Leggere: come sopra -vivere al blocco del lettore
“Leggere è andare incontro a qualcosa che sta per essere e ancora nessuno sa cosa sarà” ha detto Italo Calvino. Un’affermazione importante. Perché può anche far paura: la potenza creativa e costruttiva della meta-arte che chiamiamo “lettura” può in effetti abbacinare, avvilire, o – in fin dei conti – disinteressare. Ecco di cosa vogliamo parlare in questo ulteriore abbaArticolo sul mondo dello scrivere e del leggere: della paura (noia?, accidia?, stanchezza?, ribellione?) che ci può capitare di vivere nei confronti di questa meta-arte.
Facendoci piombare in una sorta di blocco del lettore dal quale facciamo fatica ad uscire (che potrebbe anche essere un’assenza di lettura nella nostra vita – perché no? – ovvero una mancanza di abitudine alla lettura che, di colpo, ci diventa percepibile). Che ci fa sentire in colpa, forse, e che al contempo ci mette in difficoltà con noi stessi e con la rappresentazione che di noi stessi portiamo in giro per il mondo.
Ecco: questo articolo parla proprio di questo: di lettori che fanno fatica a leggere.
Leggere: abbasso gli obblighi!
Prima di tutto, sgomberiamo il campo: leggere non è un obbligo. Non è un imperativo morale. Né chi non lo fa abitualmente deve sentirsi da meno. Anzi: noi di abba abbiamo la sensazione – ne abbiamo parlato più volte in redazione – che tutto questo parlar pubblico intorno alla lettura che ne idolatra le valenze morali e democratiche – probabilmente – nuoce gravemente alla lettura stessa.
“Si deve leggere” spesso si sente dire in simposi, aule, convegni, raccontando un’aura dell’azione che finisce per svilirne – ingiustamente – la valenza libertaria. Trasformandola, quasi, in una ideologia, rendendola meno inclusiva, più tracimante, meno giusta, aumentando il divario che c’è o che ci potrebbe essere tra la lettura stessa e i suoi possibili, probabili fautori. “Tutta quest’enfasi sulla lettura allontana ancora di più chi non vi si avvicini in modo naturale” ha scritto e detto più volte il nostro direttore, Amanda Coccetti.
Su questo uno dei più geniali/sagaci/divertenti autori del nostro tempo, Daniel Pennac, ci ha scritto un intero libro. Il titolo, tradotto letteralmente in italiano dal francese Comme Un Roman in “Come un romanzo”, tradisce un po’ il contenuto. Perché questo libro è un autentico manifesto della lettura. Il che equivale a ripareggiare un po’ il rapporto spesso arbitrariamente ambiguo che c’è tra il libro – sul podio – e il lettore – relegato nell’uditorio. Pennac lo fa stilando un decalogo asciutto, chiaro, cristallino. Che noi, per brevità, riportiamo esattamente così, quasi senza commenti. Quindi, citando dalla pagina 116 del libro (nell’edizione Universale Economica Feltrinelli di “Come un romanzo” che abbiamo scoperto di avere già da chissà quanto tempo in redazione), scriviamo:
- “Il diritto di non leggere
- Il diritto di saltare le pagine
- Il diritto di non finire il libro
- Il diritto di rileggere
- Il diritto di leggere qualsiasi cosa
- Il diritto al bovarismo
- Il diritto di leggere ovunque
- Il diritto di spizzicare
- Il diritto di leggere a voce alta
- Il diritto di tacere”.
Ecco: il decalogo è questo. Come detto: asciutto. Rivela, ovviamente, un’autentica fede nel lettore, la centralità della sua scelta, il suo ruolo attivo nella lettura. Una sorta di rivoluzione copernicana che, già da sola, potrebbe aiutarci a risolvere la paura di cui parlavamo all’inizio, istituendo un rapporto più laico con la lettura e – quindi – più inclusivo. Più incline e capace – di conseguenza – ad aiutare gli aspiranti lettori o presunti tali affetti dal blocco di cui stiamo parlando a superarlo e vivere meglio. (come dicevamo, in molti si sono cimentati con il commento del decalogo di Pennac. Ve ne proponiamo alcuni cliccando qui per www.libreriamo.it, qui per www.recensionilibri.org e qui per incontrare quanto scritto sul bel sito del comune di Cordignano, nel trevigiano).
W il lettore!
Detto questo, veniamo al vero cuore pulsante del nostro articolo: il lettore. O meglio: il lettore affetto da blocco del lettore.
Che gli succede?
I motivi per i quali ci si trova a leggere molto meno che in passato (o a non leggere proprio!) possono essere moltissimi. Anzitutto, gli impegni, la frenesia della vita quotidiana che riempe ogni giorno di date, appunti e forzature. Oppure, l’assenza di offerta (quei classici momenti nei quali nessun libro sembra degno di qualche giorno/settimana/mese di attenzione). O, anche, il riempimento tecnologico del nostro tempo libero. O, soprattutto, una sommatoria di tutti questi fattori, tutti quanti capaci di allontanarci dalla lettura.
Così come la “malattia” diagnosticata è il frutto di una sommatoria, anche le soluzioni non possono essere semplicistiche regolette pratiche. Diciamo che, forti d’aver letto diversi articoli sul tema preparando questo, possiamo riassumere la “cura” in una somma algebrica di attenzioni che riserviamo a noi stessi. Ascrivendo un po’ la lettura a quel genere di attività che possiamo e dobbiamo fare per dimostrarci di volerci bene. Sempre, laicamente intendendo.
Guida pratica antiblocco del leggere
Prima di tutto, è un sano modo di affrontare il problema quello di disconnettersi. Sopra la porta della biblioteca di Tebe si dice che fosse incisa una iscrizione: “Medicina per l’anima”. Ecco: la nostra anima ha bisogno di essere curata. O meglio: di percepire la nostra cura verso di lei. Ecco cosa può aiutarci a sbloccare la nostra lettura: bloccare temporaneamente tutto il resto. In pratica, non stiamo parlando di digital detox, non saremmo così luddisti nemmeno a volerlo, ma semplicemente di mettere il silenzioso allo smartphone, e di crearsi una bolla tutta nostra. Quanto la vogliamo far durare? Mezz’ora, un quarto d’ora? Non importa: l’importante è sapere che c’è. Che ci sarà. Una routine che ci farà bene, perché diventerà un’abitudine nostra. “La mente priva di distrazioni e preoccupazioni è la migliore alleata di chi vuole davvero ricominciare a leggere” ha scritto Piero Dorfles in un articolo recente sul tema. Una bolla nella quale leggere.
Ok, ma leggere cosa? Prima di tutto, appelliamoci immediatamente al quinto punto del decalogo di Pennac, ovvero: “Il diritto di leggere qualsiasi cosa”. Lasciandoci consigliare. Perché parlare della lettura è esaltante quasi quanto la lettura stessa. Quindi, diamo fondo ad amici, parenti, colleghi: in ognuno di loro si può nascondere una fucina di titoli, idee, aspettative (tutte da vivere sempre e comunque con il decalogo di Pennac a portata di mano). Oppure, sarebbe bellissimo riscoprire un luogo mitico come la biblioteca pubblica: “Una delle istituzioni più sovversive degli Stati Uniti è la biblioteca pubblica” scriveva Bell Hooks. Ecco: non importa andare negli Stati Uniti per trovarne una. Ne abbiamo di bellissime anche a portata di mano, nei nostri Comuni, nelle nostre Comunità, tra l’altro spesso più accoglienti, fornite e prolifiche di quanto ci aspetteremmo.
Infine, pure in giro in libreria, sia essa fisica o virtuale. Perché, badate bene, qui nessuno ha detto che la lettura sia solo quella fatta dentro alle pagine di un libro. Anche se la viscosità bellissima della carta, la sua tangibile attrazione, la consapevolezza del lavoro necessario fanno bene al cuore. Quindi, w la letteratura digitale. Ma se siete affetti dal blocco, date retta: tornate prima di tutto dentro ad un libro. Poi, una volta guariti, potete fare quello che volete…
(E per chi si fosse perso alcuni dei nostri recenti articoli sul tema, ecco qua i link a “#IoScrivoperché: la scrittura rende liberi (?)” del 29/11 e a “Italiani popolo di scrittori che non leggono” del 22/10).
Credo che molta della colpa della NON LETTURA di oggi, sia da ricercare nella scuola di ieri: quante schede libro abbiamo fatto ! Cosa c’è di più annichilente per il ragazzo che ha da leggere un libro consigliato dall’insegnante, del sapere che poi ne dovrà fare la scheda libro? I miei figli, poi, sono sempre stati dei lettori accaniti, fino a che con la caterva di compiti a casa “è mancato il tempo” …. ma questo sarebbe un altro discorso.
In effetti questo è uno dei principali motivi per i quali ho scritto questo articolo: proprio per ri-affermare la lettura come produttrice di libertà. Per questo parlo di svilimento della funzione libertaria della lettura da parte di chi dice “si deve leggere”.