La maglia rosa degli italiani. Una vita in bicicletta

L'immagine è presa dal sito ciclopassione.com

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Il giro d’Italia, come ogni anno ritorna, fatto di rumori, di musica e di tanto entusiasmo. Il l 6 maggio 2016 parte da Apeldoorn (Paesi Bassi), 21 giorni su due ruote, fino ad arrivare a Torino il 21 maggio. Una corsa a tappe di ciclismo su strada che gli italiani seguono dall’inizio del secolo scorso (1909). In occasione dell’imminente Corsa Rosa 2016 vi raccontiamo le gesta del primo campione: Giovani Gerbi, il “diavolo rosso”, il sorprendente mondo “velocipedista” del Bel Paese e soprattutto la protagonista di un’epoca passata e rinnovata: la bicicletta.

C’era una volta un ragazzino che passava le sue giornate, affascinato e quasi in trance, davanti alle vetrine ove erano esposte in bella mostra le prime biciclette. Sognava di pedalare e rincorreva il sogno di fare il Giro d’Italia. Era nato poco distante dai luoghi ove i primi costruttori avevano progettato quel “cavallo di ferro” apparso sulla scena europea per la prima volta alla mostra di Parigi del 1867. Il giovane Giovanni con i primi soldi guadagnati si comprò una bici, aveva meno di 14 anni.

Fin dalle prime gare da dilettante, correva come il  vento, nessuno era in grado di batterlo, arrivava sempre tra i primi, sia che la strada da percorrere presentasse tratti in salita o discesa o che fosse interamente “piatta”. Un bel giorno nell’ansia di arrivare primo, quale in effetti era, sbagliò strada, e capitò nel bel mezzo di una processione. Il parroco spaventato urlò:” Chiellì a l’è diaul” (quello è il diavolo) e dato che indossava una maglia color rosso, da quel giorno gli rimase sulle spalle il nomignolo: diavolo rosso.

La sua carriera fu ricca di avventure, come quella volta che giunse al traguardo prima degli stessi giudici, li attese in un bar e saltò fuori quando il resto della carovana era in procinto di arrivare. Nessuno voleva credere a quello che raccontò, ovvero che era già lì da 40 minuti. Stava per essere squalificato, quando il gestore del bar, confermò tutto e così la vittoria gli fu assegnata. Un’altra volta cadde quando era solo in testa, si fermò allora in una farmacia a farsi medicare, nel frattempo un avversario lo superò, ma Giovanni, risalì in bici tutto sanguinante, lo raggiunse e lo batté in volata.

Anni dopo partecipò al Tour de France, e spesso si piazzava con i primi, i transalpini avevano un loro favorito che però temeva di essere battuto dal giovane italiano, e così un manipolo di tifosi d’0ltralpe pensò bene di aggredirlo, gli ruppero le dita e gli rubarono la bicicletta. Non si spaventò più di tanto ed appena guarito, tornò a pedalare ed ad andare ancora più forte.

Vinse molte gare e per anni divenne il simbolo del coraggio visto che spesso gli capitavano molti infortuni, corse fino a quando le forze glielo permisero, ma anche da veterano nelle gare regionali conquistò vari trofei. Non è facile ricordare il suo nome, ma per i veri appassionati delle due ruote, il nome di Giovanni Gerbi, il diavolo rosso, è sinonimo del ciclismo di altri tempi.

Ci siamo pertanto sbagliati nell’iniziare questo nostro racconto come se fosse una favola, che in effetti non è, ma crediamo che per i bimbi che ancor oggi sognano di ricevere come regalo una bicicletta narrare loro in questo modo questa storia, potrebbe farli sognare ed voler ancor più conquistare una maglia rosa od una gialla.

E così sulle orme di questo ciclista, nato nel 1885, assai coraggioso e temerario, mio nonno, quasi suo coetaneo, cercò di imitarlo e prese a pedalare su e giù per l’Appennino, non per sport ma per lavoro. Chi ricorda le prime testate con manovella delle macchine da cucire singer?

macchina singerSono oramai reperti storici, ma mio nonno, grazie a quel commercio riuscì a mettere su famiglia. Dietro al sellino della bici aveva installato una grata di ferro ove poggiava queste macchine nere, lucenti, con la scritta in oro The Singer Manufacturing C° con disegnata una testa di faraone alato contornata da raggi dorati, simile alle costruzioni delle piramidi dell’antico Egitto. Nonno aveva una grande forza nelle gambe ed andava su e giù per cento colline ad insegnare alle donne del primo novecento l’utilità di quell’attrezzo.

In famiglia sapevano quando partiva ma mai quando sarebbe tornato a casa. Trovava alloggio presso le canoniche perché le clienti che più gli prestavano ascolto erano le perpetue che avevano a che fare con i tovagliati sacri, le cotte e gli abiti dei preti, sovente lise e che abbisognavano di toppe e cuciture. Questa era la sua attività commerciale, ma l’amore per la sua bicicletta era tale che, dopo averla usata la trattava come un oggetto prezioso e la teneva sempre oleata e lucida. Appena poteva seguiva il giro d’Italia e divenne uno degli organizzatori dei rifornimenti, quando i girini attraversavano il Piemonte, la Liguria e la Toscana, come fu anche sempre presente nell’assistere al passaggio dei corridori sul Turchino, durante la Milano Sanremo.

Quel mondo non c’è più, non so dire se per fortuna o meno male, ma è certo, allora si viveva di sogni. Forse è proprio per questo che il ciclismo del passato è sempre stato affascinante e va raccontato come una favola. Le dispute tra Ganna e Girardengo, tra Bartali e Coppi, tra Adorni, Baldini, Gimondi e Merckx hanno scritto pagine indimenticabili. Oggi ci sono grandi atleti, fenomeni che percorrono le strade stabilendo medie ragguardevoli, ma sapete che nel 1903 Gerbi realizzò la media fantastica di 34,181 km. all’ora!!! E pensate su quali strade, con quali gomme e con quelle bici pesanti e senza tanti cambi.

AlessandriaPer vedere ed ammirare queste storie, ad Alessandria, (città delle due ruote) è stata allestita una mostra di biciclette, di foto e di tutto ciò che ricorda il nostro ciclismo dall’inizio del secolo fino agli anni ’50, e resterà aperta ai visitatori fino al 26 giugno. Mio nonno, sicuramente, da lassù chiederà a S.Pietro di aprirgli una finestra e così potrà ammirare non solo le immagini del suo idolo Gerbi, ma sgranerà gli occhi e ripercorrerà quegli anni d’oro, nei quali, pur nella grande fatica, si rivedrà ancora giovanotto e sognatore.

W la bici, dunque, e prepariamoci ancora a veder sfrecciare sulle nostre strade quell’allegro mondo variopinto, dai mille colori arcobaleno.

 

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