Bologna. Tre premi Nobel onorano il pioniere delle macchine molecolari

I 3 premi Nobel per la Chimica 2016, Jean-Pierre Sauvage, Fraser Stoddart e Bernard Feringa, il 22 novembre 2018 hanno reso omaggio  al professore emerito Vincenzo Balzani, all’Università Alma Mater di Bologna

Pioniere della ricerca sulle macchine molecolari, il professor Balzani, nel 2016, avrebbe dovuto ricevere il Nobel insieme ai suoi colleghi ma il regolamento lo impedì.  La normativa dell’Accademia svedese prevede, infatti, che “in nessun caso il premio potrà essere diviso tra più di 3 persone”.  E a fare la selezione tra i 4, ugualmente meritevoli, fu la forza politica del sistema della ricerca di base della nazione di appartenenza.

L’indebolimento della ricerca di base italiana

La Società Chimica Italiana, infatti, in quell’occasione pubblicò un comunicato  – che era di denuncia e di appello al tempo stesso – nel quale si leggeva come l’esclusione di Vincenzo Balzani era dovuta “all’indebolimento sistematico della ricerca di base italiana, ormai giunta allo stremo delle forze dopo decenni di sottofinanziamento e regolata da sistemi di reclutamento, funzionamento e valutazione non sempre adeguati”.

Jean-Pierre Sauvage dell’Università di Strasburgo, Fraser Stoddart della Northwestern University di Evanston e Bernard Feringa dell’Università di Groningen, conquistarono l’ambito  Nobel, per aver concepito la “più piccola macchina del mondo” grazie ai loro lavori concentrati sul “movimento controllato” delle molecole, che porterà allo sviluppo di nuovi materiali, all’immagazzinamento e lo stoccaggio dell’energia e alla costruzione di dispositivi sempre più miniaturizzati.

La macchina “più piccola del mondo”, citata dalla motivazione del premio, è un motore molecolare, capace di riprodurre i movimenti che le cellule compiono in condizioni naturali, come ad esempio la contrazione muscolare dell’organismo umano.

I 3 studiosi, per portare avanti le loro indagini nel corso degli anni, hanno sempre fatto riferimento al professor Balzani, massima autorità nella conoscenza dell’interazione tra luce – fonte di energia – e molecole che sono alla base delle macchine molecolari, uno dei settori più promettenti della chimica moderna.

Primus inter pares

Dopo l’intuizione del fisico Richard Feynman negli anni ’50 del Novecento (considerato il padre delle nanotecnologie e Nobel per la Fisica), fu Vincenzo Balzani e il suo team a gettare le basi – e poi il loro consolidamento – dei concetti di base della ricerca sulle macchine molecolari, contribuendo alla realizzazione dei primi prototipi delle stesse con la collaborazione di Stoddart e Sauvage.

Correva l’anno 1987 quando venne pubblicato il primo articolo di ricerca firmato da Balzani e dal suo team. Al quale fece seguito il libro  Supramolecular Photochemistry pubblicato nel 1990, scritto da Balzani e Franco Scandola, oggi professore emerito dell’Università degli Studi di Ferrara.  Appare il nome dello scienziato  dell’Alma Mater anche nell’articolo del 1993 dove, per la prima volta, si fa riferimento alle nano macchine, chiamandole per la prima volta molecular machine. Seguono altre pubblicazioni fino a giungere al libro Molecular devices and machines del 2003 edito in inglese e tradotto in molte lingue, firmato da Balzani, Margherita Credi e Alberto Credi.

“Molte delle nano macchine citate nella motivazione del Nobel, fra le quali il celebre ‘ascensore molecolare’ non avrebbero funzionato – forse non avrebbero neppure visto la luce– senza il lavoro del gruppo di Bologna” specificava il comunicato degli Scienziati del 2016.

Siamo qui per onorare il nostro amico

I 3 Premi Nobel Sauvage, Stoddart e Feringa, a rimarcare l’importanza di Vincenzo Balzani, si sono recati all’Alma Mater di Bologna, dove, insieme al professore emerito bolognese, il 22 novembre 2018 hanno partecipato alla conferenza sulle macchine molecolari.  “Siamo qui per onore il nostro amico” ha dichiarato Feringa ai microfoni del Tgr Leonardo – Rai – Balzani ha creato una scuola di fotochimica fondamentale, della quale tutti abbiamo beneficiato”; una dichiarazione ripresa dai colleghi, Sauvage e Stoddart che, oltre a ricordare la lunga collaborazione con il professore emerito, lo hanno indicato inequivocabilmente come il “punto di riferimento della fotochimica”.  Felice e lusingato  Balzani li ha ringraziati “perché non è facile far coincidere 3 premi Nobel”   visto i loro molteplici impegni. “Sono venuti a Bologna non solo per motivi scientifici ma anche affettivi – ha proseguito il professore emerito – ci conosciamo da tanti anni”.

L’importanza dei finanziamenti europei

L’appello della Società della Chimica del 2016,  si chiudeva con queste parole “L’Italia fatica a raccogliere i frutti che merita. Auspichiamo che questa grande opportunità persa della scienza italiana, possa diventare occasione di riflessione e di cambiamento”.

La ricerca di base italiana non è stata rafforzata, il disinteresse generale nei suoi confronti perdura,  ma nel frattempo gli studi di Vincenzo Balzani sono confluiti nel Centro per le Nanostrutture Fotoattivate  (Center for Light Activated NanostructuresCLAN), il laboratorio fondato nel 2017 dall’Università di Bologna e il Consiglio Nazionale delle Ricerche (CNR), portato avanti anche grazie a ingenti finanziamenti europei.

Centro di eccellenza, il CLAN è diretto da Alberto Credi, professore ordinario dell’Ateneo di Bologna, allievo di Balzani e vincitore del  Advanced Grant assegnato dal Consiglio Europeo della Ricerca (ERC) per il suo progetto LEAPS che prevede la costruzione di macchine nanometriche azionate dall’energia solare.

E Nobel a parte, scusate se è poco.

 

Fotografie dall’alto verso il basso: 1) Vincenzo Balzani; 2) Jean-Pierre Sauvage, Fraser Stoddart e Benard Feringa, Nobel per la Chimica 2016; 4) Stoddart e Balzani; 5) Alberto Credi

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