Piero e Banksy. L’insolito incontro a Borgo San Sepolcro

Piero della Francesca, pittore del Quattrocento nato e morto a Borgo San Sepolcro (1416/17 – 1492) è, secondo lo storico dell’arte del XVI secolo, Giorgio Vasari, “maestro raro nelle difficoltà dei corpi regolari e nell’aritmetica e geometria”. I tratti essenziali alle sua arte, confermano i critici di oggi, scaturiscono dalla conoscenza profonda delle regole matematiche che gli hanno permesso l’abile applicazione della nuova prospettiva elaborata dal suo contemporaneo Leon Battista Alberti (1404 – 1472) e, soprattutto, di creare nei suoi affreschi “gli universi ideali”.

Lo studio della prospettiva portò Francesco ad elaborare tra il 1472 e il 75 un trattato di suo pugno, il De prospectiva pingendi dove, attraverso una serie di esercizi pratici, illustra progressivamente le tecniche della prospettiva. Ricorda Flaminia Giorgi Rossi, sulla pagina della Treccani dedicata al pittore toscano, che “le leggi della prospettiva sono alla base di alcune delle elaborazioni geometriche che danno vita alla realtà virtuale”, dunque Piero, che ha “creato l’illusione delle tridimensionalità con le regole matematiche, può essere considerato un precursore”.

Sarà per questa precocissima modernità che la fortuna di Piero della Francesca, offuscata fin dal XVI secolo, riprese vigore giusto nel Novecento, ri-scoperto dallo storico dell’arte statunitense Bernard Berenson che nel libro Piero e l’arte non eloquente, scritto negli anni Cinquanta, parte proprio dall’artista di Borgo San Sepolcro per fare un excursus nella storia dell’arte dell’Occidente: dall’arcaica Grecia fino al Post-impressionismo di Cézanne e Van Gogh.

Di Piero Berenson ama soprattutto l’opera Flagellazione e attraverso l’ analisi che ne fa approda al parallelismo tra il toscano del Quattrocento e il francese Cézanne dell’Ottocento, entrambi esempi di “arte non eloquente”. Dopo anni di “dimestichezza con opere d’arte d’ogni specie – scrive Berenson – le creazioni più soddisfacenti sono quelle che, come in Piero e in Cézanne, rimangono ineloquenti, mute, senza urgenza di comunicare alcunché, senza preoccupazione di stimolarci col loro gesto, il loro aspetto. Se qualcosa esprimono, è carattere, essenza, piuttosto che sentimenti o intenzioni di un dato momento. Ci manifestano energia in potenza piuttosto che attività. La loro semplice esistenza ci appaga”.

La modernità di Piero della Francesca regge il passo anche con la contemporaneità e il confronto si fa più ardito presso il Museo Civico di San Sepolcro, dove Gianluca Marziani e Stefano S. Antonelli propongono la mostra Affreschi Urbani. Piero incontra un artista chiamato Banksy.

Fino al 10 gennaio 2021, accanto alle opere di Piero (prima fra tutte La Resurrezione, simbolo della città, affrescata nel 1460 circa, nella sala dei Conservatori del Palazzo della Residenza), sono esposte più di 20 serigrafie del più famoso, quanto sconosciuto, street artist del mondo, Banksy, le cui uniche informazioni biografiche note sono il luogo e la data di nascita: Bristol, 1974.

Al Museo Civico non si misura la comparazione della non eloquenza fra i 2 artisti (semmai si tratterebbe di mero contrasto), bensì la condivisione dell’impegno civico e l’intenzione di abbattere il muro dell’indifferenza. “Il Cristo di Piero osserva il nostro presente con le armi etiche dei temi universali – spiegano i curatori nel catalogo – gli stessi temi che tornano, con le dovute differenze, nel complesso immaginario di Banksy. Educazione dei giovani, lotta ai soprusi e al potere ingerente, messa in guardia sul controllo sociale, amore per la natura, tolleranza e integrazione”. Insomma “le ossessioni morali di Banksy somigliano alle visioni ideali di Piero della Francesca, al suo sogno di una polis che comunichi valori elevati attraverso muri narrativi e metafore ad alto impatto figurativo”.

 

Immagini: 1) Flagellazione di Cristo (1455-60),  Piero della Francesca; 2)  Virgin Mary (Toxic Mary), 2003-2004, Banksy

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