Gregory, una storia di famiglia

Gregory, una storia di famiglia di Veronica Liberale, sullo sfondo di una società che sta cambiando il suo modo di comunicare, con l’avvento di internet e dei social, narra con toni leggeri che rifuggono da ogni vena retorica o pietistica, la vita/le vite di una famiglia che si trova ad affrontare l’autismo del figlio, il suo modo di relazionarsi, tra le tante difficoltà socio-culturali ed economiche, ma sempre profondamente calata in una quotidianità che ci appare molto più “normale” della vuota burocrazia e comportamenti ottusi che li circondano.

Gregory/Francesco (nome dell’attore che lo interpreta) il protagonista dell’opera, racconta il suo essere “diverso”, il suo rapporto con il padre, la madre, la nonna, seduto su uno sgabello, nella parte laterale della scena, con il resto della famiglia (nonni, zia, genitori) nella parte centrale, luogo in cui si svolge la commedia, attraverso parole e musica sulle note dei Pink Floyd:

“La musica per Gregory come per me,  è un’arma di difesa, è un modo per evadere da una società che non accoglie e al tempo stesso è un modo di comunicare, di affrontare il mondo e fargli capire il nostro mondo di sentire e di vedere le cose” mi dice Francesco de Rosa, il giovane attore che interpreta il personaggio di Gregory.

“Io sono veramente Asperger – continua Francesco – e poter comunicare come noi Asperger esprimiamo le nostre opinioni e sentimenti è molto importante per me. Abbiamo un modo di fare che potrebbe sembrare distaccato, rozzo, ma è solo il nostro modo di essere, parliamo (perché pensiamo) in modo schietto, diretto, senza filtri, a volte potremmo apparire quasi maleducati, ma non è nelle nostre intenzioni” .

Di emozioni, sentimenti e parole, Francesco ne è una fonte inesauribile: suona la chitarra elettrica e altri strumenti, è appassionato di musica rock, jazz, blues, compone musica e testi, insieme a padre.

Tra i suoi versi preferiti “Mi hai bruciato l’anima”. Emozioni intense che trasferisce anche nel teatro che ama profondamente: “Il teatro è arte. Un luogo dove si possono esprimere i sentimenti, il proprio modo di essere.  inoltre quando sono sul palco, mi sento sicuro. La mia famiglia di scena, la sento come una vera famiglia. “Io sono Gregory, sono Francesco, sono la voce narrante. Sono tutti e 3 insieme”.

Mancano pochi minuti alla prima, al Teatro dei Servi di Roma, e, generosamente gli attori mi regalano la loro esperienza, prima di calpestare il palcoscenico, legati dal trasparente filo di una resistenza diamantina, che lega le “famiglie teatrali”.

“Quando nasce Gregory dopo una forte sofferenza, smarrimento, si genera una normale e serena quotidianità in cui la ‘diversità’ è vissuta con ‘normalità’. Per noi Gregory è Gregory” dichiara Stefania Polentini, nonna Luciana sul palco, con un’emozione trattenuta che le illumina un viso bello e intenso.

“Il rapporto che mi lega a Francesco/Gregory è di profonda complicità, forse il mio lavoro a scuola, mi porta naturalmente a instaurare con gli e le adolescenti relazioni di fiducia e di apertura, in cui la diversità è fonte di ricchezza, l’autentico diverso è chi ignora la diversità”. La diversità esclusiva la costruiamo noi.

Si ri-conosce nel suo personaggio, di donna volitiva, “amorevolmente” prepotente, volta al bene della famiglia.

“Il messaggio sociale dovrebbe essere la resilienza e l’amore che si genera dopo il burn out iniziale”. Stefania scopre il teatro 20 anni fa, e, da allora, è diventata la sua seconda casa.

“La sensibilizzazione sull’autismo, sulle difficoltà delle famiglie a livello materiale (pensiamo alle terapie costose, ndr), diagnosi lunghe e articolate, rappresentano tra gli elementi principali che mi hanno portato naturalmente a comporre la commedia; ci pensavo da tempo e la pandemia, in qualche modo, mi ha dato il là”.  Di fronte a me, due grandi occhi verdi, sorridenti e, al tempo stesso, intimamente seri. A parlare Veronica Liberale, autrice di testi teatrali di successo come Pane, Latte e Lacrime e Direzione Laurentina.

“Io scrivo da anni e mi sono sempre occupata, seppur in toni da commedia, di tematiche sociali: seconda guerra mondiale, la scuola, l’emigrazione, era probabilmente un percorso naturale che narrassi la situazione delle famiglie con un figlio con lo spettro autistico. Quando ci si accorge che c’è qualcosa di diverso, in particolare l’articolazione del linguaggio, avere accanto una rete di supporto può fare la differenza”.

La famiglia di Gregory, infatti, si trova ad affrontare il percorso di consapevolezza verso la condizione del bambino a proprie spese, ma riesce, con il tempo, ad acquistare gli strumenti adeguati, per condurre quella quotidianità serena, descritta da nonna Luciana.

“Papà Adriano, giovane uomo di un quartiere periferico di Roma, abituato a vivere con superficialità, che si ri-trova, improvvisamente, disorientato di fronte al proprio figlio che davanti a un calcio del pallone è totalmente indifferente. Nel tempo si trasformerà allenatore per lo sport integrato, supportato dalla moglie Tamara che con la forza della sua giovinezza e del suo temperamento accoglie Gregory  e “non lo cambierebbe per nessuno”.

A tratteggiare le caratteristiche di Adriano, Francesco Stella, l’attore che interpreta in modo naturalistico e struggente il papà di Gregory il quale, per una sorprendente eterogenesi dei fini, ha vissuto la paternità in parallelo alle scene.  “Anche se non in maniera perfetta, il bambino diventa il collante della famiglia e gli dona una profondità esistenziale e di vita, completamente nuova”. Una delle frasi più significative del testo la pronuncia proprio Adriano “Un figlio autistico non è una punizione, non è dono, non è un’opportunità, è un figlio”.

La passione per il testo di Veronica Liberale, l’amore per il teatro e il profondo rispetto per la regia di Nicola Pistoia, accumuna la “famiglia” di Gregory.

“Una narrazione dai toni leggeri e senza pietismi, ma che può essere scritta solo da chi conosce direttamente la situazione”- evidenzia, Elena Tomei, “teatrante” come ama definirsi, abbanews, ha avuto il piacere di intervistarla e ripercorre con lei la sua storia, social media manager dell’opera teatrale.

“Mi auguro che lo spettacolo piaccia non solo perché il teatro ha bisogno di essere sostenuto, ma anche perché la gente deve conoscere la condizione dell’autismo e comprendere come sia collegato alla questione del linguaggio. La gente lo deve sapere”.

A conclusione dello spettacolo, Veronica Liberale ha invitato la presidente dell’Associazione Asperger Lazio. Teatro come spazio condiviso, come parola, corpo in movimento, come occasione unica e irrepetibile di un’umanità che lotta, per continuare a esistere.

Una società inclusiva è normale? Una domanda che appare come un ossimoro. E, forse, ancor prima, soggiace un sostanziale quesito: che cosa è la normalità? Per la famiglia di Gregory e per tutte le famiglie “normali”, la normalità è rappresentata da una società che accoglie ogni diversità. Perché la normalità è la diversità.

A interpretare il nonno di Gregory, Armando Puccio, la madre di Gregory, Tamara (Francesca Pausilli), la zia di Gregory, Veronica Liberale, in piena armonia con il resto degli attori, l’interpretazione è simbolica e veriteria al tempo stesso.

Note di regia (di Nicola Pistoia)

Finito di leggere “Gregory” ho subito chiamato Veronica comunicandole, che si, mi sarei impegnato a mettere in scena la sua commedia. E’ raro trovare commedie che vanno dritte al cuore. I protagonisti di “Gregory” sono persone comuni, semplici, con le loro miserie e grandezze umane. Monicelli diceva: “La commedia italiana è trattare con termini comici, divertenti, ironici, umoristici degli argomenti che sono invece drammatici”. E la commedia di Veronica questi ingredienti ce l’ha tutti.

 

 

Immagini: Roma, Teatro dei Servi,-rappresentazione della commedia ‘Gregory, una storia di famiglia’ di Veronica Liberale. photos by Elena Tomei

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