Ciò che importa è vivere da galantuomo. Parola di Renato Simoni
Agli inizi del ‘900 l’Italia era un piccolo … mondo. Far diventare gli italiani il più possibile simili tra loro fu un progetto a lunga scadenza. Però, nascevano, allora come oggi, grandi uomini, eccellenze che gettarono le basi per fare o tentare di fare degli uomini veri e il più possibile dei galantuomini.
Opera affidata anche ai giornali, d’accordo, a quelle firme che quando ti tornano in mente capisci che devi a loro tanto perché ci hanno insegnato a crescere come buoni italiani. Spesso questi autori si nascondevano dietro a pseudonimi e ciò mi ha fatto ricordare la mia mamma.
Correva l’anno 1923, lei era una fanciulla che amava leggere e si appassionava alle poesie che venivano pubblicate sul Corriere dei Piccoli. Da buona italiana adorava imparare le rime baciate che consigliavano ai lettori come comportarsi e come essere persone per bene. Da allora, ogni volta che in Italia si scatenavano polemiche e scontri politici lei sussurrava una poesia che a distanza di tanti anni volle insegnarmi.
E quando il calendario della vita segnò l’anno 1953, questa filastrocca ebbe la possibilità di essere recitata in un piccolo teatro. Ricordo che il direttore della scuola, Bertolini, per la consueta recita di fine anno scolastico, chiese alle maestre di insegnarci poesie inedite.
Fu un invito a nozze per mia madre che m’insegnò quella lirica ed io la portai al direttore. Piacque e così riprese vita sul palcoscenico. Io vestita in abito bianco, con un nastro tricolore legato alla vita, senza tentennamenti la recitai. Alla fine, dopo un attimo di silenzio, scoppiò un applauso fragoroso e si levò un … ”brava!” che ancora ricordo.
Oggi vi racconto il seguito della storia. Ancora una volta c’è una data precisa che ricorre. Era il 1998, la mia mamma era entrata nel tunnel dell’Alzheimer da qualche anno e chi conosce questa malattia, sa che è una delle peggiori. Non essere più riconosciute, darle tutto l’amore e l’attenzione possibile e sapere invece che lei vive in un altro mondo. Eppure se le chiedevo di recitare alcune poesie imparate durante il suo passato, lei ne sciorinava, senza sbagliare, tutte le parole. Era quello l’unico modo per tenersi in contatto con lei e così passavamo alcune ore insieme, specie la sera. Una volta le chiesi se ricordava il nome dell’autore della poesia che aveva appena recitato e lei sicura come mai rispose: “Turno” ed io aggiunsi questo nome in fondo ad una copia che scrissi sotto sua dettatura.
Tra le mille carte dimenticate, di recente, è saltato fuori quel foglio protocollo ingiallito con scritta quella filastrocca, unitamente alla foto che mi era stata scattata durante quella recita del ’53.
In nessuna enciclopedia viene riportato il nome Turno, ma oggi con Internet si può percorrere a ritroso gli anni nei quali veniva stampato il Corriere dei Piccoli e scoprire che Turno altri non era che lo pseudonimo di Renato Simoni e, che spesso, si firmava anche con ‘Nobiluomo Vidal’.
Era un grande giornalista, redattore del Corriere della Sera, collaboratore del Guerin Meschino e della Domenica del Corriere. Commediografo e regista, scrittore in dialetto veneziano, e della rivista Turlupineide. Compose libretti d’opera e in collaborazione con Giuseppe Adani scrisse la Turandot di Puccini; per Umberto Giordano, Madame Sans – Gene e La Secchia rapita per l’editore Ricordi e tanti altri. Per me, che sono una pucciniana appassionata, scoprire che c’è tanto di Renato Simoni nel Ma il mistero è chiuso in me…., mi ha fatto innamorare ancor di più di quella vecchia poesia.
Con l’avanzare dell’età, fatico a ricordare bene le storie dei suoi personaggi del Corriere dei Piccoli, ma Bilbolbul, Capitan Cocoricò, Bibì e Bibò e la Checca sono tutte figure che hanno accompagnato la mia infanzia e quella di tanti miei coetanei. Storie che hanno preceduto le avventure del signor Bonaventura.
Simoni è stato davvero un grande. Una memoria del teatro italiano: fu amico di Renzo Ricci, Ermete Zacconi, Margherita Bagni, Laura Adani, Gino Cervi, Rina Morelli, Paolo Stoppa e Irma Grammatica.
Il suo motto era: “Ciò che importa è vivere da galantuomini”. Una delle frasi di un’altra sua poesia, che la mia mamma era solita ripetere, era :”Papà sei proprio certo/chiede il figlio Mimmo alquanto incerto/ che per bene finalmente ritornata sia la gente!”
Ecco, quindi la poesia Consigli di Renato Simoni. Direte voi che è …fuori moda .
Agli italiani d’oggi… lasciamo una loro interpretazione. A chi ama vivere da galantuomini piace ancora tanto, così com’è.
Consiglio
Un tempo per aria non volavan che gli uccelli,
mentre adesso ci son aerei che fan capriole e mulinelli.
Insomma, dai miei tempi a quei di adesso
tutte le cose migliorò il progresso.
Solo le mamme son rimaste com’eran quand’ero fanciullo.
Mamma vuol dire bontà,
come si fa a rendere più buona la bontà?
Cosa perfetta già non si migliora,
e chi non lo capisce è un gran citrullo.
Eh, l’avevo anch’io la mia mammetta bella,
ma ora non l’ho più.
Ma voi che ancor l’avete,
tenetela ben stretta.
Fate che non pianga e che non si arrovelli
e quel che più di tutto le da pena
son le baruffe tra fratelli.
Le liti, le boccacce ed i puntigli
tra quei che le son più cari : “i figli”.
Ed or se Ninetto a Pippo da molestia
e se Pippo a scapaccioni punisce il reo,
e se Ninetto dà a Pippo della “bestia “
e se Pippo gli risponde “marameo”!
Per colpa di Pippo e di Ninetto
la povera mamma ha il cuore stretto.
Ed or se il cuore di una mamma soffre tanto
pensate, quanto soffre e geme,
questa Italia che unisce in un sol core santo
tutti i cuori delle mamme messi insieme!
Vedere tutti i giorni senza fine,
odi fraterni, risse cittadine.
Voi non ci potete far nulla è vero
però voglio dirvi un mio pensiero:
“Anche voi domani sarete uomini,
ebbene, fin da adesso porgetevi la mano,
cercate di volervi molto bene.
Pria che il peso degli anni su voi scenda
cercate di comprendervi a vicenda.
E fate una lega insiem
a ciò che i Pippo ed i Ninetto di domani
concordi sian perchè, sono italiani”!
di Renato Simoni, firmata con lo pseudònimo “Turno e pubblicata sul Corriere dei piccoli, nel 1923
Copertina e nella pagina: fotografia del ‘Centro Studi Giacomo Puccini’