Correva l’anno 1933 e a Milano nasceva il Gruppo Femminile Calcistico

La storia del calcio femminile, ufficialmente, inizia nel 1933 a Milano, quando un gruppo di sportive meneghine, alle quali poi si aggiunse la squadra di Alessandria, fondava il Gruppo Femminile Calcistico, il primo tentativo di calcio femminile in Italia.  Secondo il giornale dell’epoca L’Ora Sportiva (dal sito archivio web academia.eu), dopo l’atto fondativo le giocatrici scesero in campo “ per dimostrare che le parole, per essere intese, devono essere subito seguite dai fatti”.  E lo fecero in gonnella, nel senso lettarale del termine.

Le giocatrici italiane seguivano l’esempio delle colleghe, inglesi e francesi, che avevano già costituito squadre femminili. Ma non si trattava dell’inizio di una bella storia, bensì della fine. Nel giro di pochi mesi il Gruppo, per pressioni esterne, si sciolse. La donna calciatrice non si adattava, anzi disturbava, la propaganda fascista che delineava in modo netto i ruoli e, quindi, i compiti dell’uomo e della donna. E quest’ultima doveva essere moglie e madre. “Lo scopo della vita di ogni donna è il figlio. […] La sua maternità psichica e fisica non ha che questo unico scopo“, così riportava, secondo il sito storiaxxisecolo.it, un manuale d’igiene divulgato dal regime alla fine degli anni ’30. E, infatti, la maternità fu il più forte, tra gli argomenti usati per ostacolare la diffusione del gioco al femminile: si disse che le calciatrici rischiavano di danneggiare “l’aspetto fisico e riproduttivo”, sebbene si legge nelle cronache dell’epoca: “La scienza medica, interrogata, assicura che se il gioco rimane così com’è impostato, nulla di nulla ne potrà risentire la donna“.

Fatto sta che il Coni si mise di mezzo e riuscì a indirizzare le giocatrici verso altri sport. Un esempio è Amelia Piccinini, ex giocatrice dell’Alessandria, che divenne, poi, una campionessa olimpionica dell’atletica.

Sciolto il Gruppo bisognerà aspettare fino al 1946 prima di rivedere le donne giocare al pallone, quando a Trieste si fondarono  due squadre, la Triestina e le Ragazze di San Giusto, per giungere agli anni Cinquanta quando a Napoli  nacque la prima Associazione Italiana Calcio Femminile (AICF).  Un primo campionato si ebbe nel 1968, ma solo nel 1986 il calcio femminile  entrerà nella Federazione Italiana Giuoco Calcio (Figc), inserito  nella Lega nazionale dilettanti. E giungere a gareggiare nei Campionali Mondiali del 1999 e 2019.

Poi la conquista definitiva: la notizia che la trentenne Maria Sole Ferrieri Caputi, della sezione di Livorno, è arrivata a diventare la prima donna arbitro in serie A. Dopo aver arbitrato 2 volte una squadra di A  e 3 in serie B, è stata promosso nella formazione arbitrale della stagione 2022-23. Il suo primo fischio per la partita Sassuolo-Salernitana il 2 ottobre 2022.

Oltre all’interessante archivio sopra citato academia.eu, dove Marco Giani, professore di storia e geografia alle secondarie, raccoglie i documenti(soprattutto articoli sportivi trascritti) relativi  alla genesi, la storia del calcio femminile è raccontata nel libro Le Pioniere del Calcio: la storia di un gruppo di donne che sfidò il regime fascista (ed. UNASCI), scritto da Giovanni Di Salvo, che a questa avventura ha già dedicato il libro Quando le ballerine danzavano col pallone, pubblicato nel 2014 (Geo Edizioni).

 

Immagini: 1)fotografia tratta dal sito: Cartoline dal Ventennio; 2) Maria Sole Ferrieri Caputi, prima donna arbitro in serie A

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