A Valencia c’è un tifoso “per sempre”, anche (e soprattutto) se era cieco

Trepido seguo il vostro gioco/Ignari/esprimete con quello antiche cose meravigliose/sopra il verde tappeto, all’aria/ ai chiari/soli d’inverno. (da “Squadra paesana” di Umberto Saba)

VALENCIA – A Valencia, al mitico stadio Mestalla, c’è una statua. Seggiola 164, fila 15: un uomo, con gli occhiali, e il bastone, sguardo fisso verso l’alto. Una statua che è stata messa lì per raccontare una storia eccezionale.

Una storia che noi di Abba ci siamo tenuti nel cassetto fino ad oggi. Perché il Valencia quella statua l’ha inaugurata qualche mese fa, ma il momento giusto per raccontarvene è venuto adesso, nei giorni più caldi e pazzi del calciomercato europeo e mondiale.

Perché quella statua, che raffigura Vicente Navarro Aparicio, è il simbolo del calcio che ci piace. Un calcio fatto di vero amore, come quello che c’era tra Vicente e la sua squadra del cuore. Il signor Navarro Aparicio, infatti, era un semplice, accanito tifoso. La cui passione ha vinto su tutto. Anche su un tremendo distacco della retina, che lo aveva reso cieco all’età di 54 anni.

E lui, imperterrito, ha rinnovato il proprio abbonamento per altri 40 anni. Voleva “sentire le partite” dice suo figlio, che lo ha sempre accompagnato allo stadio. “Sentire”, in spagnolo come in italiano, vuol dire sia “ascoltare” che “partecipare”. E Vicente faceva entrambe le cose. E si divertiva come un matto.

Bastone in mano e occhi rivolti verso l’alto, intento a “vedere” cose che per gli altri erano solo sottofondo: il signor Vicente non sarà più presente fisicamente sugli spalti, ma la sua passione l’ha reso immortale: prima di tutto, nei ricordi di chi ha avuto il privilegio di “sentire” le partite insieme a lui (che ovviamente era diventato una sorta di mascotte della tribuna, una vera e propria celebrità del tifo); e poi nell’animo della società del Valencia, che posizionando lì la sua statua ha fatto un gesto veramente importante, del quale sarebbe interessante potergli chiedere quanto siano consapevoli.

Perché fare una cosa commovente per il proprio centenario riesce un po’ a tutti. Ma fare una cosa così, no. Perché quella statua racconta la passione per il calcio, l’appartenenza bella, il senso di partecipazione. Racconta che le palpitazioni del tifo sono e possono essere palpitazioni belle, che non si spostano (solo) a colpi di milionate, ma sono anche, e soprattutto, il calore dello stare insieme, la gioia dell’evento condiviso, la birra in mano e gli occhi al cielo dopo quel gol che non ci dimenticheremo mai più.

Vicente d’ora in poi starà lì, a ricordarci che il calcio può e deve essere questo. Che il tifo può e deve essere questo. Che la nostra passione è una loro responsabilità. Con gli occhi al cielo, e il bastone in mano, a “sentire” tutta questa meraviglia festante…

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2 Risposte

  1. Paola Barni ha detto:

    Bello l’articolo e interessante l’argomento!

  2. Pietro ha detto:

    …Quante notizie sul “calcio malato” sullo “sport usurpato!”, notizie che ci sommergono, ci avviliscono , ci intimoriscono fino a lasciarci a casa….lasciando gli spalti solo ai violenti, agli esagitati, ai tifosi peggiori! Grazie Simone per una notizia diversa, in controtendenza, bella e che ci fa ben sperare! Grazie per la speranza di poter “sentire” nuovamente il calcio per quello sport stupendo che è, o meglio, dovrebbe essere!

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