Il continuo esodo dei Rohingya
Continua l’esodo della minoranza musulmana Rohingya dal Myanmar e supera la quota di 500mila il numero di rifugiati arrivati in Bangladesh dalla fine di agosto 2017 ad oggi. Secondo le stime dell’UNHCR, l’Agenzia Onu per i rifugiati, il 60% della popolazione in fuga è costituito da minori.
Per l’OIM – l’Organizzazione Internazionale per le Migrazioni – il 28 settembre 2017, a seguito del naufragio di un’imbarcazione nella Bahia del Bengala, 23 rifugiati hanno perso la vita mentre 40 risultano dispersi. Joel Millman, portavoce dell’organizzazione, ha dichiarato che degli 80 passeggeri sull’ imbarcazione, 50 erano bambini e ha spiegato la dinamica dell’incidente: “Il capitano, per evitare che la barca venisse intercettata dalle pattuglie, ha ancorato la barca” ha spiegato Millman “ma la manovra si è rivelato un grave errore, perché il mare era troppo agitato”.
Il 29 settembre 2017 l’Unicef ha annunciato la progettazione di oltre 1300 centri scolastici per i bambini Rohingya; l’obiettivo è di arrivare a 1500, per istruire 200mila bambini entro il 2018. A oggi l’Organizzazione Onu per l’Infanzia gestisce 182 scuole, allestite negli accampamenti provvisori di Cox’s Bazar (Bangladesh), dove circa 15mila bambini della minoranza etnica, studiano le lingue Bengali ed Inglese, la storia del Myanmar, Matematica, Scienze e Arti, oltre a ricevere sostegno psico-sociale.
Il Fondo dell’Onu per l’infanzia ha richiamato l’attenzione della comunità internazione per raccogliere i 76 milioni di dollari, necessari ad affrontare le necessità umanitarie più urgenti per i bambini. Le risorse richieste serviranno ad ampliare la distribuzione dell’acqua potabile, migliorare le condizioni igieniche e sanitarie per i bambini contro la crescente preoccupazione per l’insorgenza di possibili epidemie o altre malattie causate dall’acqua non pulita.
In questi primi giorni di ottobre è iniziata la vaccinazione orale contro il colera per le persone più vulnerabili (minori) e recentemente arrivate, al fine di prevenire la diffusione della malattia nelle comunità ospitanti nelle aree vicine a Cox’s Bazar. Il piano di vaccinazione comprende la distribuzione di 900mila dosi ed è condotto, oltre dalle Agenzia Onu, dall’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS), dall’Ong Medici senza Frontiere e dalla Federazione Internazionale della Croce Rossa.
Nel frattempo l’esercito del Myanmar ha denunciato la morte di 28 persone dell’etnia indu, ritrovati in una fossa comune nello Stato di Rakhine (ex Arakan). L’hanno comunicato gli stessi militari sul social network il 25 settembre 2017, attribuendo la colpa all’Esercito di Salvezza Rohingya di Arakan (ARSA) che il 25 agosto 2017 ha assaltato circa 30 posti militari.
Da allora i militari dell’ex Birmania presiedono la zona e impediscono l’accesso ai mezzi d’informazione e alle organizzazioni internazionali umanitarie.
Dall’inizio della crisi di agosto, l’ARSA e le Forze Armate del Myanmar si lanciano accuse reciproche sulla violazione dei diritti umani, senza che un indipendente ente terzo possa prendere visione della realtà dei fatti.
Il risultato tangibile è la fuga continua dei Rohingya dal nord di Rakhine verso il Bangladesh per la reazione militare, considerata dall’Alto Commissario dell’Onu per i Diritti Umani, Filippo Grandi, una “pulizia etnica da manuale”.
Foto: PMA – Saikat Mojumder – from Un.org