Scrivere per vivere: una guida – incompleta – all’editoria

Scrivere come lavoro. Come passo con il quale autodeterminarsi. Eh ma, come fare? Come fare a tirar fuori lo scrittore che è in noi, portare alla luce del Sole il manoscritto di una vita e farlo conoscere?

Ecco: ce lo siamo chiesto per voi e con voi. Perché lo abbiamo detto qualche tempo fa proprio qui su abba: gli italiani sono un popolo di scrittori. Ogni anno vengono irrorati sul mercato dell’offerta editoriale qualcosa come 60mila nuovi titoli. Una cifra piuttosto abnorme, considerando che – al contempo – nel medesimo nostro Bel Paese la spesa in lettura media procapite mensile è di appena 11 euro…

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Quindi: la “torta” è proporzionalmente piccola, e le bocche che ne vorrebbero assaggiare un pezzettino sono tantissime. Ovvero: quelli che – appunto – vorrebbero scrivere come lavoro sono molti. Abbiamo immaginato di averne anche tra i nostri lettori. E, quindi, vogliamo cominciare con questo articolo a fornirgli qualche consiglio colto qua e là nella rete, nell’esperienza personale e nei discorsi.

Scrivere per chi?

Prima di tutto è di primaria importanza immaginare con molto raziocinio e attenzione quale sia l’uditorio che si vuole incontrare. Scrivere è un’attività che spesso rischia di diventare autoreferenziale, e questo nuoce gravemente alla probabilità di diffusione di quanto scritto. Ecco che allora è importante accendere il computer, aprire il nostro programma di videoscrittura e pensare con molta attenzione a quale sia l’archetipo o gli archetipi di lettore che vogliamo soddisfare.

viverediscrittura4Vogliamo scrivere per quelli come noi? Per i giovani? Per i maturi? Per una nicchia o per chiunque? Per quelli come la nostra mamma? Per quelli come il nostro nonno? O per i nipotini? Per gli impegnati della politica? O per i menefreghisti contemporanei? Ecco, questa è la prima cosa da decidere. Immaginandoci sempre quel che scriviamo letto dal nostro lettore-obiettivo, quel che si scrive assume contorni più netti, e più facili poi da promuovere.

Scrivere per l’editoria tradizionale?

La diffusione di quanto scriviamo è anch’essa una professione: da che mondo è mondo, si chiama editoria. Il problema è che il panorama editoriale italiano – ed europeo, e occidentale, e direi pure mondiale – è in crisi nera. Soldi ne circolano pochi, e di quei pochi quelli investibili su uno scrittore sconosciuto sono praticamente pari a zero. Quindi, rivolgersi al sistema editoriale “normale” (piccoli, piccolissimi, medi o grandi editori) significa elemosinare attenzione, più che intraprendere una professione. Ed ecco perché chi vuole pubblicare il proprio libro – oggi in Italia – quasi mai viene pagato.

Advertising sign on wooden post --- Image by © Royalty-Free/Corbis

Spesso le piccole case editrici chiedono all’autore di acquistare qualche centinaio di copie con cui, in realtà, coprono le spese di stampa. Quindi non corrono mai rischi. L’autore spesso paga dai 700 a 2000 euro per acquistare 500 o 1000 copie. In pratica, è l’autore stesso a fare da primo lettore, diffusore, compratore e venditore della propria opera. Questa è – purtroppo – una regola piuttosto diffusa e condivisa da molti, moltissimi operatori del settore. Ma non tutti. Quindi: potrebbe anche essere un’idea bussare ad ogni porta ci si pari dinanzi, e sperare di trovare quella giusta che, per aprire, non ci chieda uno stipendio intero di investimento iniziale. E che si interessi davvero a noi.

 

Scrivere e autopubblicarsi?

Se questo non dovesse accadere, ecco allora che nei tempi ipermediatizzati e informatizzati che viviamo pare venire in soccorso come se fosse una soluzione a tutti i nostri problemi il self-publishing, ovvero, l’autopubblicazione attraverso strumenti online di aggregazione di interessi. Anche qui, purtroppo, la selva è oscura. Molti strumenti di autopubblicazione non chiariscono troppo bene quale sia la vera e propria retribuzione per l’autore.

viverediscritturaUn esempio di poca chiarezza è il celeberrimo www.ilmiolibro.it, la piattaforma del gruppo ‘l’Espresso’ che fa sognare tanti autori nostrani ma che spesso riserva sorprese. Più chiaro è, ad esempio, youcanprint, un progetto completamente made in Italy che riserva all’autore il 20% del prezzo di copertina. Sembra poco, ma considerando che la media di retribuzione dell’editoria tradizionale si attesta intorno al 7%, le prospettive cambiano.

Più interessante economicamente, anche se meno mediata professionalmente, è invece l’idea editoriale di Narcissus.me, altra esperienza made in Italy di autopubblicazione che chiarisce sin dalla propria (scarna) home page quale sia l’idea di fondo: “Accedi alla distribuzione su scala nazionale e internazionale senza la mediazione di un editore“. Qui la fetta riservata all’autore sfiora il 60%, e la piattaforma ha accesso a tutti o quasi i bookstore italiani.

Anche se c’è davvero da fare tutto da soli, in maniera mirata e complessa. Oppure, uscendo fuori confine, può essere un’idea cliccare Lulu.com. Che ha un grosso svantaggio: non distribuisce nelle librerie italiane. Ma ce l’avete presente Cinquanta sfumature di grigio? Ecco: E.L. James lo ha pubblicato proprio su Lulu, prima di venderlo a caro prezzo a Random House.

leggereMa, attenzione: qui stiamo parlando di self-publishing, ovvero: di essere – come si suol dire – editori di se stessi. Le piattaforme che abbiamo nominato si basano sul concetto di “pagina vetrina”, ovvero: bisogna far da soli. Bisogna farsi conoscere, diffondere il proprio lavoro, e chiunque abbia scritto un post – per dire – su facebook a caccia di “mi piace” sa quanta sia la fatica che si fa per incontrare il favore del pubblico. Quindi: bando ai trionfalismi. La torta rimane quella che dicevamo prima: piccola, e con tante bocche da sfamare.

Scrivere che cosa?

Prima l’esempio di Cinquanta Sfumature di Grigio non lo abbiamo fatto a caso: perché alla domanda “Ok, ma cosa posso scrivere?”, se è il successo che rincorriamo, i dati della diffusione parlano chiaro: dobbiamo scrivere romanzi rosa.

Può essere una brutta notizia per qualcuno, ma è così: i soldi si fanno con questo tipo di storie. I dati parlano chiaro, e sono dati relativi al mercato più enorme che c’è: quello americano. Li ha distribuiti Autorearning.com, e vi si legge, tra gli altri: “Contemporaneo e commedia romantica si piazzano nelle fasce di reddito più alte. Alcuni sottogeneri risultano più performanti se si prendono in considerazione singoli titoli e autori, a conferma di quanto nel mondo del romance le vendite siano strettamente legate al rapporto diretto che ogni autore riesce ad instaurare con i fan”.

Un rapporto da instaurare con i propri fan che – come dicevamo prima – è difficilissimo. E che passa anche e soprattutto attraverso la propria capacità di sorprendere, oltre che di scrivere bene: “Quanti più titoli si riesce a dare ai propri lettori – si legge ancora nel rapporto – tanto più aumentano i guadagni. Premia, inoltre, riuscire a ridurre il tempo di attesa tra l’uscita di un romanzo e l’altro. In media, i guadagni per titolo raddoppiano per gli autori che pubblicano su base trimestrale rispetto a quelli che pubblicano un titolo all’anno”.

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