Juneteenth. Il giorno dell’emancipazione dei neri americani

Il 19 giugno negli Usa si celebra l’emancipazione dei neri americani dalla schiavitù. Quel giorno del 1865 arrivarono a Galveston (Texas) le truppe unioniste con a capo il generale Gordon Granger; lessero  l’Emancipation Proclamation e chiesero alle autorità locali di concedere le libertà agli ormai ex schiavi. Già dal 1° gennaio 1863, infatti, il presidente dell’Unione Abramo Lincoln aveva proclamato l’abolizione della schiavitù con l’emissione del Proclama di Emancipazione, ma la guerra di Secessione ( 12 aprile 1861- 23 giugno 1865) ne aveva impedito l’applicazione in tutti gli Stati e il Texas, fu appunto l’ultimo Stato confederato a liberare gli schiavi.

Quel 19 giugno texano entrò nella storia e con il nome di Juneteenth [crasi delle parole inglesi june (giugno) e nineteen (diciannove)] è diventata la giornata simbolo della Liberazione dei neri americani, commemorato in gran parte degli States.

Sempre a giugno, vi è un’altra data fondamentale nella storia degli afro-americani, seppure per motivi opposti: il 3 giugno 1621.  In quel giorno  nasceva la Compagnia Olandese delle Indie Occidentali (indicata con la sigla WIC e che affiancherà quella delle Indie Orientali) alla quale il Governo della Sette Provincie Unite (oggi Paesi Bassi) concesse il monopolio dei traffici e degli schiavi nelle Americhe. I primi neri dall’Africa, infatti, erano approdati nell’attuale Nord America nel 1619 a bordo una nave olandese.

Non furono subito schiavi, giuridicamente, all’inizio, avevano un trattamento simile a quello dei servitori bianchi. Ma ben presto a differenza della servitù bianca che aveva un contratto a termine, i neri furono ridotti alla servitù perpetua, privi di ogni forma di tutela legale. Al contrario di quello che avvenne nell’America Latina, fu loro negato “il matrimonio, la famiglia e ogni traccia della propria eredità culturale” (fonte: Treccani.it).

La grande richiesta di manodopera per le grandi piantagioni favorì la diffusione della tratta degli schiavi provenienti dalle coste dell’Africa occidentale, esercitata oltre che dai mercanti olandesi, dagli inglesi e francesi fino al 19° secolo. Dalla fine del Settecento all’inizio dell’Ottocento la schiavitù fu abolita in tutti gli Stati a Nord del Maryland. Continuò – favorita dalla richiesta di cotone da parte dell’industria tessile inglese che si andava affermando – nel Sud, l’Ovest e il Sud-Ovest degli Stati dell’Unione, tanto che il numero degli schiavi raddoppiò nell’arco di trent’anni (2 milioni nel 1830, sfioravano i 4 milioni nel 1860).

Tanti i motivi che portarono gli Stati dell’Unione alla Guerra di Secessione: fra questi ci fu la divergenza degli Stati del Sud per l’abolizione della schiavitù come sostenevano quelli del Nord che però vinsero la guerra e l’abolizione totale fu sancita nel 1865.

Alla schiavitù si sostituì il razzismo che impedì l’auspicato inserimento dei neri nella società americana. Se l’emendamento del 1870 vietava agli Stati di impedire il diritto di voto per questioni di razza, i grandi proprietari terrieri del Sud riuscirono a negare agli afroamericani i diritti civili con l’introduzione della segregazione razziale: vite divise, separate, non  uguali tra i bianchi e i neri, i secondi non potevano frequentare i luoghi dei bianchi nè avevano gli stessi diritti per l’istruzione, l’occupazione, assistenza medica, trasporti.

La Corte Suprema degli Usa si espresse soltanto nel 1954 (abolendo la segregazione scolastica) ma si dovrà aspettare il 1964, grazie al leader nero Martin Luther King  – sostenitore della disubbidienza civile non violenta per raggiungere l’integrazione – che guidò la storica Marcia su Washington per il lavoro e la libertà – per ottenere il Civil Rights Act, pronunciato dal presidente John Kennedy, che definì la segregazione  illegale.

A Luther King nello stesso anno fu assegnato il Nobel per la Pace, ma nel 1968 rimase vittima di un attentato. Malcom X (nato Malcom Little), altra figura politica di spicco afroamericana, al principio della non violenza e dell’integrazione di King preferì il concetto di Black Power (Potere nero) e il recupero dell’identità politico-culturale della comunità nera. Azioni di Potere Nero ebbero successo e realizzarono importanti conquiste ma anche Malcom X fu ucciso nel 1965. Aveva 39 anni.

Con il trascorrere del tempo sembrò che la comunità nera avesse raggiunto la parità dei diritti. Nel 2009 il nero Barack Obama di padre keniota, diventa Presidente degli Stati Uniti; lo è stato per due mandati fino al 2017. Ma l’elezione di questo primo afroamericano al vertice degli States, non ha risolto la recrudescenza della tensione razziale mai smorzata, come dimostra la recente morte di George Floyd per mano di un agente della polizia e le strade nordamericane (e non solo) che continuano a essere invase dai manifestanti che protestano contro il razzismo.

 

Immagini: 1) Usa – Festeggiamenti per Juneteenth; 2) da sinistra Martin Luther King e  Malcom X,

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