La tattica nucleare di Sanremo, terra promessa
Si è conclusa alle 2,30 la 70esima edizione del Festival di Sanremo. La gara canora nostrana quest’anno è riuscita alla perfezione a volgere lo sguardo alla tradizione, pur strizzando l’occhio ai talent e alle loro spettacolari modalità di valutazione.
Vincitore Diodato, secondo Gabbani, terzi gli sprizzanti Pinguini Tattici Nucleari; tante altre bellisiime canzoni che impareremo ad apprezzare. Impossibile non citare Achille Lauro: con il testo Me ne frego, si è reso coraggioso interprete dei tempi che reclamano il superamento di vecchi tabù. Tabù e pregiudizi, paradossalmente gli stessi che animano il pubblico da sempre diviso in due fazioni. A favore e contro, pollice su pollice giù “Sanremo si Sanremo no, la guerra dei cachi” citava una canzone di Elio e le storie tese, portata appunto sul palco dell’Ariston. Un dualismo effimero, una tattica nucleare.
Ogni volta che si dà l’avvio alla manifestazione, polemiche a parte, nessuno dichiara di volerla vedere, eppure l’indomani tutti ne parlano, fluttuano argomentazioni di varia natura, antichi sillogismi, imprese dialettiche mai prive di innaturale dovizia di particolari. Quindi, sono pochi quelli capaci di “fare outing” e provare ad ascolare la buona musica e a valutarve i testi. E ce ne sono di pezzi interessanti anche fra i giovani che trattano temi scottanti come il femminicidio, l‘Ilva di Taranto, il bullismo. Parole forti ed interpretazioni degne di grande rispetto, a dimostrare che le nuove promesse canore hanno voglia di cambiare le sorti di questa bizzarra Italietta.
Un Festival, dunque delle promesse. I nuovi talenti, come sopra citato. Ma anche le promesse del grande mattatore Fiorello che ogni sera per omaggiare quanto dichiarato precedentemente si è travestito da Maria De Filippi, da cantante mascherato, colorando di ironia il continuo successo conclamato da numeri inopinabili dello share.
La promessa su cui poggia l’intera impalacatura di Sanremo 2020, un vecchio impegno preso da due storici amici che in quel fatidico teatro hanno rammentato e dimostrato quanto il loro legame fosse reale. Squadra vincente (anche l’altra cara amica Sabrina Salerno, fresca e spontanea). Quasi invidiabile questo saper lavorare insieme divertendosi. Un vago ed inutile promessismo? (per citare la declinazione ironica dell’istrionico Fiorello).
Chissà se invece di cadere in sterili sanremismi, non sarebbe invece auspicabile ricordare che talvolta la leggerezza supporta il pensiero? L’ilarità non spegne lo spirito critico, bensì lo rende vivace. Dinnanzi alla televisione, vetusta signora, non si rinuncia all’impegno politico, civile, esistenziale.
Per una sera magari può essere anche significativo cantare a squarciagola le canzoni di Albano e Romina, le stesse che da giovane hai snobbato, ma che oggi, nel mezzo del cammin, citi senza ragguaglio alcuno. E, laddove necessario, aggiungi una lunga spiegazione della loro storia d’amore rivolta a chi, ancora in tenera età, non è a conoscenza della loro travagliata vicenda. Un sano patriottismo nazional popolare, già citato da Zalone in Quo Vado, che la coppia richiama. Nostalgismo? Dialogo fra generazioni. Generazionismo?
Insomma in questo Sanremo l’alatelena fra passato e presente ha davvero funzionato bene, senza rinunce. L’unica, estremamente triste, è quella di Vincenzo Mollica presente per l’ultima volta come inviato nella città ligure. Il giornalista in prossimità della pensione ha dato il suo addio mostrando la fatica della malattia che ha portato, sul suo immancabile balcone, con grande dignità come a ricordarci che la vita d’improvviso sradica certezze. Così ogni inclinazione è una flessibilità che non spezza la professionalità e l’amore per il proprio mestiere. Grande lezione.
Sono perfettamente d’accordo!
Ho visto tutte le serate fino alla fine: ci sono stati dei bei momenti di impegno anche se collocati troppo tardi per avere un vero impatto. Per mancanza di coraggio? Chissà! Comunque in generale è stato un Sanremo più che sufficiente!!!