims (1813-1883) non rientrano nella rivisitazione dell’opinione pubblica verso i monumenti dei personaggi della guerra di secessione degli ultimi tempi, né riguardano le sue conquiste mediche, ma come le ha raggiunte. Un problema etico, dunque.
Innovatore e pioniere delle tecniche interventistiche ginecologiche, famoso anche in Europa dove ebbe modo di operare negli ospedali francesi e britannici, Sims fondò il primo ospedale femminile di New York. Una memorabile figura del passato degli Usa, quindi, fino a quando Vanessa Northington la storica della medicina della George Washington University, ha rivelato che il medico sperimentò i suoi studi, le sue intuizioni e tecniche di esecuzione cliniche sulle schiave afro americane da lui stesso acquistate, senza praticare loro nessun tipo di anestesia. Le sperimentazioni riguardavano soprattutto la tecnica che poi lo rese famoso: la chiusura delle fistole vescico-vaginali.
Prassi comune dal XVIII secolo a oggi
Ma nonostante l’onta e lo sdegno di questi giorni, James Marion Sims, in realtà, rientra nella tradizione della ricerca medica statunitense, dell’epoca e fino al XX secolo, che sperimentava teorie e trattamenti sugli afro e nativi americani.
La scrittrice Harriet A. Washington (nella foto a lato), nel suo famoso libro del 2007 Medical Apartheid The Dark History of Medical Experimentation su Black Americans, ha ripercorso la storia della sperimentazione medica praticata negli Stati Unita dalla seconda metà del XVIII secolo a oggi. La copiosa e accurata ricostruzione della Washington è divisa in 3 parti: la prima riporta la storia e/o la memoria culturale; la seconda ci racconta il presente, i casi recenti di abuso della ricerca medica; la terza e ultima parte affronta la relazione tra razzismo e medicina.
Anche dopo l’abolizione della schiavitù in tutti gli Stati Uniti (1865, approvazione del 13° emendamento della Costituzione) i pazienti afroamericani, lungi dal ricevere lo stesso trattamento dei bianchi, hanno continuato a essere usati come cavie umane. Scrive Harriet Washington che era diffusa la convinzione-giustificazione che gli esperimenti effettuati sulle comunità emarginate erano la ricompensa al sistema, per le cure che tali comunità ricevevano senza pagare. La Washington nel suo libro procede attenendosi alle documentazioni storiche e fra i tanti casi che riporta il più noto e discusso è il Tuskegee Syphilis Study, la ricerca compiuta nell’arco di 40 anni (1932-1972) su un gruppo di afroamericani: uomini che soffrivano di sifilide ai quali è stato rifiutato l’accesso alla penicillina ( universalmente usata con successo dal 1940), affinché i ricercatori potessero studiare l’evoluzione della malattia. Tuskegee è la città dell’Alabama, dove fu realizzato l’esperimento clinico dell’ United States Public Health Service, esperimento che ebbe severe conseguenze sociali, sanitarie ed economiche: la malattia, trasmettibile per via sessuale, si diffuse rapidamente contagiando anche le donne incinte di bambini che nascevano, poi, con la sifilide congenita.
Le linea cellulare immortale di Henrietta Lacks
Il tema del contorto rapporto sperimentazione-afroamericani-razzismo, ci riporta a un altro caso, reso celebre dal libro The Immortal Life of Henrietta Lacks scritto da Rebecca Skloot e pubblicato nel 2010 e dal successivo adattamento cinematografico della HBO, trasmesso in Italia da Sky Cinema nel 2017 col titolo originale tradotto: La vita immortale di Henrietta Lacks.
Henrietta Lacks (nella foto a lato) è l’afro-americana progenitrice della linea cellulare HeLa (le iniziali del suo nome), ben nota ancora oggi a chi opera nel campo della biomedicina, trattandosi di una linea cellulare di primaria importanza per le ricerche sul cancro, su altre malattie e per i progressi scientifici.
Nel 1951 la Lacks morì a 31 anni, per un cancro cervicale, presso il Johns Hopkins Hospital Institute di Baltimora (Maryland). I medici le prestarono le cure necessarie, ma prelevarono un campione dei suoi tessuti (senza il suo consenso) e si accorsero che le sue cellule tumorali si riproducevano in laboratorio anche fuori dal corpo: un fenomeno mai registrato nella storia della medicina. Da qui alla commercializzazione della linea cellulare HeLa il passo è stato brevissimo: essendo “immortale”, per la sua continua capacità riproduttiva, la linea è stata venduta agli istituti di ricerca di tutto il mondo, realizzando un’industria miliardaria, all’insaputa degli eredi di Henrietta.
Rebecca Skloot nel suo libro (nella foto a lato), ricostruisce la vita di Henrietta e la vicenda della sorprendente linea cellulare immortale, insieme a Deborah, una dei 5 figli di Henrietta, dopo aver vinto la sua iniziale diffidenza. Lo studio della linea cellulare HeLa è stato decisivo per lo sviluppo del vaccino antipolio, dei protocolli chemioterapici del trattamento del cancro, della ricerca sull’AIDS, la fecondazione in vitro e continuano a svolgere un ruolo importante nei progressi della medicina in tutto il mondo.
Oggi la famiglia Lacks, con l’accordo siglato col National Institutes of Health del 2013, ha il controllo sull’accesso degli scienziati al progetto genetico Lacks, derivato dalla linea cellulare immortale di Henrietta.