Metodo Miyawaki. Piccole e salvifiche foreste urbane crescono
Negli anni Settanta del Novecento si creavano foreste in varie parti del mondo secondo il metodo Miyawaki che prevede la rigenerazione dei terreni degradati con il ripristino della vegetazione locale. Negli ultimi tempi si torna a guardare allo stesso metodo per rimediare ai problemi ambientali di origine soprattutto antropica con la progettazione di spazi verdi urbani con piante autoctone.
Secondo le teorie del botanico giapponese Akira Miyawaki (1928 – 2021) si possono realizzare piccole – perfino mini – foreste con le specie arboree esistenti prima dell’alterazione del paesaggio causata dalle attività umane.
Piantumando le piante vicine, in modo che crescono più velocemente perché si sentono protette, si ricrea l’habitat naturale che genera quell’equilibrio originale in grado di autosostenersi e di produrre vita, ossia biodiversità in grado di esistere e resistere anche nei lembi di terra tra l’asfalto delle strade e il cemento dei palazzi. Sostanzialmente, detto a grandi linee, secondo Miyawaki in questo modo si imita il funzionamento della natura, permettendo a una foresta di 100 anni di essere ricreata soltanto tra i 10-20 anni.
L’architetta Deema Assaf crede che la Giordania, Paese con solo lo 0,03 per cento di verde, possa provvedere a tanta carenza affidandosi al metodo Miyawaki.
Impresa difficile per le alte temperature tipiche della regione e per la crescita disordinate delle citte, ma Deema Assaf con la collaborazione dell’ambientalista giapponese Nochi Motoharu, sembra riuscire nell’impresa.
Ad Amman, capitale della Giordania, l’architetta e l’ambientalista hanno coltivato 107 metri quadrati donati da una famiglia entusiasta del progetto. Sito pilota, è stato avviato nel 2018 mescolando il terreno per creare una struttura ottimale del suolo e piantando 380 alberelli di 23 specie autoctone. Tra queste il corbezzolo orientale, la quercia d’Aleppo, la quercia del monte Tabor e il pistacchio palestinese.
Nel giro di 2 anni, riferiva Euronews.com nell’autunno scorso, sembra che le giovani piante siano cresciute fino formare una fitta foresta, la prima Miyawaki nel mondo arabo, con alberi che raggiungono dai 3 ai 4 metri di altezza: un successo che ha dato impulso al progetto della coppia che di foreste, nel frattempo. ne ha create altre due.
In questo modo Deema e Nochi, pur non disponendo di un piano di recupero, salvano dall’estinzione alcune specie tipiche della Giordania .
Per questo hanno iniziato a raccoglierne i semi, a venderne gli alberelli nei vivai locali e a organizzare laboratori botanici dove i frequentatori, oltre a conoscere la flora della propria terra e ad acquistare consapevolezza sul rischio di perderla per lo scriteriato agire umano, diventano “parte della soluzione” nella protezione e conservazione della biodiversità e l’impatto del cambiamento climatico.
Immagini: 1 -2) Akira Miyawaki e l’illustrazione del suo metodo; 3) da sinistra l’ambientalista Nochi Motoharu e l’architetta Deema Assaf (foto tratta dalla pagina Facebook Sijal Institute for Arabic Language and Culture (2 dicembre 2018). In copertina Deema Assaf interviene al webinar dell’organizazione Children’s Climate Championship