Vertice Climatico. Dio perdona la Natura no

Il 22 aprile si è svolto il primo giorno del Leader Summit Climate vertice sul clima organizzato dal presidente degli Stati Uniti Joe Biden in modalità digitale al quale hanno parteciperanno 40 leader dal mondo compresi gli ambientalisti, imprenditori, operatori del settore.

L’evento ha segnato il ritorno degli Usa (come già annunciato) tra la schiera dei Paesi che riconoscono gli impegni degli Accordi di Parigi: ossia fare in modo che il riscaldamento globale non superi l’1.5 C° di aumento rispetto al 1990.

Dopo la presidenza negazionista di Donald Trump, gli Usa ( il secondo inquinatori del mondo) annunciano il programma ambizioso di dimezzare le emissioni di gas serra rispetto ai livelli del 2005 ed entro il 2030, per accertare l’obiettivo di emissioni zero entro il 2050. Per il 2035 si prefisse di de carbonizzare il settore elettrico. Già ha messo al bando le nuove licenze per le trivellazioni e ha fermato la costruzione dell’oleodotto Keystone XL. Il presidente Biden si è detto consapevole che quello in corso è “decennio decisivo” che obbliga all’inversione di rotta se si vuole evitare un “disastro collettivo”; i “segnali sono inequivocabili, la scienza è innegabile e il costo dell’inazione continua a salire”.
L’impatto ambientale degli Stati Uniti è il seguente: 5,41 miliardi di tonnellate di CO2 emesse nel 2018, pertanto si le dichiarazioni di Joe Biden sembrerebbero una conseguenza logica ma c’è chi osserva che la sua programmazione ambientale deve ancora essere approvata dal Parlamento dove potrebbe trovare degli ostacoli. Dunque è presto per plaudere.

La Cina altro protagonista del vertice e primo paese inquinante al mondo è stato sincero ma ha presentato un piano preoccupante in quanto ha allunga i tempi per raggiungere l’obiettivo degli Accordi di Parigi. Il presidente Xi Jinping è favorevole ad una governance multilaterale sul cambiamento climatico ma che sia “equa, ragionevole e vantaggiosa per tutti”. Per tanto per la Cina che si considera ed è considerato tuttora un Paese in via di sviluppo è necessario ancora servirsi di centrali di carbone (servono anche ai Paesi compresi nella Via della Seta) fino al 2030 e raggiungerà zero emissioni di CO2 soltanto nel 2060. Dieci anni dopo l’anno prefissato. Va detto che la Cina contemporaneamente investe nell’energia alternativa e pulita e attribuisce all’Occidente la situazione climatica attuale.

Anche le dichiarazioni di Jan Bolsonaro, presidente del Brasile non sono state rassicuranti. Riguardo alla deforestazione illegale dell’Amazzonia sarà bandita entro il 2030: nel frattempo chiede un miliardo di dollari per ridurla del 40%. Pur aderendo all’impegno di zero emissioni entro il 2050 ha sostenuto che tale obiettivo “anticipa di 10 anni quanto precedentemente annunciato”.

Batte cassa ai Paesi ricchi anche l’India, gli ricorda il Green Climate Fund, ossia l’impegno preso di versare 100 miliardi di dollari annui per finanziare la conversione energetica.

La posizione della Russia rappresentata dal suo presidente Vladimir Putin è controversa:  il Paese oltre ad essere uno dei massimi esportatori di energie fossili, gode dei cambiamenti climatici per via dello scioglimento dei ghiacciai della regione artica che a opportunità commerciali,  offrendo sia abbondanti riserve di idrocarburi (petrolio e gas naturale) sia nuove  rotte navali.

L’Unione Europea ha espresso l’impegno già dichiarato di ridurre le emissioni del 55% entro il 2030. “La lotta contro il cambiamento climatico sarà il motore della ripresa economica” ha detto Ursula von der Leyen la presidente della Commissione, nel corso del vertice. “Nel prossimo giugno presenteremo le proposte per rendere l’Unione Fit for 55% e faremo funzionare l’Emissions Trading System anche per i trasporti e l’edilizia: la natura non può più pagare il prezzo delle emissioni”.

Per il primo ministro del Consiglio Mario Draghi “l’Italia e bellissima ma fragile. La battaglia per il cambiamento climatico è una battaglia per la nostra storia e il nostro paesaggio” e quanto fatto finora è insufficiente. “Dobbiamo avvertire la rotta e farlo subito. Vogliamo agire ora per non avere rimpianti dopo”. Mario Draghi, infine, ha ricordato la presidenza italiana del prossimo G20 per la quale ha proposto di “organizzare una riunione ministeriale sul clima ed energia” che l’Italia a luglio ospiterà a Milano 2 eventi preparatori della Cop26 di Glasgow, la conferenza annuale dell’Onu sul clima: la Pre-Cop26 e l’evento Youth4Climate, dedicato ai giovani.

Boris Johnson, annuncia che intende tagliare le emissioni del Regno Unito del 78% (contro il 68% precedentemente indicato) entro il 2035 rispetto ai livelli del 1990. Nel corso del vertice ha presenta il piano di Londra — che anticipa l’obiettivo di 15 anni. Per Johnson “non si tratta di qualche azione `politically correct´ ambientalista, si tratta di crescita e posti di lavoro”.

Per papa Francesco – del quale è noto l’impegno per l’ambiente – “è il momento di agire, siamo al limite”. La pandemia del Covid “ci ha insegnato questa interdipendenza, questo condividere il pianeta. Ed entrambe le catastrofi globali, il Covid e il clima, dimostrano che non abbiamo più tempo per aspettare. La pandemia — ha proseguito il pontefice – ci ha mostrato anche che cosa avviene quando il mondo si ferma, fa una pausa, anche se per pochi mesi. E l’impatto che ciò ha sulla natura e sul cambiamento climatico, con una forza, in un modo tristemente positivo”. Bergoglio ha rimarcato il concetto citando un antico detto spagnolo: «Dio perdona sempre, noi uomini perdoniamo di tanto in tanto, la natura non perdona più”.

Intervenuta infine Greta Thunberg, l’attivista svedese ispiratrice del movimento giovanile Fridays for Future la quale esprimerebbe soddisfazione per “ogni sforzo per proteggere le condizioni di vita attuali e future, questi obiettivi possono essere un ottimo punto di partenza” se non fosse che “sono pieni di divari e di scappatoie. Tra cui escludere le emissioni per il consumo di beni importati o l’aviazione internazionale, le spedizioni, il bruciare le biomasse… ignorando l’aspetto globale di equità e storiche emissioni” Quasi sulla linea di papa Francesco Greta ha aggiunto: “Possiamo continuare a ingannare per far finta che questi obiettivi siano in linea con quelli necessari. Possiamo ingannare le altre persone e persino noi stessi, ma non la natura e la fisica. Le emissioni restano, che scegliamo di contarle o no”.
“Questi obiettivi sono meglio di niente, ma non possiamo essere soddisfatti di qualcosa solo perché è meglio di niente. Dobbiamo andare oltre. Dobbiamo credere di poterlo fare, perché possiamo. Non so voi, ma io non mi arrenderò” ha concluso Greta.

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