La balena di plastica. Monito per il mondo intero
Un’immagine che ha fatto il giro del mondo e di cui è difficile cancellarne la memoria: la carcassa di una giovane trovata morta nel mare delle Filippine per “disidratazione e fame”, dopo avere ingerito 40 kg di sacchetti di plastica.
Il biologo marino e ambientalista Darrell Blatchley ha dichiarato alla CNN che la balena a becco di Cuvier è stata trovata “mostrando segni di essere emaciata e disidratata” e con evidenze di vomito di sangue prima che morisse”.
Blatchley, che è presidente e fondatore del D ‘Bone Collector Museum, un museo di storia naturale nella città filippina di Davao, ha dichiarato che la sua squadra aveva ricevuto la notifica del ritrovamento della carcassa della balena nei pressi Mabini, Compostela Valle. Su facebook hanno lanciato #notosingleuseplastic
Blatchley ha affermato che, nei 10 anni in cui hanno esaminato balene e delfini morti, la causa di 57 di essi sono morti a causa della spazzatura nello stomaco. Le balene ingeriscono erroneamente plastica e altri rifiuti dal mare, pensando che si tratti di cibo,
Tra i commenti sulla pagina Facebook del D Bone Collector Museum: “Questa triste realtà dei delfini che mangiano plastica non finirà finché le case e i mercati pubblici che usano la plastica si troveranno lungo le spiagge … Città di Davao si sveglia!
Il museo si pone come una ONG con lo scopo dell’educazione ambientale. Si occupa dello studio e conservazione degli animali deceduti che, in caso contrario, sarebbero stati distrutti e mai visti dal grande pubblico. Per insegnare allo stesso modo ad adulti e bambini la straordinaria fauna selvatica che esiste nel mondo.
“Noi come museo non abbiamo solo l’obiettivo di educare, ma anche di praticare ciò che predichiamo. Sappiamo tutti che è difficile eliminare l’uso di plastica in questi giorni, ma il nostro obiettivo per ora è quello di diminuirlo e contribuire a salvare ciò che possiamo ancora risparmiare“.
La necroscopia sulla balena è stata condotta domenica dal personale del Dipartimento di regolamentazione della pesca e delle risorse acquatiche – Gestione della pesca, guidato dalla dott.ssa Elaine Belvis e dal biologo marino Darrell Blatchley, proprietario del Museo del collezionista D’Bone.
Tra gli oggetti trovati nello stomaco della balena c’erano 16 sacchi di riso, un sacchetto di plastica usato nelle piantagioni di banane e borse della spesa.
Leggiamo sempre nella pagina Facebook del Museo: “ Un elenco completo degli articoli in plastica seguirà nei prossimi giorni. Questa balena aveva la più plastica che abbiamo mai visto in una balena. È disgustoso. L’azione deve essere presa dal governo contro coloro che continuano a trattare i corsi d’acqua e l’oceano come cassonetti”.
Un ringraziamento speciale viene dato agli studenti del Malayan Colleges Mindanao per averli contattati ed essersi dedicati alla pulizia delle coste, evidenziando come abbiano fatto quello che è loro possible fare in questo momento:
…”Questo non sta accadendo solo a Davao ma in tutto il mondo. E noi umani, intelligenti e abili, dovremmo pensare al miglioramento del mondo e svolgere semplici azioni come questa”.
Le acque asiatiche gonfie di plastica
L’Oceano che bagna le coste asiatiche presenta il più alto tasso di concetrazione di rifiuti plastici. Leggiamo dal sito weforum ….”Il dott. Christian Schmidt dell’ Institute Helmholtz Centre per la ricerca polare e marina, uno degli autori dello studio Export of Plastic Debris by Rivers into the Sea.( Schmidt, C., Krauth, T., Wagner, S. sull’inquinamento delle acque marine dai rifiuti plastici, effettuato nel 2017 evidenzia:
…”Più rifiuti ci sono in un bacino che non viene smaltito correttamente, più la plastica finisce nel fiume e prende questa rotta fino al mare” Analizzando i rifiuti trovati nei fiumi e nel paesaggio circostante, i ricercatori sono stati in grado di stimare che solo 10 sistemi fluviali trasportano il 90% della plastica che finisce nell’oceano. Una situazione ambientale che si riflette sull’intero ecosistema.
Otto di loro sono in Asia: lo Yangtze; Indus; Giallo; Hai He; Gange; Perla; Amur; Mekong; e due in Africa: il Nilo e il Niger. Se non si porrà rimedio a questa situazione entro il 2050 negli oceani, ci sarà più plastica che pesci.
I fiumi hano due cose in comune; una popolazione generalmente elevata che vive nella regione circostante – a volte in centinaia di milioni – e un processo di gestione dei rifiuti tutt’altro che ideale che prevede anche il carico di riciclaggio di rifiuti dall’estero.
La Cina, per esempio, l’anno scorso ha chiuso le importazioni di “spazzatura straniera”. Recentemente ha esteso il divieto ai metalli, dicendo che fermare le importazioni di rifiuti stranieri fosse “una misura simbolica per la creazione di una civiltà ecologica in Cina”.
Le Filippine sono diventate la terza più grande fonte al mondo di rifiuti di plastica nell’Oceano e sono tra i più alti tassi di raccolta di rifiuti nel Sud-Est asiatico.
Appello per i rifiuti in mare
Bottiglie di plastica, confenzioni, cannucce (una cannuccia dispersa nell’ambiente impiega 500 anni per distruggersi completamente), pacchi, abitano i mari di tutto il mondo e, il consumo responsabile, sicuramente può contribuire a diffondere una cultura produttiva diversa e a propagare un’attenzione per l’ambiente più capillare.
Proprio in questi giorni la Fondazione Cetacea ha lanciato sulla piattaforma Change. Org una petizione per i pescatori che ogni giorno raccolgono tonnellate di rifiuti dal mare, ma sono costretti a ributtarli in acqua per non pagarne lo smaltimento. Ora c’è il disegno di legge Salva-Mare che permetterà ai pescatori di pulire il mare dalla plastica senza costi di smaltimento; c’è lapossibilità che il disegno di legge venga discusso a breve.
La legge attualmente prevede che un pescatore che raccoglie i rifiuti con le proprie reti mentre è intento alla propria attività di pesca, diventa responsabile dello smaltimento e, pertanto, si ne deve occupare con risorse proprie.
Una buona pratica ci viene dalla città di Livorno, dove in 4 mesi i “pescatori spazzini” come li definisce greenreport.it, hanno rimosso 16 quintali di rifiuti dal mare, grazie al progetto Arcipelago con un protocollo d’intesa siglato a marzo tra Regione Toscana, ministero dell’Ambiente, Unicoop Firenze, Legambiente, Guarda costiera, Autorità di sistema portuale del Mar Tirreno Settentrionale, la società Labromare che gestisce la raccolta dei rifiuti nel porto, Revet che ricicla quanto possibilela cooperativa Cft e i pescatori.
Un mare di plastica non è il futuro che vogliamo offrire ai nostri figli