Sciascia e Camilleri. Eredità siciliana di Simenon
“Simenon ha ampiamente contraddetto la convinzione di Pirandello che la vita o si scrive o si vive: lui l’ha vissuta scrivendola e l’ha scritta vivendola… ”. Con queste parole il compianto Andrea Camilleri, recentemente scomparso, apriva il suo saggio dedicato a Georges Simenon, l’autore del commissario Maigret, segnalandolo come “l’inventore del romanzo poliziesco all’europea” e, per di più, estremamente prolifico, “una macchina per scrivere con fattezze umane”, alludendo alla capacità di Simenon di pubblicare in soli 3 anni (tra il 1923 e il 1925) oltre 700 racconti e, in seguito altri numerosissimi scritti e articoli giornalistici.
Forse un carattere compulsivo quello di Simenon, come testimonierebbe il numero altissimo delle sue amanti, sicuramente un talento letterario naturale come testimonia la nota biografica che ricorda che all’età di 8 anni era già un accanito lettore di Balzac, Conrad e Stendhal e a 16 anni collaborava col quotidiano la Gazette de Liége, dove per 3 anni si occupò di cronache locali. Un osservatorio formidabile per conoscere ogni genere di carattere umano, esperienza che a Simenon tornerà utile per i suoi futuri romanzi e famosi racconti gialli che hanno come protagonista il Commissario Maigret. Tanto è vero che a Simenon i critici, unanimemente, attribuiscono 2 peculiarità che ne fanno un innovatore del genere e che rimandano al giudizio di Camilleri che lo vuole padre del giallo europeo: l’introduzione sul palcoscenico della storia delle persone comuni inserite nell’accurata descrizione dell’ambientazione e l’approfondimento psicologico dei personaggi.
Camilleri e Simenon: Carissimo Maigret, mon cher Montalbano
La grande ammirazione di Andrea Camilleri per Georges Simenon nacque negli anni Sessanta, quando nel suo ruolo di delegato Rai si occupò della serie televisiva dedicata al Commissario Maigret (che ebbe un grande successo grazie anche al suo interprete, l’attore Gino Cervi). Lavorò accanto allo sceneggiatore (ma anche scrittore e drammaturgo) Diego Fabbri, dal quale, racconterà poi Camilleri, apprese “l’arte dello scrivere romanzi gialli”, seguendo il suo schema di “destrutturare e ristrutturare il romanzo”. E quando anni dopo “gli venne in mente” di scrivere il primo poliziesco, Camilleri si ricordò del lavoro fatto con Diego Fabbri per la sceneggiatura dei romanzi di Maigret. “Ecco il mio debito enorme nei riguardi di Simenon” diceva Camilleri al quale era grato per la sua fortuna di scrittore della serie del Commissario Montalbano, come ebbe a dire conversando con il figlio di Simenon, John, che incontrò nella sua casa romana; incontro testimoniato dal documentario Carissimo Maigret, mon cher Montalbano trasmesso a suo tempo da Sky Arte.
La conversazione tra i due finì per portare in superficie le similitudini tra Camilleri e Simenon, entrambi convinti che uno scrittore autentico per quanto soddisfatto dal numero copioso dei suoi lettori “non sta mica a sentire il pubblico”, pur essendo, indirettamente, “ricattato” dal suo personaggio di maggior successo. John, infatti, ricordava come il padre Georges, allo scoppiare della Seconda Guerra Mondiale fu costretto a rinunciare alla sua intenzione di dedicarsi ai “romanzi puri” (come definiva i non gialli), a favore del suo personaggio Maigret, spinto dal suo editore, preoccupato dalla difficoltà di approvvigionarsi della carta durante il conflitto per pubblicare i libri: un’impresa più semplice se i nuovi romanzi avessero riguardato il celebre commissario. E di rimando Camilleri riconobbe che effettivamente Montalbano “permette ai miei romanzi di restare, come si dice, in catalogo. Li tiene vivi”.
Sciascia e Simenon. Come lui solo Checov
George Simenon (1903) ha lasciato questa vita il 4 settembre 1989. Pochi mesi dopo, il 20 novembre lo seguiva Leonardo Sciascia (1921), scrittore e tante altre cose, autore, tra l’altro, di romanzi polizieschi, come il famoso Il Giorno della Civetta. La coincidenza dell’anno della dipartita e il fatto che entrambi fossero famosi autori di polizieschi hanno già portato a ricordare insieme Sciascia e Simenon.
Nel 2014 l’Università di Liegi (città natale di Simenon) dedicò un convegno al rapporto fra i due scrittori. Siciliano e giallista come Camilleri, nel corso della sua attività d’intellettuale a tutto tondo, Sciascia si era spesso occupato di Simenon. Nel corso del convegno dell’Università di Liegi, Paolo Squillacioti, il maggior studioso di Sciascia, presentò il proprio saggio Tra sonno e veglia. Gli scritti di Sciascia su Simenon, nove articoli dello scrittore siciliano dedicati al collega belga scritti dal 1954 al 1983. In uno di questi Sciascia scriveva di Simenon “Il vedere gli uomini e l’amarli si possono considerare come qualità peculiari di Simenon: qualità che permettono allo scrittore di giungere alla verità dell’uomo, così come a Maigret permettono di giungere alla soluzione di un caso” e ancora “Non c’è, dopo Checov, scrittore che ami così profondamente, così minutamente, così religiosamente la vita e gli uomini come Geroges Simenon”.
Camilleri e Sciascia. Ma perché non lo scrivi tu?
Ancora una volta fu il lavoro alla Rai che portò Andrea Camilleri ha conoscere Leonardo Sciascia: il primo chiese al secondo di “stendere la traccia di uno sceneggiato”. I due seguitarono a collaborare con altre esperienze di scrittura televisiva e teatrale finché il loro rapporto si tradusse in amicizia non quieta, con duri confronti sfociati in litigi, ma sempre risaldata. D’altronde, narrava ancora Camilleri, quando propose a Sciascia di scrivere un romanzo storico sulla prima strage di mafia (portandogli tutta la documentazione che aveva raccolto) si sentì rispondere dal conterraneo “Ma perché non lo scrivi tu?!”. E Camilleri si mise all’opera. Nacque Digressioni su una doppia strage che, ancora Camilleri ricorda in Elvira ed io (in La memoria di Elvira, Sellerio ed.), a Leonardo Sciascia piacque al punto da dirgli “che l’avrebbe fatto avere ad Elvira Sellerio per la pubblicazione “. E “la prima cosa che Elvira mi disse fu che il titolo non le piaceva per niente e che l’avrebbe chiamato La strage dimentica. Non feci nessuna obiezione perché quello era il titolo giusto”.
L’auspicio del numero 9
Andrea Camilleri e Leonardo Sciascia, nell’onda di Georges Simenon, pur con le loro peculiarità ma accumunati dalla passione per la vita e per l’umanità e dal numero 9 (ripetuto negli anni della loro scomparsa), il quale, per chi crede nella simbologia, significa gestazione, generazione, rincarnazione. Aspettando, allora, fiduciosi i loro eredi.
Fotografie dall’alto: 1) Georges Simenon; 2) in senso orario – Georges Simenon, Andrea Camilleri, Luca Zingaretti (interprete di Montalbano), Gino Cervi (interprete di Maigret); 3) Leonardo Sciascia); 4 da sinistra, Sciascia e Camilleri