Jack Kerouac. Si può sempre andare oltre
Il 12 marzo 1922 nasceva Jack Kerouac (nome intero, Jean-Louis Lebris de Kérouac), scrittore e poeta statunitense, autore di Sulla strada (On the road), libro cult e manifesto del gruppo di poeti statunitensi chiamato Beat Generation, tradotti e introdotti in Italia dalla scrittrice e traduttrice, Fernanda Pivano.
Fu lo stesso Kerouac a forgiare il termine beat contraendo la parola beatific e, quindi, a intendere beat come beato, “da cattalico” quale era, disse lo stesso autore. Le sue intenzioni erano strettamente religiose e non politico-contestatarie come poi invece divennero per la maggior parte dei letterati che aderirono al movimento.
Kerouac definì la sua scrittura ritmata e immediata, prosa spontanea e i suoi versi, jazz. Fu di grande ispirazione per gli artisti del suo tempo, compreso Bob Dylan musicista sì, ma premiato per i testi delle sue canzoni, con il Nobel per la letteratura nel 2016. Dagli anni Ottanta del Novecento la critica cessò di considerare Kerouac soltanto come il maggior esponente del movimento, ritenendo la sua produzione letteraria e il suo lascito ben più profondo e ampio degli angusti confini di un genere.
Sulla strada, scritto nel 1951, ma pubblicato nel 1957, corrisponde alla filosofia di vita del suo autore, desideroso di sperimentare ciò che l’esistenza offriva fisicamente e spiritualmente senza porsi limiti di sorta, nella più assoluta libertà e superando, quindi, i confini convenzionali. “Non sapevo dove tutto questo ci avrebbe portato, né me ne importava”.
Una vita trascorsa on the road, appunto, sulla strada, viaggiando per la sterminata America settentrionale, ricorrendo agli stupefacenti per acuire la propria capacità introspettiva, per guardare dentro la propria coscienza.
Era, raccontano i biografi, alla ricerca di una stabilità interiore minata dalla perdita del fratello maggiore Gerard, bambino di 4 anni, e del padre Leo. Due lutti che lo portano inevitabilmente alla ricerca di una risposta sul mistero della vita.
Kerouac con il suo pensiero, coerente con il suo stile di vita, è considerato l’anticipatore del movimento Hippy che ispirò, a sua volta, i movimenti pacifisti, l’antimilitarismo contro la guerra del Vietnam e quelli storici del maggio 68 che si estero in Europa. Un maestro ma tutt’altro che compiaciuto di esserlo: prese le distanze, infatti, da alcuni caratteri dell’ideologia politica che caratterizzò la Beat Generation.
Morì precocemente nel 1969 a causa di un’emorragia addominale causata dall’alcolismo. Fine precoce di una vita tormentata: aveva soltanto 47 anni. Ci consolano per la sua mancanza, le sue parole “Si può sempre andare oltre, oltre. Non si finisce mai”.