Londra città aperta. Proposta anti Brexit

“Londra città aperta”. Tre parole, uno slogan. Che, nei tempi che viviamo rinchiusi dentro al post-Brexit, sono un flash. Un flash che sta per diventare una proposta concreta per fare di Londra un’isola no-Brexit dentro all’isola che la Brexit l’ha voluta. A ripeterle, quelle tre parole, quasi come un mantra dal giorno dopo al voto del referendum è Sadiq Khan, il sindaco laburista di Londra. Che – come ha annunciato pochi giorni fa in una intervista a SkyNews – sta lavorando ad una proposta che passi dallo slogan ai fatti, facendo di Londra una specie di porto franco antiBrexit, una città a statuto speciale nella quale continuare a vivere quasi come se quel voto non ci fosse mai stato.

“Londra città aperta” diventa, quindi, un’idea. Che nei tempi dai pensieri sprangati del post-referendum (vi ricordate, solo per fare un esempio, della proposta di schedatura anti-immigrazione dei cittadini stranieri che vivono e lavorano nel Regno messa giù – e poi frettolosamente ritirata – dal ministro degli interni Rudd, di cui vi abbiamo parlato non molti giorni fa?), sembra deflagrare come un petardo nell’ora della siesta.

sadiq-khan-3

Khan, d’altronde, non è un sindaco come tutti gli altri. È il primo figlio di immigrati a diventare major della capitale. Non solo: è il primo musulmano a sedere sullo scranno di borgomastro di una capitale europea. Ed è stato tra i politici britannici più sconvolti dopo al voto. “Siete i benvenuti qui“. Parole che suonano allo stesso tempo forti e nostalgiche, che Sadiq Khan rivolse via facebook direttamente al milione di cittadini europei che vivono nella capitale britannica poche ore dopo la vittoria del no all’Ue nel referendum sulla Brexit, assumendo quasi le fattezze di una moderna e plastica “Statua della Libertà” sulla banchina del porto di New York traslata sulle rive del Tamigi.

“Voglio mandare un messaggio molto chiaro a tutti i cittadini europei che vivono a Londra: siete più che benvenuti qui. Come città – scriveva a giugno il major musulmano – siamo grati per il vostro enorme contributo, e questo non cambierà dopo il risultato di questo referendum. Oggi sono quasi un milione i cittadini europei che vivono a Londra, e portano enormi benefici alla nostra città – lavorando duramente, pagando le tasse, lavorando nei nostri servizi pubblici e contribuendo alla nostra vita civica e culturale. Ora tutti noi abbiamo una responsabilità nel cercare di sanare le divisioni che sono emerse durante questa campagna – e focalizzarci su ciò che ci unisce, piuttosto che su ciò che divide”.

 

C’è, quindi, una forte ed evidente base morale sulla quale Khan appoggia il suo “Londra città aperta”. Di gratitudine, e giustizia. Ma non solo. Perché il primo cittadino della capitale del Regno di Sua Maestà sa, per portare a casa un qualche risultato nel confronto serrato con il governo conservatore, di aver bisogno di sponde. Sponde che ha trovato nel mondo del business, dell’economia e della finanza. La bozza del progetto per fare di Londra un porto franco anti-Brexit Khan la sta scrivendo, infatti, con loro, con gli esponenti della produzione della ricchezza.

Ecco perché l’idea di rivoluzionare la Gran Bretagna post-Brexit svuotando l’uscita dall’UE dall’interno passa attraverso un sistema di permessi di lavoro separato dal resto del Paese. Laburista e moralmente convinto che sia la cosa giusta socialmente e politicamente da fare, Khan si guarda bene dal metterla in questi termini. “Stiamo lavorando su un progetto che renderà possibile continuare a reclutare e attrarre talenti” ha infatti detto il major. Ben sapendo che avendo da lavorare su questo progetto con personaggi Brexit-convinti come il cancelliere Philip Hammond, il ministro David Davis e soprattutto il suo predecessore e ora ministro degli Esteri Boris Johnson, occorrono motivazioni più pratiche e meno ideologiche possibili.

 

Anche perché ora non gli resta che definire la cosa con il primo ministro Theresa May, che si è seduta sullo scranno di premier disarcionando David Cameron proprio per aver cavalcato la Brexit. “Stiamo parlando con i leader del business, con le aziende e i loro rappresentanti per vedere cosa possiamo fare insieme per assicurare che Londra non si veda sfuggire talenti, partnership e innovazione”. Elementi che hanno contribuito a fare della City e della capitale britannica una delle realtà più attive e cosmopolite a livello globale: nelle parole di Khan, “la più grande città del mondo d’oggi”.

“Il sistema-Londra non può fare a meno di voi” dice quindi Khan al milione di cittadini europei che in questo momento vivono, lavorano, amano, sognano e camminano nella città-mondo che è la capitale del Regno Unito. Constatazione in base alla quale Khan si appresta a disunire quel Regno che si è tuffato, suo malgrado, nella palude della Brexit.

Potrebbero interessarti anche...

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.